Polizia, sette agenti su dieci hanno già pensato di dimettersi

Come sta la Polizia cantonale? Non troppo bene. Perlomeno stando ai risultati del sondaggio tra gli agenti - promosso da OCST, VPOD e dalla sezione ticinese della Federazione svizzera funzionari di polizia -, i cui risultati sono stati presentati ieri sera in occasione di un’assemblea convocata dai sindacati. Sessantacinque domande suddivise in dieci temi chiave per sondare lo stato d’animo e le difficoltà che i poliziotti affrontano quotidianamente: dal clima di lavoro alla gestione del personale, passando per lo stato di salute e la formazione. E dal questionario - a cui hanno risposto in 345, per la maggior parte provenienti dalla Gendarmeria - emerge una situazione complicata.
Il clima di lavoro
Ma andiamo con ordine. Per quanto riguarda il clima lavorativo, le informazioni appaiono contrastanti, soprattutto tra il «gruppo» e l’«area». Nel primo, infatti, per l’80% degli agenti prevale un buon clima, mentre nel secondo è giudicato «neutro» dal 40%, e addirittura «negativo» dal 16%. Qualche ombra si nota anche nella gestione dei problemi, con il 40% dei gendarmi interpellati che lamenta una presa a carico dei problemi da parte dei superiori solo in casi rari, o solamente qualche volta (33%). Critico è anche il parere sul tempo a disposizione per svolgere i compiti: Uno su due, nella Gendarmeria, riferisce di non avere il tempo necessario per portare avanti le mansioni. Mentre nella Giudiziaria la situazione sembra essere leggermente migliore, con il 37% che sostiene di non avere tempo a sufficienza «qualche volta» e il 32% che riferisce di non averne «spesso». Quasi la metà (il 45%) ammette anche di sentirsi sotto pressione per via della mancanza di personale. Non a caso, la maggioranza ritiene anche sbilanciato l’equilibrio tra il numero di agenti operativi e i quadri. Per contro, un po’ tutti i reparti lamentano che il proprio lavoro viene riconosciuto solo «qualche volta». In particolare, il 66% non si sente valorizzato nel proprio ruolo e il 72% non ritiene di ricevere il giusto riconoscimento per il proprio impegno.
Nel sondaggio viene anche chiesto quali siano i punti di forza del reparto. La Gendarmeria, ad esempio, riferisce di apprezzare l’indipendenza, il gruppo e il fatto di poter aiutare le persone. Ma desidererebbe un maggiore riconoscimento, una retribuzione adeguata e più personale operativo. La Giudiziaria lamenta invece un carico eccessivo di lavoro, una gestione del personale inefficace, una burocrazia eccessiva e un ambiente di lavoro negativo. Per contro, vengono apprezzati l’autonomia e il lavoro in team, anche se sarebbe opportuno avere un maggiore riconoscimento e più personale inquirente. Anche lo Stato maggiore vorrebbe più risorse tecniche, ma anche più riconoscimento e una comunicazione più trasparente.
Il legame non basta
Al capitolo sulla motivazione del personale emerge uno dei dati più allarmanti: sette agenti su dieci riferiscono infatti di aver pensato di lasciare la Polizia cantonale, e il 25% sta cercando attivamente un altro lavoro. A trattenerli, viene spiegato, è il legame con i colleghi, con il Corpo di Polizia e la passione per il lavoro. Tuttavia, sulla decisione di restare pesa anche la mancanza di alternative. Sul fronte della conciliabilità lavoro e famiglia, solo il 20% si dichiara soddisfatto della politica aziendale, mentre uno su tre dice di non esserlo affatto. Chi lavora a turni ritiene inoltre che la pianificazione non tenga conto in maniera sufficiente degli impegni familiari. In questo senso, per migliorare la conciliabilità tra lavoro e vita privata vengono suggeriti alcuni spunti, come ad esempio una riduzione delle ore settimanali, più flessibilità, una turnistica migliore, e più personale.
Non proprio positivo anche quanto emerge sul fronte delle risorse umane e del supporto psicologico, con buona parte degli agenti che sostiene di aver vissuto situazioni traumatiche o di stress acuto nel contesto professionale. Quattro su dieci dicono pure di aver avuto problemi personali legati alla professione, anche se solo il 30% ha fatto capo alle risorse umane, il cui operato viene comunque giudicato negativo o molto negativo dal 62%, mentre solo il 38% lo considera positivamente.
Risorse insufficienti
Anche il carico di lavoro pesa parecchio: il 40% sostiene infatti (fatta eccezione per lo Stato maggiore) che non venga distribuito equamente all’interno dell’area, mentre le risorse operative sono considerate sufficienti solo dal 22% degli agenti che hanno risposto al questionario. Spesso, poi, il lavoro operativo viene ostacolato dalle procedure burocratiche, considerate eccessive. Tra i punti sondati, anche lo stato di salute psicofisica. Ebbene, sette su dieci sostengono di aver sofferto di disturbi del sonno, mentre la metà ammette di sentirsi spesso esausta o stanca dopo il lavoro. Il personale operativo, però, a differenza di quello amministrativo dice anche di non avere abbastanza tempo di recupero per gestire il carico di lavoro. Venendo alla formazione e alla crescita professionale, sono ritenuti utili i corsi di aggiornamento di lingue, condotta, informatica, gestione del personale. Infine, per quanto riguarda la comunicazione interna, gli agenti auspicano una maggiore trasparenza, una riduzione della burocrazia e un ascolto più attivo.

«Così proprio non va, serve avviare un tavolo di lavoro»
«Non può lasciare indifferenti quanto emerso dal sondaggio: occorre intervenire». Non usano giri di parole, il sindacalista Claudio Isabella, segretario del sindacato polizia OCST, e il presidente della Federazione Svizzera Funzionari di Polizia sezione Ticino, Ivan Cimbri, nel commentare le risposte giunte dagli agenti della Polizia cantonale al questionario. In generale, osserva Isabella, «ci preoccupa non poco il clima di lavoro, e il fatto che tre quarti degli agenti hanno già pensato di lasciare il Corpo, mentre addirittura un quarto sta cercando attivamente un’altra occupazione». Ciò dimostra che la situazione non è ottimale: «Dobbiamo quindi cercare di migliorare le condizioni di impiego e siamo convinti che con una discussione franca si possa arrivare a trovare soluzioni utili al personale». Accanto agli aspetti negativi, però, emergono anche punti positivi. «Tra questi - dice Isabella - il senso di appartenenza al Corpo, ma anche la solidarietà tra colleghi». Il lavoro svolto dai poliziotti «è centrale» e «con il malumore degli agenti, ne va anche della sicurezza dei cittadini».
Anche secondo Cimbri, il rischio è quello di «andare incontro a un fuggi fuggi dalla Cantonale». In particolare, spiega, «dal sondaggio emerge anche un problema di comunicazione e di distanza con i vertici». Sul lungo termine, «l’attaccamento al Corpo non basta per trattenere i dipendenti, quindi serve mettere in campo delle misure per correggere le difficoltà palesate dagli agenti». Un miglioramento che passa anche da condizioni di lavoro più attrattive. «E noi, purtroppo, nel confronto intercantonale non brilliamo né come stipendi, né come indennizzi per i turni disagiati, pasti, eccetera», evidenzia Cimbri.
Le proposte sul tavolo
L’assemblea, ieri sera, ha quindi avanzato una serie di richieste. Intanto, si chiede un intervento immediato della direzione, «per affrontare e risolvere le criticità di propria competenza che non richiedono un intervento politico». E quindi ad esempio la riallocazione del personale, l’equa distribuzione dei carichi di lavoro, il rafforzamento della flessibilità e della conciliabilità tra vita familiare e professionale, la valorizzazione delle competenze, la formazione dei dirigenti e dei responsabili, e il miglioramento della comunicazione interna. Si chiede pure di presentare l’esito del sondaggio al direttore del Dipartimento delle istituzioni e al Governo, «in modo da orientare la politica per affrontare le problematiche strutturali emerse». Ma, soprattutto, viene richiesta l’istituzione «urgente» di un tavolo di lavoro con la partecipazione delle rappresentanze sindacali, con l’obiettivo di «analizzare in modo approfondito i dati del sondaggio e le cause delle criticità», definire «un piano di intervento concreto su carichi di lavoro, organici, riconoscimento, comunicazione interna, salute psicofisica e valorizzazione del personale», e monitorare l’attuazione delle misure. Infine, si propone anche di istituire un sistema strutturato e periodico di ascolto, così come un coinvolgimento attivo del personale. «Sappiamo che altri partner - le guardie di confine, la polizia federale - sono molto più attrattivi. Quindi se non vengono migliorate le condizioni di impiego degli agenti della Cantonale rischiamo di trovarci con un ammanco importante di agenti. Tanto più che le Scuole di Polizia ora sono a ranghi ridotti», spiega Cimbri . Insomma, «il rischio è di non riuscire più a uscire da questa situazione difficile».