Perché la «nuova» strategia di Washington obbliga pure l'Europa a cambiare

Stati Uniti contro Europa. La visione dell’amministrazione repubblicana che, da un anno, è tornata a governare la Casa Bianca, è chiara. Limpida. E, adesso, anche formalmente descritta e riepilogata nell’annuale National Security Strategy (NSS), pubblicata qualche giorno fa sul portale presidenziale. Un documento che Andrea Romano, associato di Storia contemporanea all’Università Tor Vergata di Roma, invita tuttavia ad analizzare in modo più articolato.
«Quando ho letto che l’Europa dev’essere cancellata, ho pensato: “In bocca al lupo” - dice Romano al Corriere del Ticino - Non c’è riuscito Hitler, non c’è riuscito Stalin. Non ci riuscirà certamente Donald Trump. Al di là della battuta, la NSS non mi indigna né mi sorprende. È più un documento di partito che non governativo. Alcuni passaggi sembrano presi da uno dei tanti interventi del mondo MAGA (Make America Great Again, ndr). Torna alla mente il discorso del febbraio scorso, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, del vicepresidente JD Vance, del quale si sente forte l’impronta. Certo, trovare determinate affermazioni in un documento che si intitola “Strategia nazionale degli Stati Uniti” può fare impressione. Ma non dovrebbe. Perché è da tempo che il movimento MAGA ha questa impostazione sull’Europa. Nel 2016, dopo il referendum sulla Brexit, Trump andò a visitare la Gran Bretagna e a rendere omaggio a Nigel Farage. Insomma, nessuna vera novità, sono posizioni note».
Lo sganciamento degli USA dall’Europa, riflette ancora Romano, «non è nemmeno iniziato con Trump. È un fenomeno storico ormai consolidato da almeno una quindicina d’anni, e ha caratterizzato anche le amministrazioni democratiche». C’è da riflettere, semmai, sulla «convergenza di fatto, a proposito di Europa, tra la posizione di Vladimir Putin e la posizione di Trump. Io ripeto spesso che l’attacco all’Ucraina è stato ed è un attacco all’Europa: la retorica del Cremlino è tutta indirizzata contro l’Europa e l’espressione utilizzata qualche giorno fa da Elon Musk, secondo cui l’Europa è un soggetto totalitario, è la stessa ripetuta dai putiniani russi in più occasioni. Penso, ad esempio, a un documento dell’SVR (Služba Vnešnej Razvedki, l’intelligence di controspionaggio del Cremlino, ndr) che definì, nell’aprile scorso, “euro-fascista” sia l’Europa sia il progetto europeo».
La missione è finita
Se davvero nulla c’è di nuovo sotto il sole, spiega ancora lo storico toscano, «è altrettanto vero che l’Europa non ha più scuse: deve mettere subito in campo una strategia autonoma sul piano della sicurezza. E continuare a dialogare con l’amministrazione americana. Chiaramente, l’Europa non può avere un conflitto aperto con la Casa Bianca, ma deve sapere che le elezioni di midterm dell’anno prossimo potrebbero essere un passaggio decisivo. Se Trump dovesse subire una sconfitta importante al Congresso, gli equilibri cambierebbero. Anche se non torneremo al bel tempo antico dell’impegno statunitense per la democrazia in Europa: questa cosa, purtroppo, temo sia tramontata per sempre».
Anche Andrea Romano, così come altri storici e studiosi di relazioni internazionali, sembra essere convinto della coesistenza, ormai, di almeno due Occidenti. Del tramonto, cioè, dell’idea di Occidente come sistema di difesa della democrazia liberale.
«Questa missione è terminata da molto tempo, nel 1991, con la dissoluzione del blocco sovietico che era l’interlocutore ostile dell’Occidente. Io credo che proprio allora l’Europa abbia commesso l’errore di non avviare una fase di maggiore autonomia politica. Chi si ricorda l’ottimismo sfrenato dei primi anni ’90, oggi sorride un po’ amaramente: la convinzione era che, ottenuta la vittoria sul comunismo, ci fosse soltanto da aspettarsi il meglio dal futuro. Invece, naturalmente, il meglio non c’è stato. L’Occidente storico è finito nel 1991. Oggi Donald Trump è l’espressione di una posizione affatto riconducibile all’Occidente. L’obiettivo di difendere lo spazio europeo come spazio di civiltà, di democrazia e di libertà è un obiettivo soltanto nostro e della Gran Bretagna. Ed è giusto provvedervi autonomamente. Per questo io vedo davvero Trump come un nemico dell’Occidente». Un nemico che però, paradossalmente, sta anche aiutando l’Europa. A cambiare. «È una cura molto dolorosa, e assolutamente pericolosissima. Ma è l’elemento che ci sta costringendo alla trasformazione».
Vassalli di Pechino
L’ultima riflessione di Andrea Romano, che è tra i più acuti studiosi italiani di storia russa, è proprio sul rapporto tra l’Europa e la Mosca di Putin.
«Una delle grandi falsità di Putin è che l’URSS sia finita per colpa dell’Occidente. Sappiamo tutti, invece, che è collassata da sola, essendo un sistema incapace di andare avanti. Di fronte al collasso sovietico, noi abbiamo fatto benissimo ad aiutare la Russia e a sostenerla. Ma abbiamo sbagliato a non accompagnare l’impegno economico e politico a sostegno della transizione di mercato con un impegno a sostegno dello Stato di diritto. Nulla è stato fatto affinché la Russia potesse dotarsi di quel set di regole che costituiscono la sostanza della democrazia: regole e istituzioni che avrebbero potuto aiutare la transizione post-sovietica. E forse, aggiungo, rendere più complicata l’affermazione del putinismo. Io non ho mai creduto e non credo che esista un’idea russa, una missione teosofica russa, votata all’opposizione all’Europa. Sono fantasie pseudo-filosofiche. La Russia ha una posizione di politica estera diversa di volta in volta a seconda dei gruppi dirigenti che la governano. E l’attuale gruppo dirigente, ormai da tempo, ha fatto una scelta antieuropea. Una scelta politica, non una scelta legata all’anima russa. Penso e spero sempre, anche da studioso della Russia, che ci sia a un certo punto un rientro di Mosca non in Occidente ma in Europa. Oggi la Russia è diventata un vassallo della Cina di Xi Jinping; una delle catastrofi aggiuntive di Putin contro il proprio Paese è stata averlo trasformato in un servo di Pechino, oltre ad averlo allontanato dall’Europa».
