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Nuova Caledonia, la missione di Macron parte in salita

La riforma elettorale all'origine della rivolta in Nuova Caledonia non sarà imposta da Parigi contro la volontà degli abitanti dell'arcipelago del Pacifico: lo ha garantito il presidente francese
© Ludovic Marin/Pool Photo via AP
Ats
23.05.2024 20:29

La riforma elettorale all'origine della rivolta in Nuova Caledonia non sarà imposta da Parigi contro la volontà degli abitanti dell'arcipelago del Pacifico: lo ha garantito il presidente Emmanuel Macron nella sua visita al nono giorno di violenti disordini che hanno provocato 6 morti e centinaia di feriti. Il presidente ha però dettato una condizione irrinunciabile ad ogni apertura di dialogo: stop alle violenze, si smontino le barricate, si torni ad un clima di pace e di sicurezza.

Prima di lasciare l'arcipelago, dove le ultime tre notti sono trascorse relativamente più tranquille rispetto alle precedenti, il presidente ha promesso che si farà un punto della situazione «entro un mese» sul futuro istituzionale dell'isola. L'apertura è a un dialogo «globale» e non soltanto sul capitolo della controversa legge elettorale approvata la settimana scorsa da deputati e senatori e destinata, in linea di principio, ad essere sottoposta all'approvazione delle camere riunite in «Congresso» a Versailles per la revisione costituzionale.

Si tratta di ampliare la base elettorale dei votanti, fissata a chi - ai tempi dell'accordo di Nouméa nel 1998 - era già iscritto alle liste. Un tema delicato, perché con l'ampliamento della platea di elettori, la minoranza degli autoctoni, i kanaki (il 41% degli abitanti della ex colonia, poi regione d'Oltremare francese) teme di perdere ogni speranza di vincere un referendum sull'indipendenza.

Il lavoro è tutto in salita, di questo Macron si è reso conto subito dopo i primi colloqui con le istanze politiche e della società civile locale: fra le parti che compongono la popolazione dell'arcipelago, essenzialmente kanaki e «lealisti» francesi, «siamo costretti oggi a constatare che non c'è una visione comune del futuro». Ma nelle prossime settimane - anche con la venuta a Nouméa del premier Gabriel Attal - si lavorerà a una riapertura del confronto. Se si arrivasse a discutere di un accordo globale, che ad oggi sembra difficile, «sarei io il primo a proporre un lasso di tempo superiore per raggiungerlo», evitando ovviamente la scadenza di giugno per l'approvazione della sola riforma elettorale con revisione costituzionale. E arrivando anche a «un voto dei caledoniani» su un eventuale accordo globale.

Di fatto, il colpo di mano, l'approvazione a tappe forzate della riforma, non ci sarà, tanto meno nei tempi previsti. Il dialogo sarà però condizionato ad un rigoroso ritorno alla normalità: Macron ha chiesto di «smantellare le barricate» che bloccano ancora le arterie stradali affinché si possa togliere lo stato d'emergenza da lui stesso dichiarato una settimana fa.

Il presidente francese, ripartito nel tardo pomeriggio (ora di Parigi), ha lasciato nell'arcipelago tre alti funzionari arrivati con lui che avranno la missione di far ripartire i colloqui fra indipendentisti e non indipendentisti. Sul piano dell'ordine pubblico, il presidente ha garantito che i circa 3000 membri delle forze di sicurezza inviati da Parigi «resteranno il tempo necessario» affinché in Nuova Caledonia tornino calma e sicurezza. Anche durante i Giochi Olimpici di Parigi 2024, previsti dal 26 luglio all'11 agosto, che già richiedono un impiego di un numero straordinario di agenti, poliziotti e gendarmi nella capitale e su tutto il territorio francese.