L'intervista

Pianificazione e zone edificabili: «Calma e gesso, siamo flessibili»

Il direttore del DT Claudio Zali risponde a una lunga serie di domande sul delicato tema del riordino del Piano regolatore nei comuni
©Chiara Zocchetti
Francesco Pellegrinelli
19.04.2024 06:00

Entro il 19 ottobre 2024 i Comuni ticinesi dovranno mettere mano al proprio piano regolatore e ridefinire le zone edificabili in modo da soddisfare il fabbisogno prevedibile per 15 anni. Eventuali esuberi andranno poi ridotti. Il principio, sancito dalla legge federale sulla pianificazione del territorio (LPT) votato dal popolo nel 2013, sta creando qualche preoccupazione tra i Comuni e i proprietari. Ne parliamo con il direttore del Dipartimento del Territorio, Claudio Zali.

Consigliere di Stato, quanti Comuni hanno già svolto e inviato al Dipartimento la documentazione sul proprio Piano regolatore (PR)?
«Grossomodo la metà dei Comuni si è attivata per svolgere questo compito. A oggi sono stati trasmessi 54 compendi dello stato dell’urbanizzazione, ossia la fotografia dell’uso del territorio edificabile e la quantificazione delle riserve disponibili a 15 anni. Di questi, 23 Comuni hanno pure trasmesso il calcolo del dimensionamento del Piano regolatore (PR), ossia il calcolo che porta a concludere se vi è sovradimensionamento o meno».

Di questi 23, quindi, quanti sono sovradimensionati e in che modo?
«L’esame complessivo è in corso ed i Comuni interessati non hanno ancora ricevuto l’esito dello stesso».

La questione degli indennizzi però continua a preoccupare diversi Comuni, che temono di dover pagare ingenti somme. Il Dipartimento come si pone di fronte a questa eventualità? Condivide le preoccupazioni o ritiene che, tutto sommato, i casi di esubero di zone edificabili saranno contenuti?
«Premesso che non possiamo conoscere il risultato finale prima che l’esercizio sia ultimato, il Cantone ha comunque recepito la preoccupazione dei Comuni, accollandosi la metà del costo di eventuali indennizzi riconosciuti da un Tribunale competente, e stanziando un importo di base di 5 milioni su un fondo apposito per sostenere questa spesa. È chiaro che l’entità degli indennizzi dipenderà da quanti Comuni saranno sovradimensionati e da quanti di questi sovradimensionamenti dovranno essere realmente indennizzati».

Riduzione massiccia di zone edificabili? Non sarà così tragico

I timori, ventilati da più parti, riguardanti una riduzione massiccia di zone edificabili sono fondati?
«Non penso che sarà così tragico. Alla fine, questo esercizio porterà a codificare quello che potevamo già intuitivamente immaginare all’inizio, ossia che ci sono Comuni che effettivamente hanno problemi di esubero di riserve edificabili, e altri Comuni che sono in linea con lo sviluppo demografico. Detto altrimenti: ci saranno Comuni con un piano regolatore con riserve edificabili un po’ abbondanti, ma ancora accettabili, e altri manifestamente sovradimensionati. Questi dovranno prendere provvedimenti. Con una premessa: tanto maggiore è la possibilità che un Piano regolatore sia sovradimensionato, tanto maggiore è la possibilità che si sia in presenza di terreni edificabili che non rispondevano legalmente alle condizioni per essere considerati tali. Quindi, non indennizzabili in caso di mancata conferma della loro edificabilità».

Che cosa si sente di dire, però, al proprietario che potrebbe ritrovarsi con il cerino in mano, ossia con un terreno, comprato come edificabile e non più costruibile?
«I Comuni sapranno discernere dove intervenire e dove no. È plausibile ipotizzare che i grandi appezzamenti ex agricoli, rimasti inalterati nel tempo e resi edificabili in passato, siano tra i primi a essere declassati, anziché i terreni acquistati con sacrificio da singole famiglie».

Ritiene che i costi dell’intera operazione siano sopportabili per gli Enti e per il Cantone? Chi dovrà accollarsi i costi?
«Il Governo si è impegnato a sostenere i Comuni per una quota parte del 50%. Sull’entità complessiva, come detto, al momento è prematuro esprimersi. Credo tuttavia che i costi per le indennità espropriative vadano relativizzati, tenuto conto che i Comuni non dovranno sistematicamente ridurre le zone edificabili. Inoltre, la giurisprudenza in materia è sufficientemente chiara».

Ossia?
«Per semplificare parlo sempre di “vero terreno edificabile” e “finto terreno edificabile”. Il vero terreno edificabile è quello previsto da un piano regolatore che è conforme alle prospettive di sviluppo per i prossimi 15 anni ed urbanizzato in questo lasso di tempo. In questo caso, il terreno edificabile che viene dezonato, deve essere, di regola, indennizzato; sempre che il proprietario abbia intrapreso dei passi concreti per edificare, ovvero sopportando delle spese a tal fine. Diversamente, è il caso del “falso terreno edificabile”, ossia quello ricevuto in un contesto di palese sovradimensionamento rispetto alle prognosi di crescita. Pensiamo a un terreno inserito nel PR da 15-30 anni in una zona edificabile non conforme alla legge (perché eccessiva rispetto alle prospettive di sviluppo del Comune), in posizione marginale, ancora oggi senza canalizzazioni o strade di accesso. Questo terreno, edificabile solo sulla carta, non è meritevole di indennizzo in caso di declassamento».

Questo tema ci accompagnerà per il prossimo decennio

Il Dipartimento non teme una valanga di richieste di indennizzo e, successivamente, di ricorsi?
«Mi permetto un moderato ottimismo. Il saldo migratorio del 2023 smentisce le previsioni negative che Berna ha voluto applicarci. Per cui, il problema rischia di sgonfiarsi e comunque attenuarsi da solo. Le previsioni demografiche negative della Confederazione non sembrano trovare riscontro nella realtà. Insomma, non ho la sensazione che il Ticino si stia spopolando».

Di fatto, però, i Comuni al momento devono ancora fare i calcoli con le prognosi di crescita negative della Confederazione.
«È vero. Mi auguro però che queste stime vengano ora riviste. Sarebbe infatti surreale fare un esercizio che non corrisponde alla realtà. Per questo, siamo in contatto con la Confederazione. Abbiamo manifestato la nostra contrarietà più volte e continueremo a farlo. Intanto, non è ancora stato dezonato e risarcito nulla».

Non sembra preoccupato.
«Dobbiamo immaginare questo tema come un tormentone che ci accompagnerà per il prossimo decennio. Non si tratta di sottovalutare il problema ma di ridimensionarlo in un’ottica temporale lunga. Di certo, non è un tema che risolveremo nel primo semestre del 2024».

l fondo cantonale di 5 milioni per i risarcimenti sarà sufficiente? Alcuni Comuni hanno già sollevato dubbi al riguardo.
«La somma di 5 milioni è solo la cifra stanziata affinché il fondo possa avere un importo minimo di riferimento da cui partire. Se c’è un obbligo legale del Cantone, introdotto con il cambiamento della legge, le risorse andranno trovate».

Alcuni Comuni, tra cui le principali città, hanno già svolto e inviato al Dipartimento il calcolo del dimensionamento del PR, utilizzando tuttavia le prognosi di crescita indicate dal Gran Consiglio nel Piano direttore cantonale votato nel 2021. In realtà - sappiamo - Berna ha imposto nuovi parametri al Ticino, rivedendo al ribasso le prognosi di crescita. Il Dipartimento ha intenzione di chiedere agli Enti un riesame, aggiornando i dati con i nuovi parametri?
«No, non vogliamo far rifare i calcoli ai Comuni. Terremo conto noi dei nuovi scenari imposti da Berna. Per verificare l’attendibilità dei risultati, correggeremo noi le prognosi di crescita».

Le città aggregate sembrano meno toccate dal fenomeno, e questo in virtù della possibilità di un riordino delle potenzialità edificatorie nel loro insieme, attraverso un computo complessivo di tutti quartieri aggregati e attraverso una sorta di travaso delle potenzialità edificatorie da un quartiere all’altro. Condivide?
«Bellinzona e Lugano hanno la possibilità di fare un ragionamento su un territorio più vasto tenendo conto anche di ciò che hanno aggregato. Altre città, come Locarno, che non hanno fatto l’aggregazione, non avranno questa possibilità».

Flessibilità? Pensiamo di averla già garantita

I Comuni periferici più piccoli, non avendo questa possibilità, potrebbero essere maggiormente toccati dal fenomeno del sovradimensionamento di zone edificabili?
«Certo, ma per altri motivi, legati per esempio alla forte regressione demografica e alla bassa attrattività di queste località periferiche. Ad ogni modo, non andremo a colpire queste realtà marginali, dove eventuali esuberi di zone edificabili non sono riconducibili a speculazioni. La legge non è stata pensata per correggere la pianificazione in queste località».

Negli scorsi giorni è stata inoltrata una mozione urgente (Padlina Terraneo) che chiede di modificare il calcolo del dimensionamento del PR attraverso parametri più favorevoli, in modo che i Comuni possano disporre di zone edificabili più estese. È una via praticabile?
«Il sistema che abbiamo proposto noi, concede già margini di flessibilità ai Comuni nell’effettuazione del proprio calcolo. Ci sono già parametri che il Comune può calibrare. Abbiamo lasciato apposta questa competenza ai Comuni, così come una certa flessibilità dei parametri, per evitare di calare diktat da Bellinzona. Certo, si possono sempre proporre parametri differenti, ma furia di tirare l’elastico si rischia di non essere più in relazione con quanto chiede la Confederazione e a un certo punto l’elastico si spezza. Noi pensiamo di aver già garantito una certa flessibilità. Esamineremo comunque nel concreto quello che è stato proposto».

Sembra di capire, dalle sue parole, che non ci sarà nessuna caccia alle streghe...
«Il Consiglio di Stato, dal primo momento, ha detto “niente panico”. Abbiamo manifestato il nostro dissenso nei confronti di Berna, tutelando l’interesse di Comuni e cittadini affinché non si arrivi a un’ondata di dezonamenti o zone di pianificazione. Quindi, calma e gesso. C’è una situazione che richiederà anni per essere esaminata e risolta. Lo faremo. In definitiva, questo obbligo federale metterà in risalto le situazioni fuori norma che parzialmente già conosciamo. Per il resto, in caso di lievi sovradimensionamenti dovuti a visioni di sviluppo demografico divergenti, saremo flessibili».