Piante, esseri sensibili e intelligenti

Meno male che gli Ent, le gigantesche creature-albero in grado di pensare, muoversi e parlare, esistono solo nello straordinario universo letterario immaginato da J.R.R. Tolkien. Altrimenti, se le piante un giorno decidessero di fare i conti con noi umani, trovarsi faccia a faccia con burberi giganti del genere che dopo migliaia di anni di mite sopportazione avessero voglia di chiederci «vegetale a chi?» potrebbe non essere per nulla simpatico. Fantasie certo, anche se la scienza in questi anni sta radicalmente (qui è proprio il caso di dirlo) rielaborando il proprio approccio con il mondo vegetale. Che alberi, piante, fiori e affini siano affascinanti quanto fondamentali esseri viventi non è più una scoperta per nessuno. Ben diverso però è sostenere, come fa Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale (LINV) presso l?Università di Firenze nonché autore (con Alessandra Viola) del saggio Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale (Giunti, 2013) che le piante possono calcolare, scegliere, apprendere e persino memorizzare. Un libro sorprendente, che ha fatto del professor Mancuso una sorta di paladino a livello mondiale di questa rivalutazione dell?universo vegetale anche presso il grande pubblico dei non addetti ai lavori. Sfatando stereotipi e luoghi comuni, gli autori rivelano e dimostrano con un abile taglio divulgativo le insospettabili facoltà delle piante, silenziose e sottovalutate creature, indispensabili alla sopravvivenza dell?uomo fin dalla sua comparsa sulla Terra. Della loro intelligenza alternativa e del loro ruolo per il futuro sviluppo scientifico e tecnologico abbiamo parlato con Stefano Mancuso. Professore, il suo nome è stato inserito nel 2012 tra quelli delle venti personalità internazionali destinate a cambiarci la vita, e la neurobiologia vegetale è una disciplina molto seria che sta animando il dibattito scientifico in tutto il mondo eppure parlare di piante intelligenti di primo acchito provoca quasi sempre un sorrisetto ironico: perché la nostra cultura ha così poca considerazione del mondo vegetale? «Credo che il problema principale stia nella distanza che ci separa dalle piante. Nonostante l?uomo, fin dalla sua comparsa sul Pianeta, abbia vissuto con le piante, anzi grazie a loro direi, sono degli esseri così differenti dagli animali da essere quasi inconcepibili per noi. I tempi innanzitutto: normalmente tendiamo a ritenere che le piante siano esseri passivi, senza alcun tipo di comportamento. Niente di più falso: le piante si muovono moltissimo, ma con dei tempi diversi dai nostri. Basta velocizzare le immagini di un filmato (il contrario della moviola) per vedere dei comportamenti sofisticati ed evoluti. Ma ha poi importanza la velocità? Un colibrì batte le ali ad una velocità irraggiungibile per un uomo: questo li rende più attivi di noi? L?uomo è più passivo di un piccione, perché si muove più lentamente? Direi di no, eppure questo pregiudizio è sempre presente quando si parla di piante. Sarebbe ora di comprendere invece le loro straordinarie attività. Vuole un altro pregiudizio sulle piante? Diciamo che una persona è ?diventata un vegetale? quando ha perso ogni sua capacità sensoriale. Niente di più sbagliato. Davvero questa è una stupidaggine colossale: le piante sono incredibilmente più sensibili degli animali ed il motivo è facile da intuire: poiché le piante non possono spostarsi dal punto in cui sono nate, hanno un?unica possibilità di sopravvivere ai mutamenti dell?ambiente che li circonda. Non potendo scappare (la fuga è la risposta classica degli animali, uomini compresi, ai cambiamenti) hanno l?unica chance di sentire con grande anticipo ciò che nell?ambiente accade. Una grande sensibilità, appunto. Una singola radice è in grado di sentire continuativamente almeno 20 differenti parametri chimici e fisici e di aggiustare il proprio comportamento di conseguenza. Insomma toglietevi quel sorrisino di superiorità quando parlate delle piante: state sorridendo dei veri dominatori di questo pianeta». La questione dell?intelligenza vegetale tuttavia risale addirittura all?antica Grecia per poi passare da Linneo e da Darwin. Ce ne può riassumere le vicende per sommi capi? «Si fa in fretta. L?idea che le piante siano in realtà esseri molto più complessi di quanto non sembri a prima (superficiale) vista, ha sempre accompagnato l?uomo. Aristotele le aveva dotate di un?anima vegetativa. La più scarsa fra le anime, per capirci qualcosa che era legato soltanto al fatto che erano vive e potevano riprodursi. Nient?altro. Al contrario Democrito le considerava esseri sofisticati e attivi, soltanto diversi dagli animali. Purtroppo per le piante la visione di Aristotele prese il sopravvento e per millenni rimase immutata. Fino a Charles Darwin che aveva per le piante un vero e proprio debole...».