Società

Perché TikTok fa così paura

Il Congresso americano ha imposto la vendita o il blocco del social network cinese motivando la decisione con argomenti di sicurezza nazionale – La decisione arriva dopo un processo di accerchiamento che s’inserisce in un confronto a distanza con la Cina
©MICHAEL REYNOLDS
Francesco Pellegrinelli
26.04.2024 06:00

Perché TikTok fa così paura? Mercoledì il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato un disegno di legge che dà nove mesi di tempo alla società cinese ByteDance per vendere il social network TikTok e tutte le tecnologie a esso correlate, come il suo prezioso algoritmo, noto per la capacità di personalizzare e raccomandare contenuti in modo altamente efficace, basandosi sul comportamento degli utenti. Nel caso in cui le attività statunitensi di TikTok non venissero cedute, il social network cinese sarebbe bandito dal suolo americano.

Parallelamente, anche la Commissione europea, negli scorsi giorni, ha comunicato l’intenzione di sospendere il programma a premi di TikTok Lite, in attesa di una valutazione sulla sua sicurezza. Attualmente disponibile in Francia e Spagna, la funzione «Lite» ha come obiettivo di far trascorrere più tempo sulla piattaforma con un sistema a premi: buoni Amazon, carte regalo PayPal, ecc. «Sospettiamo che la versione TikTok Lite sia tossica e crei dipendenza, in particolare per i bambini. A meno che TikTok non fornisca prove convincenti di sicurezza, cosa che finora non è riuscita a fare, siamo pronti a sospendere il programma a premi», ha dichiarato il commissario UE al Mercato interno Thierry Breton. Lo stop alla funzione Lite potrebbe arrivare già nei prossimi giorni.

Stati Uniti e Unione europea, dunque, si allineano attorno a una strategia di "accerchiamento atlantico" - verrebbe da dire - che in realtà prosegue da tempo. Il disegno di legge USA è solo l’ultimo tassello di una progressiva azione politica di contenimento. Un anno fa era il Governo britannico del conservatore Rishi Sunak a vietare l’uso del social network dagli smartphone usati per il lavoro dei funzionari pubblici. Il Regno Unito seguiva così l’esempio della Commissione UE e di gran parte dei 52 Stati federali degli USA.

Dal canto suo, la società cinese ha già annunciato l’intenzione di contestare la legge in sede legale, facendo leva - ironia della sorte - sul Primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti che garantisce la libertà di religione e di parola. Lo stop metterebbe infatti il bavaglio a 170 milioni di americani iscritti al canale. Una «legge anticostituzionale», dunque, che stando alla presa di posizione di ByteDance danneggerebbe anche 7 milioni di imprese americane con effetti economici evidenti: nel 2023, TikTok - il cui valore secondo una stima del Financial Times potrebbe aggirarsi attorno a 180 miliardi di dollari - ha contribuito all’economia americana con 24 miliardi di dollari.

Il cuore non si vende

Al netto della battaglia legale che verosimilmente farà slittare il termine imposto per la vendita, sarà pure interessante capire quanto sia realmente possibile dividere TikTok in due attività, una per gli Stati Uniti e una per il resto del mondo, senza «distruggere» l’applicazione. E ciò tenuto conto che l’algoritmo non è in vendita. L’anno scorso la Cina ha infatti dichiarato che la vendita di TikTok è soggetta all’approvazione del Governo, poiché l’algoritmo rientra nelle norme sul controllo delle esportazioni. Gli acquirenti potrebbero quindi dover fare un’offerta per TikTok senza l’algoritmo e installare un proprio sistema.

Sapere è potere

A motivare l’azione del Senato USA vi sarebbero questioni di sicurezza nazionale. La vicenda si inserisce nel confronto a distanza tra Stati Uniti e Cina per il controllo e l’innovazione del settore tecnologico, un ambito sempre più cruciale per la leadership politica presente e futura. Il timore condiviso da Stati Uniti e Europa è che il Governo cinese possa controllare i dati di milioni di utenti, manipolandoli a fini politici e di propaganda. Ipotesi smentita ancora una volta mercoledì da Pechino per bocca del ministro degli Esteri. Ma, di nuovo: perché questa paura?

La legge sulla sicurezza nazionale cinese del 2017 impone alle aziende cinesi di collaborare con Pechino e le agenzie di sicurezza nazionale. Su richiesta del Governo cinese, ByteDance potrebbe quindi essere costretta a fornire i dati degli utenti, anche se TikTok al momento ha negato di averlo fatto.

Un primo livello di rischio sarebbe costituito dalla raccolta di informazioni personali come nome, età, posizione, interessi e attività di navigazione degli utenti. Un secondo livello di rischio toccherebbe aspetti legati alla sicurezza informatica. In questo caso, i timori sarebbero legati alla possibilità di impiegare TikTok come vettore per attacchi informatici o per raccogliere informazioni sensibili sui dispositivi stessi. Più in generale, la possibilità di influire sulla popolazione americana attraverso l’algoritmo e quindi suggerendo un certo tipo di contenuto, solleva una serie di interrogativi sulla manipolazione mediatica. Quanto basta, insomma, per appellarsi al tema della sicurezza nazionale. Ma al di là delle smentite e delle rassicurazioni fornite dalla società cinese, la questione si pone. Almeno, stando alle motivazioni del Senato americano.

Un like non è un voto, ma la destra posta di più

Intanto, però, la «tiktokenizzazione» del mondo procede spedita. La piattaforma cinese arrivata in Europa nel 2016 con un intento prettamente ludico ha ormai pervaso anche l’ambito della comunicazione politica. Come rivelato dal portale Politico.eu, con l’inizio della campagna elettorale per le Elezioni europee, il numero di parlamentari e candidati che affidano il proprio messaggio al canale è in aumento. Quando si tratta di raggiungere e corteggiare i 142 milioni di elettori che utilizzano l’app in Europa, TikTok diventa un pratico strumento di propaganda. Ad approfittarne maggiormente, secondo la testata giornalistica statunitense, sarebbero soprattutto i politici di destra, più abili in questo tipo di comunicazione. È il caso, per esempio, del 28.enne Jordan Bardella, astro nascente della politica francese e presidente del Rassemblement National, che in meno di tre anni ha collezionato oltre un milione di follower sull’app cinese. Parlando direttamente a una generazione di giovani attraverso messaggi semplici e comprensibili, Bardella posa con dolcevita attillati mentre gioca a un videogioco o sorseggia un pastis.

Secondo Politico.eu, rispetto agli altri parlamentari dell’Unione europea, i membri del gruppo di destra «Identità e Democrazia» postano circa il 35 % in più su TikTok e ricevono molti più like. Gli utenti appartengono principalmente alla fascia di età tra 18 e 24 anni. Con quali conseguenze per le prossime Europee? Difficile dirlo. Intanto, però, i sondaggi vedono i partiti di destra guadagnare seggi. Una cosa è certa: i voti dei giovani vanno cercati dove questi si trovano, ossia sui social media. In Francia, più di un osservatore, ormai, ha messo in evidenza l’avanzata della destra sui social media. Un like non è un voto, ma può essere un segnale significativo di approvazione o supporto: il seme di una certa idea.

L’algoritmo tiene conto di come gli utenti interagiscono con i video, ad esempio facendo like, commentando, condividendo o salvando. Queste interazioni vengono utilizzate per valutare l’interesse degli utenti e personalizzare i contenuti in base alle loro preferenze. TikTok tiene conto del tempo trascorso dagli utenti a guardare un video. I video che vengono visualizzati per più tempo sono considerati più interessanti e hanno maggiori probabilità di essere raccomandati ad altri utenti. TikTok considera anche la posizione geografica e la lingua degli utenti per offrire contenuti pertinenti alla regione e alle preferenze linguistiche.
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