L'esperto

«Oggi le vacanze vengono sgranate lungo tutto l'anno»

Claudio Visentin è docente all'USI: «La nostra è un'epoca di laicità, ma per molti queste pause dettate dalla religione hanno ancora un senso profondo»
© CdT / Chiara Zocchetti
Paolo Galli
20.03.2024 06:00

Si avvicinano le vacanze di Pasqua. Arrivano presto, quest’anno. Tanto presto che sanno, come non mai, di primavera. Vacanze di primavera, allora, della Terra che torna a sbocciare. La religione - o meglio, il senso religioso - solo sullo sfondo. Molti si metteranno in viaggio, dando questa pausa nel calendario per scontata. Eppure ha una sua storia, così come le altre interruzioni del lavoro. «Nella società tradizionale, quindi prima dell’età moderna, già c’erano numerose interruzioni. Le feste cristiane, religiose, interrompevano molto spesso il lavoro. Noi oggi tendiamo a credere che all’epoca si lavorasse sempre. Ma non è così». Claudio Visentin è docente al Master in International Tourism all’USI e ha da poco pubblicato per Ediciclo il libro Passeggiate nei piccoli cimiteri. Lo abbiamo raggiunto: «Queste feste religiose, tra cui la Pasqua, avevano incorporato alcune più antiche feste pagane. Il cristianesimo non ha sempre combattuto questi riti, a volte li ha inglobati». Le cose hanno preso un’altra piega con la rivoluzione industriale. «Sì, in quel momento è aumentata la pressione sui lavoratori, e con essa la competizione, l’obbligo di lavorare a lungo e duramente». Insomma, le vacanze sono passate in secondo piano, se non oltre. «La situazione, poi, cambia nuovamente quando i lavoratori riescono a ottenere le ferie pagate, un’altra grande rivoluzione». Tre fasi, per riassumere. Nella società tradizionale, anticamente, le interruzioni del lavoro erano dettate dalla religione. «Poi, ecco la rivoluzione industriale, che sequestra tutto il tempo dei lavoratori. E quindi, terza fase: la riconquista del proprio tempo sotto forma di ferie pagate. L’anno di svolta, in questo senso, è considerato il 1936», con la vittoria politica, in Francia, del Fronte Popolare e tutta una serie di miglioramenti delle condizioni per i lavoratori, tra cui i «congés payés». Visentin prosegue nel suo ragionamento: «Con le ferie pagate, si ricomincia a viaggiare per turismo».

Cambia il paradigma

In realtà però è sempre più difficile trovare la dimensione religiosa nelle vacanze moderne. «La nostra è un’epoca di laicità. E la laicità è molto celebrata, sbandierata. In realtà, però, c’è ancora grande spazio per la religione, nella nostra società. Certo, molto meno che in passato, relegata a fatto privato. Ma la Pasqua rimane un momento importante per tante persone, più di quanto non dicano le statistiche, probabilmente. È vero, però, che non c’è più un’intera società che si ferma per la festa religiosa - in passato addirittura la più grande, la festa della risurrezione -, bensì perché ci sono alcuni giorni di ferie». Visentin poi va oltre. «Abbiamo segni molto evidenti di un’ulteriore tendenza: che questa idea delle grandi feste si sta perdendo, anche dal punto di vista laico. In passato si lavorava tutto l’anno e poi, a Pasqua e in agosto, tutta la società si fermava per le vacanze. Oggi questo meccanismo si sta trasformando, e rapidamente. Per cui le vacanze vengono sgranate durante l’anno. I grandi periodi di vacanza sopravvivono per chi ha impieghi fissi, ma per il resto si tende a viaggiare tutto l’anno, ormai». E questo è positivo o negativo per gli operatori del turismo? Claudio Visentin è convinto: «Mah, è il mondo che cambia. Il cambiamento è la vera regola, in ogni campo, e quindi anche nel campo del turismo. Ma credo vada bene così. L’abitudine di fermare tutto, tutta la società, in alcuni momenti, nei quali tutti diventavano turisti, creava alcune strozzature davvero spaventose. Alcune località di vacanza si trovavano a dover produrre servizi per un numero di residenti che, di colpo, poteva triplicare o quadruplicare per alcune settimane, prima di ritornare nella normalità. Le diseconomie di scala erano fortissime. Molto meglio, allora, un turismo distribuito su tutto l’anno, destagionalizzato e di minor impatto. Ben venga che il turismo cambi il suo calendario».