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Per chi cerca casa, l’unione fa la forza

Stanno tornando di moda le cooperative abitative - Monique Bosco von Allmen: «Vantano pigioni convenienti e facilitano i buoni rapporti tra vicini» - E intanto a Castione...
(Foto Shutterstock)
Alan Del Don
Erica Lanzi
23.07.2019 06:00

Trovare casa può essere un problema. Per tante famiglie comprare un’abitazione resta un sogno nel cassetto, nonostante i bassi tassi ipotecari. Affittare lascia più spazio alla flessibilità, ma nei centri i prezzi possono essere proibitivi, anche se le statistiche ci dicono che lo sfitto sale. C’è però anche una terza via, che timidamente cerca di (ri)affacciarsi in Ticino: le cooperative di abitazione. A metà tra la proprietà e la locazione, vantano affitti mensili fino al 30% inferiori alla media di mercato e spesso utilizzano un’architettura sostenibile che facilita l’instaurarsi di buoni rapporti tra vicini. Ce ne parla Monique Bosco von Allmen, fondatrice nel 2017 e presidente della sezione ticinese delle Cooperative di abitazione svizzere (CASSI).

Monique Bosco von Allmen ci accoglie nella sua casa di Loreto, un quartiere di Lugano che, ci spiega, come altre zone centrali della città a poco a poco si è svuotato. Non da ultimo perché i proprietari facoltosi stranieri se ne sono andati e i prezzi elevati degli affitti fungono da deterrente per gli stessi svizzeri, soprattutto giovani. Ma il problema, prima ancora di essere economico, ha una dimensione sociale. «Mi chiedo per esempio: la popolazione invecchia, la generazione dei baby boomer si appresta ad andare in pensione e i giovani che lavorano e pagano le tasse come faranno tra pochi anni a convivere con costi sociali che esplodono, premi delle cassi malati alti e prezzi immobiliari già molto elevati?»

Ecco perché, architetto di professione, Monique Bosco-von Allmen ha deciso di dedicarsi allo studio e alla divulgazione di modi innovativi di abitare, come ad esempio le cooperative di abitazione. Che poi, a guardar bene, così innovativi non sono. «Tanti non sanno - spiega - che la Svizzera, soprattutto Oltralpe, fa scuola a livello mondiale riguardo alle innovazioni nell’ambito dell’architettura». Le cooperative ad esempio esistono già dalla fine dell’800. Più diffuse nella Svizzera tedesca e francese, in Ticino esistono sotto forma di abitazioni delle ex regie federali: le FFS infatti erano state tra i precursori nella costruzione di alloggi sociali (destinati al proprio personale), come ad esempio quelli che si trovano a Chiasso.

Il modello

Ma partiamo dall’inizio, per comprendere cosa sono e come funzionano le cooperative di abitazione. «Ce ne sono di ogni tipo - risponde von Allmen -. Si tratta giuridicamente di società senza scopo di lucro in cui un gruppo di persone si unisce per cercare un’abitazione. I soci abitanti sono una via di mezzo tra i locatori e i locatari, il che garantisce diversi vantaggi. Ciascun socio abitante paga una quota iniziale (inferiore al 20% necessario per comprare casa e che viene restituita quando si esce dalla cooperativa) e poi un affitto mensile, che è inferiore alla media di mercato, perché viene calcolato in base ai costi effettivi. I costi includono quelli di costruzione o ristrutturazione, la gestione, gli interessi su capitali e prestiti, l’ammortamento e i rinnovamenti. I soci in quanto tali hanno diritto di voto quando c’è da prendere decisioni come ad esempio l’organizzazione degli spazi comuni, oppure, se il regolamento lo prevede, la scelta di un nuovo socio. Inoltre, a differenza delle normali abitazioni, la dimensione comunitaria può giocare un ruolo fondamentale. Condividendo spazi come il giardino, la sala comune, la sala lettura (ogni cooperativa sceglie ciò che preferisce avere), tra i vicini spesso si instaura un rapporto di fiducia tale da migliorare la qualità abitativa di tutti. Dalle esperienze che ho visto nel resto della Svizzera le varie classi generazionali riescono a beneficiare della vicinanza reciproca».

Una panacea per molti problemi

Una sorta di mondo ideale in cui il vicino è qualcosa di più che un nome con l’indirizzo uguale al nostro? « Bisogna immaginarsi le cooperative - continua Bosco-von Allmen - come spazi in cui si ricrea quello che succedeva nei quartieri anni fa. Le faccio un esempio: la storia di un vedovo che è andato a vivere in una cooperativa perché voleva abitare con persone attorno. A un certo punto ha dovuto farsi operare al cuore. Ebbene, la degenza in ospedale è stata più breve grazie all’ampia rete di persone attorno che potevano assisterlo, portargli un pasto e fargli compagnia. Oppure, quante volte ai genitori capita di avere bisogno di qualcuno che guardi i bambini: avere attorno persone di cui ci si fida può essere una soluzione pratica nonché economica. Esattamente come succedeva una volta nei quartieri, le cooperative cercano di favorire i rapporti di vicinato e quindi l’aiuto tra persone. Questo - sottolinea - non c’entra nulla con l’essere buoni, o come sento spesso dire, con le comuni. C’entra invece molto col riconoscere che anche nella dimensione abitativa fare dei ragionamenti basati sull’interesse comune alla fine risulta vantaggioso per tutti, compreso per le tasche dello Stato e quindi dei contribuenti». D’altronde, aggiunge Bosco-von Allmen, proprio in tema di cooperative d’abitazione i privati senza l’appoggio delle istituzioni fanno fatica a concretizzare dei progetti perché il costo del mattone è proibitivo per la maggioranza delle persone.

Il Sonderfall ticinese

In Ticino storicamente ci sono cooperative storiche legate al personale della Confederazione, ma sono tutt’oggi abbastanza sconosciute. Perché? E perché non ne sono nate altre? Secondo Monique Bosco-von Allmen, per un mix di fattori storici, culturali e istituzionali. «La volontà c’è, ma riuscire a fare partire progetti è un altro discorso. Così a Tegna c’è la cooperativa Viv Insema, il cui progetto di costruzione partirà a breve dopo essere stato bloccato a lungo da ricorsi. A Lugano c’è Il Domani, che sta cercando una proprietà idonea, e la residenza Emmy, una cooperativa fondata da un gruppo di donne 60 anni fa. Magari a breve uscirà un bando di concorso per via Lambertenghi. Da poco è stata fondata nel Mendrisiotto la cooperativa Cam’on. Dunque l’interesse c’è, sulla nostra mailing list ci sono infatti 600 iscritti».

Nella Svizzera tedesca e francese invece, la spinta da parte del settore pubblico è molto più forte. «Probabilmente la politica è più attenta ad una pianificazione urbana che tenga conto delle esigenze della popolazione. I Comuni, anziché vendere i terreni pubblici ai privati, ne riservano una parte da dare in diritto di superficie a committenti di immobili di pubblica utilità. Un approccio che in Ticino per vari motivi non esiste. Ma la spinta viene anche dal basso, nonché dal settore privato. Ad esempio a Zurigo la popolazione ha votato nel 2011 affinché entro il 2050 il 30% degli alloggi in affitto sia di utilità pubblica. Infine, ci potrebbero essere collaborazioni con imprese legate alle costruzioni: anche in Ticino infatti le cooperative potrebbero diventare un committente importante e interessante da un punto di vista innovativo, visto che spesso si impegnano a costruire o rinnovare ponendo grande attenzione a tutti gli aspetti della sostenibilità ambientale oltre che sociale».

In Ticino però c’è anche la problematica dello sfitto - gli ultimi dati parlano di 5.000 appartamenti vuoti - ma secondo Bosco-von Allmen ciò non rappresenta un deterrente per lo sviluppo di cooperative. «Anzi, possono rappresentare una buona alternativa. Ci sono tanti edifici che rischiano di rimanere vuoti a lungo. Anziché vendere, la proprietà potrebbe dare il diritto di superficie ad una cooperativa. Gli inquilini trasformarsi in soci che con la loro quota coprono sia l’affitto alla proprietà sia le spese tra cui quelle di risanamento. Tra l’altro, oltre al capitale proprio iniziale dei soci, la cooperativa può attingere a determinate condizioni ad un fondo di rotazione delle Confederazione. La proprietà da parte sua avrà un’entrata fissa per diversi decenni (i contratti di superficie durano fino a 99 anni, ndr), risolvendo sia il problema dello sfitto sia delle uscite straordinarie per risanare».

Le esperienze di due ticinesi

Pur vantando una tradizione secolare, le cooperative di abitazione anche nel resto della Svizzera non sono conosciute proprio da tutti. Chi ha sperimentato questo modo di abitare tuttavia, solitamente ne parla con entusiasmo e sfata anche alcuni miti. Ad esempio, vivere in una cooperativa non vuole dire stravolgere le proprie relazioni sociali e rinunciare a indipendenza e stanze moderne. «Quella in cui abito io con mio marito è un normalissimo condominio», ci racconta Cristina, una ticinese cresciuta a Mendrisio ma che da alcuni anni si è spostata a Ginevra per lavoro. «La nostra cooperativa ha palazzi a Berna e Ginevra. Da noi non ci sono spazi comuni, quindi i rapporti coi vicini dipendono semplicemente dalle simpatie reciproche». Cristina ci spiega di avere sentito parlare delle cooperative da amici, in un momento in cui il marito cercava lavoro. E si sa, Ginevra non è una città proprio a buon mercato. «Il vantaggio economico è innegabile, per 50 metri quadri in pieno centro paghiamo 1.000 franchi al mese. In più, dato che gli affitti vengono reinvestiti continuamente nelle migliorie, il nostro appartamento è completamente rinnovato. Gli svantaggi? Bisogna aver fortuna e un minimo di spirito di adattamento». «Noi ad esempio dopo la candidatura abbiamo dovuto aspettare solo sei mesi prima di entrare. Non abbiamo neppure dovuto fare colloqui ‘collettivi’ di presentazione, quindi penso che tra i criteri abbiano considerato il reddito e il fatto che già prima vivevamo qui, infatti molte cooperative preferiscono aiutare gli abitanti indigeni. In più siamo capitati al 5. piano con vista lago, ma quando si fa la domanda non si possono esprimere preferenze». Per razionalizzare gli spazi le cooperative assegnano gli appartamenti in base al numero di persone che ci abitano, quindi altra restrizione in flessibilità. Al contempo gli spazi comuni spesso includono dei monolocali riservati agli ospiti dei soci, che quando sono vuoti possono essere affittati a degli esterni. Alcune cooperative vanno ancora oltre: la Kalkbreite di Zurigo ad esempio, affitta anche sale per riunioni fino a 45 mq. «Anch’io ne ho sentito parlare per caso - ci racconta Filippo, un altro ticinese che vive a Losanna con la famiglia -. La città sta riqualificando un’intera zona in eco-quartiere e ha dato un terreno in diritto di superficie, a uno studio di architettura che ha presentato un progetto di cooperativa sostenibile. Cercavano soci e l’idea mi ha subito intrigato. In più volevo vivere in città, ma la famiglia si allarga e i prezzi per abitare sono molto alti». La cooperativa, ci spiega Filippo, è ancora in fase di costruzione e sarà pronta tra un anno circa: i soci hanno quindi modo di esprimere preferenze in termini di finiture e spazi comuni. E che spazi comuni: una sala concerti e proiezioni da 300 persone, terrazza al 5. piano con barbeque e attrezzatura da grottino, atelier del bricolage, minibar, biblioteca, pianoforte all’ingresso...Il tutto per 2.000 franchi di affitto in un 4,5 locali. Ma chi andrà ad abitarci? «Saremo in un’ottantina di famiglie. Ci sono tutte le età, dagli studenti agli anziani, anche se la maggior parte hanno tra i 30 e i 50 anni. C’è anche un buon mix a livello sociale: dalla classe medio alta (stile radical chic) ma anche i ceti meno abbienti, a cui è riservato il 10% degli appartamenti». «Non mi stupisce che il Ticino sia restio - commenta-: gli amici strabuzzano gli occhi all’idea di condividere uno spazio con qualcuno, pensano subito allo svizzero tedesco che ti obbliga a usare la fossa chimica. È vero che ci sono cooperative molto più alternative di questa. Ma alla fine il concetto è sempre quello: cioè devi essere convinto, che si può vivere bene anche staccandosi dalle logiche della speculazione».

A Castione sono al vaglio delle autorità

Addio Officine FFS, benvenute cooperative di abitazione intergenerazionali. A Bellinzona dal 2026 il comparto che da oltre un secolo ospita lo stabilimento industriale cambierà completamente pelle. Niente più locomotive da revisionare o carrozze da verniciare. Il futuro quartiere sarà il fiore all’occhiello della Città. E garantirà, almeno questa è l’idea del Municipio, su parte dei terreni che le Ferrovie cederanno al Comune, un modo di abitare che in Ticino è ancora raro ma che Oltralpe è già realtà da un pezzo. «In effetti fra i contenuti che vorremmo veder edificati ci sono anche le cooperative o, in alternativa, delle abitazioni a pigione moderata per le fasce più deboli della popolazione», afferma il capodicastero Territorio e mobilità Simone Gianini, il quale sta seguendo da vicino il dossier legato all’area che si libererà dopo il trasferimento del sito produttivo a Castione. Attenzione: non si tratterà di qualcosa di alternativo, ma di un progetto che si vuole improntato sulla socialità per una Turrita che vuole diventare sempre più a misura di cittadino. «Sarebbe bello se anche le FFS decidessero di realizzare qualcosa di simile sui fondi che resteranno di loro proprietà, ma questa è ovviamente una decisione che compete all’ex regia federale», aggiunge il nostro interlocutore. Il Municipio bellinzonese da oltre un anno è in contatto con l’architetto Monique Bosco-Von Allmen, presidente dell’associazione ticinese delle Cooperative di abitazione (si veda il pezzo principale), la quale ha presentato i vantaggi di quel modo di intendere l’alloggio. All’Esecutivo piace ed è convinto che si tratti di un tassello che ben si inserisce nel mosaico in via di definizione. Entro la primavera 2020, quando sarà nota la pianificazione urbanistica dopo il mandato di studio in parallelo, si avrà una visione più chiara del volto che assumerà l’area di quasi 120.000 metri quadrati a ridosso della stazione e del centro. Fra i contenuti previsti dall’ente pubblico figurano quelli residenziali, amministrativi e formativi nonché il parco dell’innovazione. Mentre le FFS, come abbiamo riferito nelle scorse settimane, ricaveranno spazio per abitazioni, commerci di prossimità, alberghi e ristoranti.