Cimadera

Pensieri pesanti come massi

Riaperta la strada dove ieri pomeriggio una frana ha investito un’auto in transito causando la morte del conducente – Oggi i tecnici hanno lavorato per mettere in sicurezza la parete: serviranno reti o altri manufatti? – Interrogazione del Centro al Municipio
© CdT / Chiara Zocchetti
Giuliano Gasperi
08.01.2025 20:04

Via Cugnoli a Cimadera, dove ieri pomeriggio un uomo è morto travolto da un blocco di roccia caduto sulla sua auto, è stata riaperta. La circolazione è tornata alla normalità. Ma in fondo, con tutto il rispetto per chi deve spostarsi nella zona, è importante? I pensieri vanno altrove. Alla vittima, a sua moglie, ai suoi cinque figli. La mente corre però anche al futuro, a cosa fare per evitare che si ripeta una tragedia del genere, in quell’angolo della Val Colla e in altri luoghi.

Ridurre il pericolo

La notte dopo il dramma, a Cimadera, sono rimasti solo gli agenti incaricati di presidiare i due blocchi stradali ai lati della frana. I lavori per la messa in sicurezza del Sasso dei corvi, come viene chiamato dagli abitanti del posto, sono iniziati alle prime luci del mattino di oggi, quando i tecnici, una volta fissate le corde nel bosco in cima al bastione roccioso, si sono calati lungo la parete. Il loro compito, sotto lo sguardo del geologo cantonale Andrea Pedrazzini, era principalmente quello di «pulire» il versante, cioè di rimuovere altri sassi potenzialmente pericolosi. Quelli instabili dovevano esser fatti cadere giù. Un paio di questi erano abbastanza grandi, e il rumore del loro schianto sull’asfalto è rimbombato nel silenzio generale. Un eco sinistro di quanto accaduto poche ore prima. Gli operai, issata una motosega, hanno anche tagliato alcuni alberi.

Per ora soltanto ipotesi

Da capire se tutto questo basterà, oppure se sarà necessario arginare la montagna con reti paramassi o altri manufatti difensivi: contromisure già adottate in altri punti della strada che attraversa la Val Colla. Il Sasso dei corvi in passato non aveva mai scaricato quantità preoccupanti di materiale.  Chi vive nella zona parla di sassi «grandi al massimo come un pugno» caduti sulla strada nel recente passato. Nulla più. Ipotizzando le cause dell’ultimo crollo, alcuni parlano di un’alternanza repentina fra gelo e disgelo del terreno.  Di sicuro quello è un angolo particolarmente freddo della valle, e sulla parete che ha ceduto compaiono spesso calotte di ghiaccio. Toccherà agli inquirenti, con l’indispensabile supporto degli esperti, fare luce sull’origine dello smottamento. Essendoci un’inchiesta in corso, il Dipartimento del Territorio ha preferito non anticipare nulla. Il tema della sicurezza in valle è comunque stato evidenziato da un’interrogazione inoltrata al Municipio di Lugano dal Centro, il cui primo firmatario è Angelo Petralli.

Lo stato delle difese

Petralli, che è della zona, ricorda il credito di 8,2 milioni che il Municipio vorrebbe stanziare per opere di premunizione e contenimento dei danni causati da pericoli naturali in varie zone di Lugano. «Per la Val Colla sono previsti interventi a Maglio di Colla e lungo i riali di Curtina, Bogno, Certara e Cimadera», in particolare a Piandera e ai Mulini di Piandera; «inoltre si chiede di monitorare diversi luoghi di Signôra, Colla, Bogno e Cimadera». La Commissione dell’edilizia (relatori Michael Nyffeler e lo stesso Petralli) è favorevole: manca solo il sì del Consiglio comunale. Nell’attesa, il Centro chiede se è ipotizzabile dover posare nuove reti paramassi o ampliare quelle esistenti a protezione delle strade principali e come sono ripartite le competenze e gli oneri finanziari fra Città e Cantone. Petralli e colleghi domandano poi se il Piano delle zone soggette a pericolo naturale di Cimadera è stato aggiornato dopo il 2018 e se è stato fatto lo stesso per quelli di altre zone di Lugano, in particolare della Val Colla, coinvolgendo anche i patriziati, «tra i principali attori nella cura del nostro territorio», e le commissioni di quartiere.

«Un uomo affidabile, teneva molto alla famiglia»

«Sarebbero bastati due secondi» commenta qualcuno a bassa voce di fronte alla frana. Passare di là due secondi prima, oppure due secondi dopo. Sempre due maledetti secondi sono. Qualcun altro parla di un «tragico appuntamento con il destino». Altri ancora chiedono più protezione. «Mi hanno sempre fatto paura le strade con le pareti rocciose! – scrive una nostra lettrice –. Dovrebbero installare una rete». A unire tutti, il senso di fragilità davanti alla natura che manifesta la sua forza e la tristezza per una vita che si è spezzata.  La vittima viveva a Lugano e aveva quarantaquattro anni. Lascia la moglie e cinque figli, a cui era legatissimo. Sembrerà scontato dirlo, ma chi lo conosceva lo ricorda proprio così: molto attaccato alla sua famiglia, con cui spesso passeggiava in città e organizzava gite, a volte vestendosi tutti allo stesso modo. Professionalmente era attivo nell’edilizia. Nel 2011 aveva fondato una società insieme alla compagna, poi cinque anni più tardi aveva ottenuto il diploma federale d’impresario costruttore. Era anche stato attivo in politica, candidandosi al Consiglio comunale. «Ho avuto modo di lavorare con lui per diversi anni – ci dice un suo compagno di partito – ed era una di quelle persone che ci sono sempre, si impegnano e portano spunti con opinioni razionali, mai fuori dalle righe. Personalmente non lo conoscevo così bene, ma mi è sempre sembrata una persona affidabile e molto attaccata alla famiglia. Siamo molto scossi».

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