Cannes 77

Paolo Sorrentino ci racconta il percorso epico di una donna

Il cineasta napoletano è tornato per la settima volta in concorso sulla Croisette con il suo nuovo film «Parthenope» che si svolge sull’arco di diversi decenni e che per la prima volta nella sua opera ha come protagonista un personaggio femminile
©Andreea Alexandru
Antonio Mariotti
24.05.2024 06:00

Per la settima volta in 20 anni è in concorso al Festival di Cannes e non è quindi un caso che, prendendo la parola dopo l’anteprima del suo nuovo film, seguita da 9 minuti e mezzo di applausi, abbia voluto ringraziare il delegato generale della manifestazione, Thierry Frémaux, per aver sempre creduto in lui e aver contribuito in maniera determinante a lanciare la sua carriera di cineasta. Oggi, a 54 anni, Paolo Sorrentino è considerato un valore sicuro del panorama cinematografico internazionale, l’incarnazione di quello «spirito italiano» che nei decenni scorsi era appannaggio di un Fellini, un Antonioni o un Visconti. E il cineasta napoletano non si smentisce nemmeno con questa Parthenope, il cui titolo rimanda inevitabilmente alla sua città ma che in effetti è il curioso (e impegnativo) nome della sua protagonista, interpretata dall’esordiente Celeste Della Porta.

Un mistero tutto da scoprire

E in effetti la maggiore novità di Parthenope è proprio il fatto di avere per protagonista una donna. Fatto senza precedente nella filmografia sorrentiniana. Una donna che conosciamo ancora adolescente, di cui seguiamo la crescita e l’evoluzione per un paio di decenni e che ritroviamo anziana con le fattezze di Stefania Sandrelli. Per Sorrentino la donna è un mistero tutto da scoprire, il simbolo di una bellezza che muta continuamente, ma anche la protagonista assoluta della contemporaneità. Colei che oggi veste i panni dell’eroe in una cavalcata epica il cui traguardo è la sua liberazione e quindi la sua capacità di svolgere un ruolo centrale a tutti i livelli sociali. La vita di Parthenope non è facile - «La tua bellezza ti aprirà molte porte e provocherà molte guerre» le predice Gary Oldman nei panni dello scrittore americano John Cheever di passaggio a Capri - e subirà un grave trauma nel momento del suicidio del fratello, che mette in pratica termine alla sua giovinezza. Da allora in poi il film cambia completamente: cambia l’apparenza di Parthenope, ma cambia anche il modo di filmarla da parte del regista e anche la fotografia di Daria D’Antonio si fa meno spettacolare, più intimistica, anche se nella seconda parte del film non mancano le scene imponenti.

Cos’è davvero l’antropologia?

Sorrentino fa della sua protagonista una studentessa - e poi una professoressa - di antropologia. Le fa chiedere più volte al professore che considera come un padre (un eccezionale Silvio Orlando) cosa sia l’antropologia. E alla fine lui risponde: «È l’atto del vedere». Una definizione apparentemente troppo semplice ma dentro la quale è racchiusa buona parte della poetica del regista. Sorrentino non spiega nulla, ci mostra, ci fa vedere. Ed è solo dalla comunanza di sguardo tra autore e spettatore che può nascere la magia del suo cinema.

Parthenope è l’ennesimo capitolo di questo dialogo. Un capitolo tra i più riusciti, perché Sorrentino lascia intatte le sue caratteristiche, ma avvicinandosi all’universo femminile le rende più trasparenti. Anche se la domanda che tutti gli uomini pongono a Parthenope vale anche per lui: «A cosa stai pensando adesso?».