Il punto

Oh mamacita Panama: ma come sta il Canale?

L'aumento dei pedaggi nel 2023 ha permesso all'Autorità di contrastare la diminuzione dei passaggi, dettata da una prolungata siccità che ha abbassato e di molto il livello dell'acqua
©Bienvenido Velasco
Marcello Pelizzari
21.03.2024 15:00

Il livello dell'acqua, nel Canale di Panama, da tempo è basso. Troppo basso. I funzionari, di riflesso, hanno ridotto il numero di navi che possono attraversare il passaggio. Ponendo così seri problemi alle catene di approvvigionamento e ai prezzi delle merci. Detto ciò, come sottolinea il New York Times, il calo (forzato) del traffico navale all'interno del Canale non si è tradotto, finora, in una crisi finanziaria per l'Autorità che lo gestisce. Tradotto: il governo panamense ha continuato a ricevere gran parte degli introiti del Canale, derivanti dai pedaggi che le navi devono pagare.

Il motivo? È presto detto: l'Autorità ha introdotto tariffe più alte poco prima dell'inizio della crisi idrica, consapevole che – con meno passaggi a disposizione – avrebbe dovuto spremere di più ogni singola nave. Un aumento tutto sommato accettato dalle grandi compagnie di navigazione, disposte a pagare – e pure tanto – per assicurarsi uno dei passaggi rimasti a disposizione. Andando indietro di dodici mesi dallo scorso settembre, spiega il quotidiano americano, le entrate del Canale sono aumentate del 15% sfiorando quota 5 miliardi di dollari. E questo nonostante un minore tonnellaggio trasportato (-1,5%).

Fra aste e passaggi

L'assegnazione degli slot per attraversare il Canale, aveva spiegato a suo tempo l'Autorità, è stata gestita tramite apposite aste. Nessuno sa, con esattezza, quanto abbia guadagnato Panama grazie a queste aste. Il vice-amministratore del Canale, Ilya Espino de Marotta, ha ammesso che un singolo passaggio l'anno scorso è stato venduto a 4 milioni di dollari. Il metodo, ha aggiunto, ha dato non poco respiro alle casse dell'Autorità.

La stabilità «nonostante tutto» del Canale, in particolare di fronte a una carenza d'acqua provocata in parte dal fenomeno meteorologico chiamato El Niño e in parte dal cambiamento climatico in atto, dimostra come sia possibile adattarsi a un panorama mutato e mutevole. Una stabilità, certo, dettata anche da fattori logistici: in quell'angolo di mondo non esistono alternative al Canale, inaugurato nel 1914. L'anno scorso, quando Panama era intasato, le navi in viaggio dall'Asia alla Costa orientale degli Stati Uniti hanno iniziato a passare per il Canale di Suez. Un viaggio, però, decisamente più lungo e dispendioso in termini di consumi (ed emissioni). 

Venendo ai dati, nel 2023 sono transitate 510 milioni di tonnellate di merci dal Canale: 8 milioni in meno rispetto al 2022. A diminuire, dicevamo, è stato anche il traffico: da 13.003 a 12.638 navi. Un colpo duro, volendo tradurre in realtà questi numeri, visto che da Panama passa circa il 6% del commercio marittimo mondiale. 

Stime e possibili soluzioni

Benché Panama sia considerato uno dei Paesi più umidi al mondo, nel 2023 un forte, fortissimo calo delle precipitazioni ha privato il Canale dell'acqua necessaria per far funzionare le chiuse. I climatologi, al riguardo, hanno spiegato che simili carenze potrebbero diventare sempre più estreme e frequenti in futuro. Detto di El Niño, il cambiamento climatico di suo potrebbe prolungare i periodi di siccità. L'anno scorso, nello specifico, le precipitazioni nel bacino idrografico del Canale di Panama sono state di 1,85 metri, ben al di sotto della media annuale storica di 2,6 metri, secondo l'Autorità del Canale. Le precipitazioni nel bacino idrografico sono state inferiori alla media in sei degli ultimi dieci anni. Nella speranza di risparmiare acqua, l'Autorità ha gradualmente ridotto i passaggi: dagli abituali 36-38 a 22 al giorno. La ripresa delle piogge e altre misure di risparmio idrico, in seguito, hanno permesso di risalire a 27 passaggi quotidiani.

Le stime, per il 2024 o, meglio, da settembre 2023 a settembre 2024, parlano di entrate in linea con l'anno precedente. Proprio grazie all'aumento dei pedaggi. Il costo medio del trasporto nel Canale, secondo S&P Global, citata dal New York Times, salirà da 6 a 10 dollari a tonnellata. Una buona notizia, appunto, per Panama, le cui finanze dipendono in larga misura da questi pedaggi. L'Autorità del Canale, in questo senso, prevede di pagare al governo 2,47 miliardi di dollari nel 2024, per un calo tutto sommato controllato rispetto ai 2,54 miliardi di dollari pagati del 2023.

Di fronte alla prospettiva di un calo permanente delle precipitazioni, l'Autorità intende costruire un nuovo, grande serbatoio. Grazie al quale sarebbe possibile gestire 12-15 passaggi in più al giorno. La politica, per contro, deve ancora approvare il progetto, che secondo le stime dell'Autorità richiederà dai quattro ai sei anni per essere completato. A maggio, di nuovo, si terranno le elezioni a Panama. Un non problema, visto che stando alle dichiarazioni raccolte sin qui tutti i candidati alla presidenza si sono detti favorevoli al bacino. 

E il commercio?

A proposito di alternative, se il Canale di Panama sta cercando nuove soluzioni per garantire il passaggio di navi anche in futuro, quello di Suez – alternativa utilizzata proprio quando Panama era intasato – sta vivendo un periodo complicato, se non complicatissimo. Le incertezze legate alla presenza degli Houthi nella regione, negli scorsi mesi, hanno fatto crollare del 42% il volume delle merci in transito. Prima dei terribili attacchi di Hamas in territorio israeliano del 7 ottobre, l'Organizzazione mondiale del commercio sperava di recuperare il terreno perduto durante la pandemia. Ora, le stime che parlavano di una crescita globale del 3,3% sono state evidentemente riviste al ribasso. La direttrice generale Ngozi Okonjo-Iweala, tagliando corto, ha ammesso di essere molto meno ottimista. E questo a causa dell'aggravarsi «delle tensioni geopolitiche», ma anche delle perturbazioni di vario tipo «a cui stiamo assistendo nel Mar Rosso, nel Canale di Suez e nel Canale di Panama».

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