Credit Suisse

Obbligazionisti AT1 salassati, ma probabilmente non era necessario

Nella vicenda del salvataggio della banca, via acquisizione da parte di UBS, la Finma ha ordinato l'azzeramento di debito condizionato per 16 miliardi di franchi e anche di titoli analoghi, ma Credit Suisse sosteneva che ciò non fosse necessario
© KEYSTONE / PETER KLAUNZER

«Non si è verificato alcun «viability event» contrattuale (cioè un evento critico di non sostenibilità finanziaria, ndr) in quanto il sostegno statale non avrebbe effetto sulla capitalizzazione». Questo è quanto riportato nell’articolo 9 dell’Ordinanza della Finma, l’autorità svizzera di vigilanza sui mercati finanziari, del 22 marzo scorso e che fa seguito a quella del 19 marzo, data ormai storica per le sorti del Credit Suisse (CS). La prima Ordinanza in pratica imponeva alla banca, in procinto di essere acquisita da UBS, di azzerare il valore delle ormai famigerate obbligazioni AT1 (Additional Tier 1, note anche come CoCos, Contingent Convertible Bonds). Si tratta di strumenti finanziari speciali che pagano interessi fissi anche alti ma che per le banche sono assimilabili al capitale proprio e sono quindi considerati «capitale di base aggiuntivo».

L’Ordinanza del 22 marzo è in realtà una risposta della Finma, «emanata su specifica richiesta scritta da parte di CS con cui chiedeva all’organo di vigilanza di precisare che la precedente Ordinanza del 19 marzo riguardava esclusivamente i bond AT1 e non un altro strumento analogo, ovvero i Contingent Capital Awards (CCA)», spiega l’avvocato Paolo Bernasconi, da noi raggiunto. I CCA sono strumenti analoghi agli AT1 creati da CS per versare i bonus – differiti e condizionati ai risultati – ai dipendenti della banca. Già a metà gennaio di quest’anno CS aveva comunicato alla Finma che «i CCA non sarebbero più stati considerati strumenti AT1 ai sensi dell'Ordinanza sull'adeguatezza patrimoniale», presumendo quindi «che un rimborso non avrebbe richiesto un'ulteriore approvazione da parte della Finma», si legge nell’Ordinanza-risposta del 22 marzo, nella quale, infine, la Finma conferma che i «CCA sono pertanto incluse nella cancellazione di tutti gli strumenti AT1 ai sensi dell'Ordinanza del 19 marzo e la richiesta di riesame deve pertanto essere respinta nella sua interezza». 

Tesi a favore dei ricorrenti

Sugli elementi nuovi che emergono dalle due decisioni della Finma, in particolare la contestazione di CS riguardo il “viability event”, l’avvocato Bernasconi, esperto di diritto bancario e già professore all’Università di San Gallo, sostiene che «potrebbe essere decisiva a supporto delle tesi di ormai migliaia di ex obbligazionisti che hanno fatto ricorso».

Nella vicenda dell’azzeramento delle obbligazioni AT1 per un valore nominale di 16 miliardi di franchi, tra i creditori ci sono fondi d’investimento stranieri, ma anche svizzeri. La cassa pensioni dei dipendenti Migros, per esempio, ha annunciato una perdita secca di 100 milioni di franchi ed è tra chi si è appellato al Tribunale amministrativo federale contro la Finma. Ci sono però anche piccoli risparmiatori e non solo investitori istituzionali. Anche dal Ticino c’è chi ha aderito a iniziative legali internazionali per un valore di un centinaio di milioni di franchi che diventano miliardi di franchi se si allarga lo sguardo al mondo. Secondo lo studio legale statunitense Quinn Emanuel Urquhart & Sullivan, sarebbero un migliaio gli investitori retail che hanno aderito alla causa contro la Finma. Gli importi in ballo sarebbero di oltre 4 miliardi di franchi. 

Nell’Ordinanza del 19 marzo si legge, tra le altre cose, che la gravità della situazione di Credit Suisse relativa alla liquidità fosse nota alla Finma già in precedenza. E questo sia quando fu annunciata la ristrutturazione l’ottobre scorso «con consistenti deflussi di liquidità», sia agli inizi di marzo di quest’anno quando Credit Suisse «ha subito un’ulteriore ondata di prelievi di depositi in relazione alla crisi della banche negli Stati Uniti e alla relativa perdita di fiducia, che si è accentuata a partire dal 13 marzo».

Eppure, nel comunicato del 15 marzo la Finma ha scritto che «Credit Suisse soddisfa le esigenze in materia di capitale e liquidità imposte alle banche di rilevanza sistemica». «A mio avviso - commenta l’avvocato Bernasconi - si tratta di un ulteriore argomento che dimostra la mancanza di legittimazione del Consiglio federale a far capo al diritto d’urgenza e porta altri argomenti a supporto delle tesi dei ricorrenti».

Il Qatar valuta azione legale

Il fondo sovrano del Qatar, azionista del Credit Suisse, sta facendo esaminare ad avvocati se e in che misura avanzare richieste di risarcimento nei confronti della Svizzera, per le perdite subite (circa 330 milioni di dollari) a seguito della fusione del Credit Suisse con UBS «imposta» dalle autorità svizzere.

Lo ha riferito mercoledì l’agenzia di stampa Reuters, citando fonti ben informate. La Qatar Investment Authority (QIA) è il secondo azionista del Credit Suisse, con una quota di poco inferiore al 7%. L’entrata della QIA in Credit Suisse risale alla crisi finanziaria del 2008.

(Questo articolo sostituisce una precedente versione, pubblicato online e nella versione cartacea il 19 maggio 2023).

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