«Per il bene delle istituzioni ora Gobbi ritiri la proposta»

Con il trascorrere dei giorni e di fronte a una polemica politica che non tende ad attenuarsi, vien da chiedersi con sempre maggiore insistenza «che cosa accadrà ora?». Negli ultimi giorni della questione si sono occupate due delle trasmissioni d’approfondimento politico, «La domenica del Corriere» su Teleticino e, questa sera, «60 minuti» alla RSI. Diverse le voci e le valutazioni emerse, con una costante: la Lega, con l’arrocco dipartimentale tra Norman Gobbi e Claudio Zali presentato come cosa fatta, è rimasta sola nel fortino a difendersi, con tutto l’arco istituzionale che, con più o meno forza, ha criticato i leghisti protagonisti.
Questa sera, ad alzare il tiro è stato il PS con il copresidente Fabrizio Sirica che, senza giri di parole, ha chiesto a Gobbi di ritirare la proposta. «Il discorso è molto semplice – ha spiegato da noi raggiunto al telefono – Gobbi è innanzitutto presidente del Governo. Ha il compito di coordinare i lavori nell’interesse del gremio Esecutivo. Se le scuse di aver rotto la collegialità sono minimamente sincere, se ha un minimo a cuore le Istituzioni, chiuda immediatamente questa triste pagina e consenta alla politica ticinese di voltare pagina ed occuparsi delle vere priorità. Questo può farlo immediatamente. Può e deve farlo lui, ritirando la proposta. È del tutto evidente, a maggior ragione dopo la lettera dei partiti, che qualsiasi altra decisione sarebbe fioriera di nuove tensioni. Non solo totalmente inutili, ma pure dannose».
Durante la trasmissione «60 minuti», Sirica ha in effetti chiarito che a questo punto «la via d’uscita è una e una sola: lancio un appello a Gobbi; per il bene delle istituzioni ritiri la proposta, e andiamo avanti. Tutto il resto è un ‘bla bla’ che non fa bene a nessuno». A rispondere, nello studio della RSI, è stato il deputato leghista Alessandro Mazzoleni: «Il danno lo sta facendo la politica» con questo «processo alle intenzioni» e, soprattutto, «non soffermandosi sulla reale proposta che c’è sul piatto». Se, ha concesso Mazzoleni, «le modalità comunicative non sono piaciute a nessuno», occorre capire che «il bene del Ticino non è vincere la battaglia nel tirare le orecchie a Gobbi e Zali, ma trovare soluzioni affinché il Consiglio di Stato possa tirare in goal», uscendo dalle dinamiche «del Governo stanco e del Governo del Mulino bianco».
Posizione che non ha ovviamente convinto i presenti. Il presidente del Centro, Fiorenzo Dadò, è tornato a parlare di arrocco voluto come «tentativo di camuffare un fallimento proprio» e di una Lega, più in generale, che in questi anni ha fatto «tutto il contrario» rispetto ai motivi per cui è nato e cresciuto il movimento di Giuliano Bignasca. Il presidente del PLR, Alessandro Speziali, ha invece parlato di «grosso errore, che potremmo definire grave e irrispettoso, e che mette il Governo in seria difficoltà». In questo senso ha auspicato che il problema venga risolto «il prima possibile». Chiamata a esprimersi sui rapporti tra UDC e Lega, la deputata democentrista Roberta Soldati ha invece evidenziato che «far parte di un’alleanza non significa ratificare tutto e stare zitti», aggiungendo poi che, «se il problema è il dipartimentalismo, non è con uno scambio di dipartimenti che si risolve la questione». Una linea molto critica è stata ribadita anche dalla deputata di Avanti con T&L, Amalia Mirante, secondo cui l’arrocco rappresenta «il fallimento dell’intera squadra di Governo» che, in sintesi, non sta risolvendo i problemi dei ticinesi. Più volte, Mazzoleni ha quindi ribadito che la proposta è stata fatta dai due «ministri» proprio per ridare slancio ai dossier, e dunque risolvere i problemi dei cittadini.
A La domenica del Corriere
Sempre sullo stesso tema, il giorno precedente la trasmissione «La domenica del Corriere» ha invece ospitato i capogruppo Boris Bignasca (Lega), Maurizio Agustoni (Centro), Matteo Quadranti (PLR), Ivo Durisch (PS), Matteo Buzzi (Verdi) e il deputato dell’UDC Alain Bühler.
Bignasca, rimasto sostanzialmente silente fino a domenica, ha rilevato «l’eccesso mediatico e dei partiti» sull’intera vicenda. «È ormai la campagna elettorale del 2027 con attivissimi persone e gruppi interessati a entrare in Governo. Era da tempo che Lega non era sotto un fuoco di fila, da parte di tutti. Mancano forse solo Helvethica e Più donne». Bignasca ha quindi aggiunto che un tempo, quando «la Lega veniva attaccata era forte, mentre oggi ha il 15% delle preferenze. Mi sembra eccessivo che tutti si adoperino con questa veemenza. Nemmeno fosse un genocidio». Piccata la risposta di Bühler: «Non c’è strategia da parte nostra, l’unico arrocco che interessa ai ticinesi è quello dei risultati. Bisognerebbe semmai iniziare a governare. Sento poi che si parla di dinamismo. È semplice: bastava portare a casa qualche dossier. È ora di fare gli interessi dei ticinesi, e non lo si fa con questo scambio di dipartimenti. Cambiare stanza nella stessa casa non significa rinnovare, è solo spostare polvere». E l’alleanza Lega-UDC? Ha chiesto il moderatore Gianni Righinetti: «L’alleanza respira ancora? – ha replicato Bühler - sì, ma molto male. Abbiamo un problema con Zali, lui ce l’ha con noi e noi non possiamo sostenerlo». Per Bignasca, invece, «l’alleanza respira ancora per permettere all’UDC di prenderci a bastonate: l’unico arrocco che interessa l’UDC è far entrare marchesi in Governo al posto di Zali». Il botta e risposta è terminato con l’UDC: «È ovvio che il nostro obiettivo sia entrare in Governo. Noi sosterremmo tutti i nominativi in lista anche della Lega, ma non Zali. Ribadisco che Zali è lontano dall’UDC e, mi pare, anche dalla Lega».
Dal canto suo Agustoni ha ricordato che il presidente e il vice del Consiglio di Stato «hanno annunciato al terzo potere dello Stato uno scambio di dipartimenti senza l’avvallo del Governo. È stato un problema creato all’interno del Consiglio di Stato e tocca quindi al Governo stesso risolverlo». E sulla posizione del Centro ha detto: «È chiara, cambiare guida di due dipartimenti a poco più di un anno dalle elezioni non ha nessun senso. È una pura operazione elettorale che deve chiudersi molto velocemente». Buzzi ha invece parlato di un «passo falso» e «di una goffa mossa elettorale per nascondere fallimenti», mentre Quadranti ha ipotizzato un’altra soluzione per il Governo, con «una ridistribuzione più allargata dei dipartimenti: un esercizio nel quale tutti discutono e valutano, secondo un interesse condiviso». E Durisch, infine, ha ribadito la posizione netta del PS: «È stata arroganza pura e la situazione ora è deteriorata. Non ci saranno i numeri per un 3-2, lo escludo». Resta dunque la domanda: «Che cosa accadrà ora?». Sul futuro, però, Bignasca non ha voluto sbilanciarsi: «Non faccio previsioni».