Medio Oriente

Padre Gabriel Romanelli: «Qui a Gaza distruzione e morte, ma noi non ce ne andremo»

Il parroco cattolico della Sacra Famiglia conferma la volontà di restare nella Striscia nonostante le grandissime difficoltà - Intanto Leone XIV nell’udienza generale in piazza San Pietro a Roma è tornato a chiedere «un’alba di pace e di giustizia»
Centinaia di migliaia di palestinesi stanno fuggendo verso il sud della Striscia sulla spinta dell’avanzata dei tank e delle truppe di Israele. ©Abdel Kareem Hana

«Grazie a Dio stiamo bene. Le esplosioni sono forti, ma noi nella nostra zona stiamo tutti bene». Padre Gabriel Romanelli, il sacerdote del Verbo Incarnato parroco dell’unica chiesa cattolica di Gaza, la Sacra Famiglia, tenta di rassicurare tutti sulla situazione della comunità di cui è guida. Dall’inizio della guerra nella Striscia, i locali della Sacra Famiglia - struttura che ricade nella giurisdizione del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini - ospitano poco meno di 500 persone, per lo più cattolici, ma anche ortodossi e qualche musulmano che qui ha trovato rifugio.

La quotidianità della guerra non ha cambiato le abitudini della parrocchia. Padre Romanelli e i suoi collaboratori - due sacerdoti, le suore del Verbo Incarnato e le suore Missionarie della Carità di Madre Teresa di Calcutta, si prendono cura di tutti, organizzano corsi per i bambini, visitano gli ammalati.

Quando è scoppiata la guerra, due anni fa, Romanelli non era a Gaza, perché era stato in Italia per seguire l’ordinazione cardinalizia del patriarca, Pierbattista Pizzaballa. Il quale - nel primo dei suoi tre viaggi a Gaza - lo aveva riportato in Terrasanta.

«Qui, a est di Gaza City - dice Romanelli al Corriere del Ticino - sentiamo forti bombardamenti. Siamo nel quartiere Zeitun, nella parte vecchia. Da lunedì scorso abbiamo udito forti boati, soprattutto nella parte ovest e centrale della città, spesso anche durante le nostre funzioni. La situazione è molto peggiorata nelle ultime ore. Le notizie che riceviamo dalle altre zone di Gaza sono terribili. I bombardamenti sono continui, incessanti, e causano distruzione e morte».

Le persone attualmente ospitate in chiesa e negli altri edifici della Sacra Famiglia «sono 450 - dice ancora il parroco - e di tutte le età. Alcuni sono malati. Le suore di Madre Teresa curano i bambini disabili. Continuiamo a servire ogni persona come se fosse Gesù Cristo». Tra i problemi più gravi che assillano Gaza c’è la carestia. Le scorte di cibo scarseggiano. La gente ha fame.

«Quello che abbiamo - continua padre Romanelli - quello che riusciamo ad avere, a trovare, è messo a disposizione di tutti. Non soltanto delle persone ospitate nella nostra struttura, ma anche dei nostri vicini: sono tanti e hanno bisogno, al di là dalla loro appartenenza religiosa».

D’altronde, la guerra non ti chiede a quale Dio credi. Alcuni beni di prima necessità e i farmaci sono giunti grazie al patriarcato di Gerusalemme, soprattutto dopo l’ultima visita che il cardinale Pizzaballa ha fatto a Gaza a metà luglio, assieme al patriarca ortodosso Teofilo, dopo che un proiettile dell’esercito israeliano aveva colpito la parte alta della chiesa, uccidendo due persone e ferendone alcune, tra cui lo stesso Romanelli.

«Certo, ci mancano moltissime cose. Teniamo aperta la farmacia del compound, anche se mancano molti medicinali, soprattutto quelli per alleviare malattie croniche. Nessuno sa come la situazione evolverà e quando tutto questo finirà. Noi, come ha detto il patriarca, non ci muoviamo. Restiamo qui. Continuiamo a fornire assistenza ai nostri ospiti, nonostante gli ordini di evacuazione. Ovviamente, lasciamo liberi tutti. Vi chiediamo di continuare a esserci vicini. Questa guerra deve finire per il bene di tutti, dobbiamo lavorare tutti per questo. L’altare di Gaza - conclude il sacerdote argentino - è l’altare della messa, è l’altare della pace, dove si offre il sacrificio. Noi qui non chiediamo vendetta, odio, ma perdono, pace e riconciliazione. Per i palestinesi, per gli israeliani, per gli ostaggi, per tutti coloro che ne sono privati».

Si fermi la guerra, ripete incessantemente padre Romanelli, «perché sia permesso alle persone che vivono nella Striscia di Gaza di avere le cose necessarie per vivere; non per sopravvivere, ma per vivere, per ricostruire le loro vite».

Le parole del Papa

Ancora una volta, la Chiesa cattolica è in prima linea nel tentativo di porre fine a una situazione disumana. Al termine dell’udienza generale di ieri mattina, in piazza San Pietro a Roma, papa Leone XIV ha espresso la sua «profonda vicinanza al popolo palestinese a Gaza che continua a vivere nella paura e a sopravvivere in condizioni inaccettabili, costretto con la forza a spostarsi ancora una volta dalle proprie terre, Davanti al Signore Onnipotente che ha comandato: “Non ucciderai” e al cospetto dell’intera storia umana, ogni persona ha sempre una dignità inviolabile, da rispettare e da custodire. Rinnovo l’appello al cessate il fuoco, al rilascio degli ostaggi, alla soluzione diplomatica negoziata, al rispetto integrale del diritto umanitario internazionale. Invito tutti ad unirsi alla mia accorata preghiera, affinché sorga presto un’alba di pace e di giustizia».

«Bisogna veramente cercare un’altra soluzione», continua a ripetere il Papa ormai da settimane sottolineando la disumanità di quello che le stesse forze militari di Israele hanno definito la fase «finale» del conflitto con Hamas, ovvero la distruzione totale dell’enclave palestinese.

Già martedì sera, all’uscita dalla residenza estiva di Castel Gandolfo, rispondendo a una domanda dei giornalisti sull’«esodo» di Gaza, il pontefice aveva manifestato tutta la sua preoccupazione per i tanti che «non hanno dove andare», come pure per quelli che vogliono restare. Primo fra tutti, il parroco della Sacra Famiglia, padre Gabriel Romanelli, con il quale Leone XIV - rinnovando una consuetudine del predecessore - è adesso in costante contatto (l’ultima chiamata, nonostante l’oscuramento telefonico e digitale della Striscia imposto da Israele, è di martedì mattina).

«Ci ha chiesto come stavamo e com’era la situazione. Ci ha inviato la sua benedizione e ha pregato per noi e per la pace - ha detto padre Romanelli - Non è la prima volta, segue sempre da vicino la situazione ed è molto impegnato nella fine di questa guerra. È una gioia enorme essere in contatto con il Santo Padre, con papa Leone XIV. Voleva sapere come stiamo. Beh, gli abbiamo detto che stiamo bene, e che la situazione continua ad essere difficile».