Paolo Sorrentino torna ad occuparsi del Vaticano

Si spengono a poco a poco al Lido gli echi di The New Pope, nuovo serial di avventure «papali» presentato da Paolo Sorrentino, con due brevi episodi. Il quesito se sia più seducente Jude Law, che è stato il Papa della passata stagione, o John Malkovich che sarà il Papa inglese chiamato a prendere sulle sue spalle il fardello della Chiesa, non lo abbiamo risolto. E a dire il vero non ci ha impegnato molto, forse perché le sequenze che abbiamo visto erano poche e avevano un tono così ieratico e austero, che non inducevano al gioco, anzi riproponevano alcuni dei temi sui quali Sorrentino indulge, come il nudo incongruo, giovane, bello, maschile e femminile; il sesso e la vecchiezza, il sospetto, la decadenza, la solitudine, che nei suoi film sono come il profumo delle tuberose nel camposanto della vita. E in attesa di vedere il serial, ci ha invece intrigato e fatto sorridere la vera piccola disavventura di papa Francesco rimasto chiuso in ascensore a riprova che comunque il Vaticano è luogo davvero pericoloso anche senza le elucubrazioni di Sorrentino.
Di tutt’altro tenore l’unico film d’animazione in concorso alla Mostra: cinese e ambientato a Hong Kong. «Avevo vent’anni, venivo da Taiwan dove vigeva la legge marziale e quando arrivai a Hong Kong, mi sembrò che dall’oceano spirasse una brezza speciale che sapeva di libertà. Era il 1967, e circa sei mesi dopo il mio arrivo, fu come se sull’isola avesse preso corpo una sorta di tempesta atmosferica che da un momento all’altro portò il caos, con rivolte politiche e tafferugli. Una situazione molto simile a quella attuale». Ha detto in conferenza stampa Yonfan (in concorso a Venezia nel 2007 con Prince of Tears), fotografo e regista di N° 7 Cherry Lane che, come ha tenuto a precisare: «non è un film d’animazione, ma un film di immagini animate (l’unico del genere in concorso) che parla soprattutto di lui, del suo amore per Hong Kong e poi della sua passione per la bellezza. «Ho utilizzato l’animazione perché secondo me è l’unico genere capace di tradurla nel modo giusto sullo schermo». Nel film, che si compone di migliaia d’immagini disegnate a mano dove i panorami e gli scorci della città sono stati dipinti tutti su carta di riso (solo dopo ci si è lavorato sopra per farne sia una versione in 3D, che una in 2D), al centro del racconto c’è un triangolo amoroso, dove lo studente universitario Ziming inizia una relazione con la signora Yu e la sua bella e determinata figlia diciottenne, Meiling, anch’esse originarie di Taiwan da dove sono partite per sfuggire alla paura, in cerca di libertà. Un melodramma pieno di poesia che celebra il cinema e le sue storie d’amore – mostra anche due spezzoni di film di Simone Signoret - e che ha la leggerezza di un musical.
Speriamo che riesca a fare breccia nella giuria così come ha sedotto critica e pubblico affascinati anche da Martin Eden di Pietro Marcello, secondo film italiano in concorso al festival e interpretato da Luca Marinelli. Libero adattamento dell’omonimo romanzo di Jack London, il film è ambientato a Napoli, non solo lontano dalla originaria California, ma anche dalle navi e dalla marineria anglosassone che nel libro erano quasi una delle sponde della vicenda, e invece molto vicino alla visione politica di London, alle sue riflessioni sul socialismo e sull’individualismo che, nelle varie trasposizioni cinematografiche, erano state spesso messe in ombra privilegiando piuttosto la parte avventurosa del libro, l’aspetto di romanzo di formazione. Il giovane Martin Eden di Pietro Marcello più che un marinaio pare una sorta di naufrago portato dal mare e salvato dall’ignoranza e dalla povertà dall’amore, al quale dedica tutto se stesso. Lo sfondo è una Napoli di fine Ottocento, frutto di materiali di repertorio come le rare immagini dei primi comizi di Malatesta; o quelle dei migranti con le valigie legate con lo spago e il cuore pesante; o quelle degli agricoltori o degli operai dell’epoca schiavi più che lavoratori. E poi c’è la Napoli perfetta e agiata di Elena, amata figlia di una ricca famiglia borghese, che con le sue raffinatezza, la sua cultura e la su bellezza, ammalia Martin che prende i sogni come obiettivo di vita e riesce a trasformarsi in uno scrittore baciato dalla fama e dal successo. Ma i suoi ideali, adesso gli si ritorcono contro come tante sconfitte, così come l’amore di Elena. Un film composito e difficile, pieno di spunti dove Luca Marinelli emerge con forza soprattutto nella prima parte, ma nel finale come il suo personaggio sembra lasciarsi trascinare solo dall’emozione.