Mostre

Ondate di arte giapponese

Curato dal direttore del MUSEC di Lugano, il grande progetto espositivo in corso alla Società Promotrice delle Belle Arti di Torino esplora, attraverso i capolavori dei maestri del genere artistico «Ukiyo-e», l'epoca d'oro della «civiltà del piacere»
© Pro Litteris / MUSEC Lugano, Collezione Fagioli
Matteo Airaghi
Matteo Airaghi
17.04.2023 06:00

Hokusai e la sua celeberrima onda, certo. Ma anche Utamaro, Hiroshige, Kuniyoshi o il misterioso Sharaku. Se c’è un modo per scoprire la Storia del Giappone attraverso l’inarrivabile raffinatezza della sua arte, ecco che la bellezza dell’ukiyo-e si rivela anche come un intrigante strumento di conoscenza. Ci riferiamo alle «immagini del mondo fluttuante» (questa la traduzione letterale del termine ukiyo-e) rinomato genere di stampa artistica giapponese, impressa su carta con matrici di legno, nata e sviluppatasi durante il periodo Edo, tra l’inizio del XVII e la fine del XIX secolo. Quelle stampe, eseguite tramite xilografia, inizialmente monocromatiche e in seguito mirabilmente realizzate a colori che divennero sinonimo di «moderno», alla moda, e finirono per esprimere una sorta di filosofia incentrata sul gusto di un’esistenza piacevole e, per quanto possibile, appagante dei desideri personali dell’alta borghesia giapponese dell’Ottocento.

Un universo di bellezza protagonista da qualche settimana a Torino (presso la splendida palazzina liberty della Società Promotrice delle Belle Arti) di una raffinatissima mostra, Utamaro, Hokusai, Hiroshige. Geishe, samurai e la civiltà del piacere, prodotta da Skira in collaborazione con il MUSEC, Museo delle Culture di Lugano, che ne garantisce la curatela grazie alla figura dell’esperto (non solo di «cose nipponiche») direttore Francesco Paolo Campione. Vista la dimensione, la bellezza e la capacità attrattiva del progetto viene spontaneo chiedersi «perché non a Lugano?». «Semplificando al massimo il discorso - ci spiega proprio il professor Campione - potrei dire che vi sono due cause concomitanti. La prima è che la superficie di Villa Malpensata non è sufficiente per un’esposizione di questa taglia, nemmeno sommando tutti e tre gli spazi che usiamo per le esposizioni temporanee. La seconda ragione è economica: il ricavo che otteniamo a Torino (o in una qualsiasi altra grande città europea) è maggiore di quanto potremmo mai realizzare a Lugano, anche se fossimo capaci di triplicare il nostro pubblico».

Accostamenti simbolici

La rassegna ceresio-sabauda si propone come una originale ricostruzione, in tutti i suoi aspetti, della «civiltà del piacere», quella peculiare stagione storico-artistica del Giappone - il periodo Edo (1603-1868) - in cui il Paese, pacificato all’interno dei propri confini e stretto in una politica di isolamento dal resto del mondo (sakoku), portò la ricca classe dei mercanti (chōnin), impossibilitati a comprare beni fondiari, a dedicarsi ai piaceri dell’esistenza, come gli spettacoli del kabuki, la frequentazione delle geishe nelle case da tè e l’acquisto di straordinarie opere d’arte. Il percorso espositivo si apre con le «immagini del mondo fluttuante» (ukiyo-e) interpretato da artisti sublimi quali Hiroshige, Utamaro, Kunisada, Hokusai; di quest’ultimo, la rassegna presenta i quindici volumi dei Manga, una vera enciclopedia del disegno, nella quale l’artista giapponese ritrae qualsiasi cosa abbia visto o che la sua mente abbia concepito, dai paesaggi agli elementi naturali e sovrannaturali, dalla vita quotidiana agli esseri umani e divinità, dalla flora alla fauna. La mostra prosegue con le ricognizioni sui soggetti tipici dell’arte giapponese, come quello della natura vista sia nel suo aspetto più paesaggistico, interpretata ad esempio dalle stampe di Hiroshige, sia in quello che venne riconosciuto un genere pittorico vero e proprio di «fiori e uccelli» (kachōga) che, nei loro accostamenti simbolici, fungono anche da elementi segnaletici delle stagioni. I passeri con le camelie invernali fiorite tra la neve simboleggiano l’incipiente primavera che nel calendario tradizionale cadeva tra gennaio e febbraio; i ciliegi in fiore (sakura) sono tipici della primavera inoltrata; le peonie (botan) e gli iris segnalano l’estate; le campanule (kikyō), infine, sono caratteristiche dell’autunno. Anche i piaceri effimeri furono tra i soggetti più documentati nelle stampe giapponesi; come quello del teatro kabuki, lo spettacolo popolare per eccellenza. Sono lavori dai tratti eleganti e raffinati che ebbero una peculiare evoluzione: dalle «primitive» opere del XVII e XVIII secolo volte soprattutto a delineare la fisionomia degli attori e i loro accessori di scena, alle coloratissime, ricche e iper-espressive composizioni a più fogli della fine del periodo Edo, in cui gli artisti cercano di riprodurre tutta la ricchezza scenica. In questa sezione si trovano anche un programma ufficiale del 1890 illustrato e stampato in nero con una matrice xilografica, uno stendardo (nobori hata) della metà del XIX secolo in tessuto dipinto a mano, utilizzato come insegna pubblicitaria per gli spettacoli del teatro kabuki, oltre a oltre trenta maschere popolari e del teatro nō e del teatro kyōgen.

Universo erotico

Anche l’universo femminile venne profondamente indagato; se da un lato si approfondivano gli aspetti della vita quotidiana delle donne di varie epoche, di diversa età ed estrazione sociale, come nelle stampe di Tsukioka Yoshitoshi o nei trittici di Miyagawa Shuntei che ritraevano donne impegnate in attività tipiche affiancate a elementi vegetali per richiamare i vari mesi dell’anno, dall’altro, le xilografie a soggetto erotico (shunga) si affermarono come un genere di primaria importanza; a realizzarle furono i più importanti artisti del tempo. Nelle loro opere si trova una testimonianza diretta e una partecipazione emotiva personale alla rappresentazione dei piaceri della sessualità, arricchita dalla conoscenza e dalla citazione, talvolta anche filologica, di una produzione letteraria piena di sensualità.  

La mostra prosegue con la sezione che documenta le stampe raffiguranti guerrieri ed eroi della tradizione giapponese (musha-e). Queste devono il loro tipico aspetto all’opera di Utagawa Kuniyoshi (1798-1861) che, a partire dal 1827, vi dedicò molte delle sue attenzioni. I suoi personaggi sono rivestiti da abiti splendidi e ritratti mentre combattono o compiono gesti eroici, affrontando nemici ed esseri mostruosi rappresentati con straordinaria minuzia, in un paesaggio vivo e ricco di particolari descrittivi. La rassegna si chiude con una sala dedicata all’eredità iconografica e stilistica più clamorosa dell’ukiyo-e, con una spettacolare installazione immersiva che introduce alla visione della Grande onda di Hokusai, la storica xilografia appena battuta all’asta da Christie’s in uno dei suoi pochissimi esemplari originali per quasi tre milioni di dollari. Un’immagine che salda l’arte nipponica all’immaginario collettivo occidentale rimettendo in discussione, nel nome della pura bellezza, quell’idea di Giappone come di una realtà culturalmente distante sempre pronta a sfidare la nostra conoscenza e le nostre categorie interpretative.

Società Promotrice delle Belle Arti, Torino, Utamaro, Hokusai, Hiroshige. Geishe, samurai e la civiltà del piacere. A cura di Francesco Paolo Campione. Produzione Skira in collaborazione con il Museo delle Culture di Lugano (MUSEC). Fino al 25 giugno. Viale Balsamo Crivelli 11, Torino. www.hokusaitorino.it
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