Chiasso

Opere sparite «in viaggio»: scatta la perquisizione

Controllo negli uffici di una società di trasporti nell’ambito delle indagini sulla scomparsa di una tela e di una scultura – Erano rientrate da una fiera a Londra
© CdT/Chiara Zocchetti
Giuliano Gasperi
06.07.2024 06:00

Il Ticino rimane un crocevia del commercio e del traffico internazionale di opere d’arte e Chiasso, che del nostro cantone è la capitale logistica, non può che essere uno snodo importante in tal senso. Anche per le vicende giudiziarie legate a quadri, sculture, reperti e altri beni preziosi. Lo testimonia un’operazione condotta l’anno scorso, e di cui abbiamo avuto notizia solo recentemente, in una ditta con sede nella cittadina di confine. Del caso si accenna nel rendiconto 2023 del Consiglio di Stato parlando della «perquisizione negli uffici di una società operante nel settore del trasporto di opere d’arte a Chiasso in riferimento alla sparizione, da una fiera internazionale tenutasi a Londra, di due tele per un valore stabilito in un milione duecentomila franchi». In realtà, secondo nostre informazioni, si tratta di una tela e di una scultura, entrambe realizzate da artisti italiani del Novecento, e la sparizione sarebbe avvenuta «in viaggio». Il collezionista proprietario delle opere si era infatti rivolto a una casa di spedizione per organizzare – non effettuare fisicamente – il trasporto delle opere una volta terminata la fiera in Inghilterra, ma ad un certo punto, dopo essere state portate in un magazzino nel Milanese, la tela e la scultura sono svanite nel nulla. Gli inquirenti sono tuttora a caccia d’informazioni utile a ritrovarle: da lì la perquisizione nella ditta di Chiasso – chiamata in causa dal proprietario che non ha ricevuto le opere – per capire se e che ruolo ha avuto in questa operazione. È pendente anche un altro caso: nel rendiconto del Governo si cita «la richiesta di assistenza giudiziaria internazionale relativa ad un reperto archeologico, una testa in marmo di epoca romana risalente al terzo secolo dopo Cristo, trafugato in Italia ed esportato in Ticino negli anni Ottanta». Su questa seconda fattispecie non abbiamo tuttavia nessuna informazione in più.

Maglie più strette (troppo?)

Dicevamo della Svizzera come crocevia. Fino a un ventennio fa, per quanto riguarda le movimentazioni illegali di opere, il nostro Paese era un sentiero ancora più battuto rispetto a quanto lo sia oggi, e questo a causa di una certa riluttanza delle autorità elvetiche ad inasprire le leggi sul trasferimento di beni culturali. Le cose sono cambiate nel 2005, quando l’importazione e l’esportazione illecita di opere d’arte ritenute beni culturali degni di particolare protezione sono diventate reato. Grazie alla nuova legge si è venuto a creare il presupposto della doppia punibilità, che permette alle autorità di un Paese come l’Italia di chiedere assistenza giudiziaria ai colleghi svizzeri, i quali possono adottare misure come perquisizioni o sequestri. Con l’Italia, un anno più tardi, è poi stato sottoscritto un accordo bilaterale sull’importazione ed il rimpatrio di beni culturali che prevede, tra le altre cose, che se un bene è stato importato illecitamente, il Paese che lo ha perso ha diritto a chiederne la restituzione alla persona o della società che lo detiene fisicamente, in cambio di un’indennità.

Spalloni e punti franchi

Le nuove regole hanno indubbiamente messo ordine nel settore e dato agli inquirenti uno strumento per combattere i traffici illeciti, ma secondo alcuni addetti ai lavori hanno anche «ingessato» il mercato dell’arte, penalizzando i collezionisti che vogliono vendere o anche solo spostare le loro opere, così come gli artisti contemporanei. La Svizzera rimane comunque un hub interessante, per due ragioni: l’IVA più bassa rispetto ad altri Stati europei e la mancanza del cosiddetto diritto di seguito, che prevede una percentuale sulla compravendita delle opere per gli eredi degli autori. Questo per quanto riguarda le movimentazioni legali. Poi non sono certo scomparse quelle illegali. I trafficanti, come spiegato alcuni anni fa dai Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale ai colleghi della RSI, usano gli «spalloni» per portare al di qua del confine la merce, che poi nascondono in posti sicuri come i punti franchi o i caveau di qualche banca. Così possono mostrare i beni ai loro potenziali acquirenti e gestire la trattativa in tranquillità. Relativa tranquillità.