La storia

Pagasa, la piccola isola che resiste alle mire espansionistiche cinesi

Il piccolo lembo di terra di appena 37 ettari situato nel Mar Cinese Meridionale e controllato dalle Filippine deve fare i conti con una flotta di navi appartenenti a Pechino stanziatasi a largo delle sue coste
© AP Photo/Aaron Favila
Red. Online
29.05.2025 15:00

Pagasa (conosciuta anche con il nome di Thitu) è una piccola isola di appena 37 ettari nel Mar Cinese Meridionale controllata dalle Filippine. Per raggiungerla ci vogliono due o tre giorni di navigazione dall'isola filippina di Palawan, oppure un'ora di aereo, ma in entrambi i casi si è esposti a frequenti tempeste. Essendo inoltre le sue risorse estremamente limitate, la maggior parte dei mezzi necessari alla sopravvivenza devono essere importati dalla terraferma.

Nonostante le dimensioni ristrette e una popolazione di soli 300 abitanti circa la quale vive in un gruppo di piccole case di legno, comunque, questo piccolo lembo di terra tiene testa alle mire espansionistiche della grande Cina. Già perché a ovest, appena al largo della costa, come spiega la BBC che ha fatto un reportage sul posto, si trova una flotta di navi cinesi. Appartengono alla marina, alla guardia costiera o alla cosiddetta «milizia marittima» che è composta da grandi pescherecci riadattati per mantenere il dominio cinese su questa porzione di mare.

Negli ultimi dieci anni, in effetti, Pechino ha ampliato la sua presenza nel Mar Cinese Meridionale, prendendo il controllo delle barriere coralline sommerse, costruendovi tre grandi basi aeree e dispiegando centinaia di navi. L'obiettivo? Rafforzare il proprio controllo sulle rotte marine strategiche che dalle grandi città esportatrici della costa cinese si estendono verso sud.

Il fatto che Pagasa sia abitata da una comunità filippina e non sia una barriera corallina parzialmente sommersa o un isolotto sabbioso spinge però le Filippine a rivendicare legalmente il lembo di terra.

«Pagasa è molto importante per noi», spiega alla BBC Jonathan Malaya, vicedirettore generale del Consiglio per la sicurezza nazionale delle Filippine. «Ha una pista di atterraggio, è adatta alla vita e ospita una comunità filippina e dei pescatori. Date le sue dimensioni, poi, il diritto internazionale le conferisce 12 miglia nautiche di acque territoriali.

Le Filippine sottrassero Pagasa a Taiwan nel 1971, quando la guarnigione taiwanese la abbandonò durante un tifone. Fu formalmente annessa alle Filippine nel 1978. In seguito, il Governo ha iniziato a incoraggiare i civili a stabilirsi lì.

La sopravvivenza minata dalla Cina

La principale fonte di reddito della popolazione di Pagasa è la pesca. Il problema è che da quando nei pressi dell'isola sono arrivate le navi cinesi, questa attività si è parecchio complicata.

Il pescatore Larry Hugo vive sull'isola da 16 anni e ha documentato il crescente controllo cinese sulla zona. Ha filmato i lavori iniziali a Subi Reef, a circa 32 km da Pagasa, che alla fine è diventata una base aerea militare. Uno dei suoi video, che mostra la sua piccola barca di legno quasi speronata da una nave della guardia costiera cinese nel 2021, lo ha reso una piccola celebrità. «Le imbarcazioni cinesi sono enormi rispetto alle nostre. Ci minacciano, avvicinandosi e suonando le sirene per scacciarci. Ci spaventano davvero. Quindi non vado più nei vecchi luoghi di pesca, più lontani. Ora devo pescare vicino all'isola, ma le riserve ittiche qui stanno diminuendo».

Nonostante l'aspetto all'apparenza paradisiaco, sull'isola aleggia l'atmosfera di una comunità di guarnigione, che difende la linea difensiva contro la prepotente presenza cinese, chiaramente visibile appena al largo.

Jonathan Malaya, direttore generale aggiunto del Consiglio di sicurezza nazionale delle Filippine, afferma che il suo Governo presenta ogni settimana una protesta diplomatica formale all'ambasciata cinese per la presenza delle navi di Pechino in ​​quelle che le Filippine considerano le acque territoriali di Pagasa. «Penso che otterremo più rispetto dalla Cina se manteniamo la nostra posizione e dimostriamo loro che possiamo giocare anche noi questa partita. Ma il problema delle democrazie come le Filippine è che le politiche possono cambiare con le nuove amministrazioni. La Cina non ha questo problema», spiega Malaya.

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