Pistorius, è l'ora dell'appello

PRETORIA - La vicenda Pistorius è tornata oggi in tribunale a Bloemfontein, capitale giudiziaria del Sudafrica, per l'appello voluto dal pubblico ministero che non ha mai accettato la condanna dell'atleta per omicidio colposo e vuole dimostrare che l'omicidio della fidanzata Reeva Steenkamp, il 14 febbraio 2013, fu volontario.
Una differenza, dal punto di vista giuridico, che avrebbe conseguenze decisamente pesanti per l'imputato: con l'omicidio colposo Pistorius è stato condannato a 5 anni e, dopo averne passato solo uno in carcere, è da un paio di settimane già agli arresti domiciliari, nella villa di uno zio a Pretoria. L'omicidio volontario invece prevede fino a 15 anni di reclusione ed è praticamente certo che, se i giudici decideranno in questo senso, il 29.enne campione dovrà tornare dietro le sbarre.
L'atleta paralimpico che ha fatto sognare il mondo per la sua forza di volontà e per le sue performance sportive con le gambe amputate sostituite da lame in fibra di carbonio, l'atleta che ha fatto inorridire tutti per aver ammazzato nel giorno di San Valentino con quattro colpi di pistola sparati attraverso la porta del bagno la fidanzata, famosa modella bella e simpatica, oggi davanti ai giudici non c'era. È rimasto a casa dello zio e ha seguito in televisione l'udienza d'appello voluta dall'accusa.
La Suprema corte d'appello del Sudafrica, formata da cinque giudici, ha varie opzioni a sua disposizione: potrebbe decidere che il processo venga rifatto, potrebbe respingere le richieste del pubblico ministero e lasciare le cose come stanno, oppure potrebbe essa stessa condannare Pistorius per omicidio volontario, con conseguente aumento di pena.
Gli avvocati difensori dell'atleta sudafricano avevano ottenuto l'omicidio colposo convincendo i giudici che l'uomo aveva sparato verso la porta del bagno avendo sentito dei rumori e credendo che un ladro si fosse introdotto nella sua casa e vi si fosse nascosto. Impossibile, avevano sostenuto, che Pistorius sapesse che invece in bagno c'era la sua fidanzata.
Ma secondo l'accusa quattro colpi di pistola non si sparano contro la porta di un locale relativamente piccolo senza la precisa volontà di uccidere. E che Pistorius sapesse oppure no che in bagno c'era la fidanzata, non cambia la sostanza dell'atto: qualcuno c'era e il campione lo voleva uccidere.
Uno degli avvocati difensori, di fronte alla nuova impostazione dell'accusa, ha detto che "questa volta" la difesa potrebbe perdere. E più ottimista rispetto al processo di primo grado è apparsa la madre di Reeva, June Steenkamp, anche oggi in aula pur non avendo interposto appello. "Sono qui - ha spiegato - per sostenere l'azione del procuratore Gerrie Nel".
Al termine dell'udienza durata diverse ore, i giudici hanno fatto sapere che non pronunceranno il verdetto oggi e che non c'è una data prefissata entro la quale esprimersi. Sperano, hanno comunque aggiunto, di far conoscere la loro decisione entro fine mese.