L'incontro con la stampa

Papa Leone XIV: «Il giornalismo è necessario per difendere la libertà»

«Non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce. Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra»
Papa Leone XIV ha incontrato la stampa di tutto il mondo in un'udienza speciale. ©ANDREA SOLERO
Dario Campione
12.05.2025 21:04

Giornalismo e libertà. Giornalismo è libertà. Sfumature grammaticali. Ma non solo. Papa Leone XIV, così come i suoi quattro predecessori, ha incontrato i giornalisti di tutto il mondo in udienza a pochi giorni dalla sua elezione. Ormai da decenni anche la Santa Sede riconosce il valore della comunicazione pubblica e costruisce in modo costante e continuo il suo rapporto con i media.

È stato un discorso breve, quello del pontefice americano. Ma densissimo. Un discorso nel quale Prevost ha affrontato tutti i temi al centro della “questione informativa”: il linguaggio, la verità, il rapporto con la democrazia e con le nuove tecnologie, a partire dall’intelligenza artificiale.

La ricerca della verità

Il Papa ha innanzitutto chiamato tutti i giornalisti «all’impegno di portare avanti una comunicazione diversa, che non ricerchi il consenso a tutti i costi, non si rivesta di parole aggressive, non sposi il modello della competizione, non separi mai la ricerca della verità dall’amore con cui umilmente dobbiamo cercarla».

In qualche modo, ha spiegato Leone XIV, il giornalismo è una «sfida», segnata da una grande «responsabilità». Viviamo «tempi difficili da percorrere e da raccontare, che rappresentano una sfida per tutti noi e che non dobbiamo fuggire - ha detto - Al contrario, essi chiedono a ciascuno, nei nostri diversi ruoli e servizi, di non cedere mai alla mediocrità. La Chiesa deve accettare la sfida del tempo e, allo stesso modo, non possono esistere una comunicazione e un giornalismo fuori dal tempo e dalla storia. Come ci ricorda Sant’Agostino, che diceva: “Viviamo bene e i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi”».

La Torre di Babele

Oggi, ha proseguito papa Prevost, «una delle sfide più importanti è promuovere una comunicazione capace di farci uscire dalla “Torre di Babele” in cui talvolta ci troviamo, dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi. Perciò, il vostro servizio, con le parole che usate e lo stile che adottate, è importante. La comunicazione, infatti, non è solo trasmissione di informazioni, ma è creazione di una cultura, di ambienti umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto. E guardando all’evoluzione tecnologica, questa missione diventa ancora più necessaria. Penso, in particolare, all’intelligenza artificiale col suo potenziale immenso, che richiede, però, responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l’umanità. E questa responsabilità riguarda tutti, in proporzione all’età e ai ruoli sociali».

Dopo aver ricordato i cronisti finiti in carcere e aver sottolineato che «la Chiesa riconosce in questi testimoni - penso a coloro che raccontano la guerra anche a costo della vita - il coraggio di chi difende la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli a essere informati, perché solo i popoli informati possono fare scelte libere», il pontefice ha richiamato tutti «a custodire il bene prezioso della libertà di espressione e di stampa».

Disarmare le parole

Ha quindi concluso citando l’ultimo messaggio di papa Francesco per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali: «disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività. Non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce - ha detto - Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana. Voi siete in prima linea nel narrare i conflitti e le speranze di pace, le situazioni di ingiustizia e di povertà, e il lavoro silenzioso di tanti per un mondo migliore. Per questo vi chiedo di scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace».