Ticino

Predazioni ancora da record: «Sarà il nostro annus horribilis»

Da gennaio gli attacchi del lupo sono stati 29, ossia 11 in più del 2024 - Ben 111 i capi uccisi, contro i 33 dello scorso anno - Rusconi: «Il problema è soprattutto l’inerzia delle autorità» - Genini: «La fine dell’allevamento ovicaprino e dei suoi prodotti è più vicina che mai»
©Gabriele Putzu
Martina Salvini
12.07.2025 06:00

«Pensavamo che non fosse possibile neppure avvicinarci all’annus horribilis del 2022. Invece, ci sbagliavamo». E, a giudicare dalle cifre, non di poco. A estate appena iniziata, il bilancio provvisorio delle predazioni appare infatti in netta crescita rispetto al passato. «E la mia impressione è che non abbiamo ancora visto tutto», dice Sandro Rusconi, vicepresidente dell’Associazione per la protezione del territorio dai grandi predatori (APTdaiGP). Stando ai dati, dall’inizio dell’anno ad ora gli attacchi del lupo sono stati 29. Ossia, 11 più dello scorso anno e in aumento di 13 unità rispetto al 2023 e al 2022. In totale, però, i capi predati sono stati ben 111 (contro i 33 del 2024, i 54 del 2023 e i 78 del 2022). «Le cifre raccolte finora - commenta Rusconi - raccontano di una situazione molto critica, che per molti allevatori si traduce nella disperazione più totale. Il numero di attacchi ad animali da reddito è in effetti più che raddoppiato rispetto all’anno peggiore finora registrato, il 2022, e anche il numero di capi predati è di molto superiore». Se gli ovini uccisi dal lupo sono per il momento in leggero calo, «un fatto dovuto in particolare alla chiusura di diversi alpeggi ovini non proteggibili», a preoccupare sono le perdite relative ai caprini: «Le capre sbranate finora sono 42, ma appena tre anni fa erano state soltanto 2». Gli attacchi si sono verificati un po’ in tutto il cantone. «Se nella prima parte dell’anno il sorvegliato speciale era il Sottoceneri, ora l’attenzione si è spostata nuovamente sul Sopraceneri. I lupi, infatti, si spostano molto velocemente e hanno un raggio d’azione molto vasto».

Problema sottovalutato?

Il punto, evidenzia Rusconi, è che «per troppo tempo si è sottovalutato il problema, o si è fatto finta di non vederlo». Infatti, dice, «siamo fermamente convinti che la recrudescenza degli attacchi sia da ricondurre soprattutto alla scarsissima incisività con la quale le nostre autorità cantonali hanno affrontato il problema mediante gli abbattimenti legali». Sì, perché secondo Rusconi «mentre altri cantoni colpiti dall’impatto del grande predatore - in particolar modo Vallese e Grigioni - negli ultimi due anni hanno saputo regolare in maniera efficace le popolazioni di lupi residenti, con abbattimenti annuali nell’ordine del 20-30% degli effettivi stimati e con l’eliminazione di una decina di branchi in totale, il Ticino non ha mai superato la soglia del 10% di effettivi abbattuti. E questo malgrado vi siano state molteplici occasioni». Insomma, «l’impressione è che manchi la volontà politica di intervenire, ma anche di argomentare in maniera sufficientemente robusta la situazione per poter ottenere le autorizzazioni dall’UFAM». Con il risultato che gli allevatori si sentono ormai abbandonati dalle autorità, «che sembrano mostrare totale noncuranza, malgrado i proclami e i tentativi di abbattimento, che però rimangono sterili». Al di là del mancato supporto, poi, il rischio concreto è di perdere completamente il vago pascolo, ma anche gli animali di taglia minuta. «Gli attacchi dei lupi, finora, si sono concentrati sulle bestie piccole, capre e pecore in particolare. Ma è solo questione di tempo prima che l’attenzione si sposti sui bovini come invece è accaduto nel Canton Vaud». Le ingenti perdite, prosegue Rusconi, stanno sempre più scoraggiando gli allevatori, che - «di fronte all’inerzia delle autorità» - hanno deciso di scaricare in anticipo gli alpeggi o di rinunciarvi del tutto. «Tra il 2022 e il 2023 una decina di alpeggi non sono più stati caricati, altri 4-5 sono andati persi nel 2024. E anche quest’anno ci sono stati diversi abbandoni». Di questo passo, spiega da parte sua Sem Genini, segretario agricolo cantonale, come dimostra un recente rapporto del Cantone, «visto che il 74% degli alpeggi caricati a ovini e il 79% di quelli con capre non munte in Ticino non sono ragionevolmente proteggibili di notte e addirittura il 94% degli ovi-caprini ticinesi non lo è durante il pascolo di giorno, andremo incontro a una fine tragica per il settore. E i primi segnali ci sono già, con enormi fette di territorio (per esempio in Leventina o Vallemaggia) che non hanno più piccoli ruminanti sugli alpeggi».

«Più che negli USA»

Anche perché la popolazione di lupi in Ticino è andata via via aumentando. «Secondo i nostri calcoli, l’anno scorso sul nostro territorio circolavano una cinquantina di esemplari. Ora questo numero potrebbe essere già arrivato a una settantina». L’Ufficio caccia e pesca del Dipartimento del territorio ha accertato la presenza di cinque branchi e almeno sei coppie stanziali. «Se tutti i gruppi avessero avuto cucciolate (3-5 esemplari per cucciolata), il numero di lupi stanziali salirebbe a circa 70, ai quali si deve aggiungere almeno una decina di esemplari vaganti». Numeri che secondo l’Associazione per la protezione del territorio dai grandi predatori sono decisamente troppo elevati per un cantone come il Ticino. «Rapportati ai circa 500 chilometri quadrati di territorio effettivamente idoneo, queste cifre rappresentano una densità di almeno 10-15 volte superiore rispetto a quella che si riscontra nei grandi parchi nazionali degli USA o in Alaska».

«Non sappiamo più cosa fare»

Sul fronte delle predazioni, da maggio a oggi sono stati registrati cinque episodi nei quali il numero dei capi predati ha superato la soglia per poter giustificare un abbattimento. In due casi - per l’attacco a Robiei, dove sono state uccise 8 capre e molte altre sono andate disperse e per quello a Olivone, in cui 11 pecore sono morte e 14 sono sparite - il Cantone ha già preso provvedimenti, emanando due decreti per catturare il lupo. A perdere i propri animali, sull’alpe Töira sopra Olivone, è stato Mauro Canepa. «L’attacco, contrariamente a quanto avviene di solito, si è verificato a metà mattinata. Il pastore ha appena fatto in tempo a vedere il lupo allontanarsi, ma non ha potuto fare altro», dice Canepa, che racconta di averle provate tutte per tutelare i suoi animali. «Visto che il lupo normalmente attacca di notte, avevamo deciso, seppure a malincuore, di tenere gli animali rinchiusi. Non sarebbe la soluzione ideale e compromette il benessere degli animali perché le bestie - con il caldo estivo - dovrebbero poter stare all’aperto per mangiare l’erba proprio nelle ore più fresche». Anche quella di farle uscire a pascolare la mattina, però, si è rivelata una scelta sfortunata. «Non sappiamo più cosa fare. Chi alleva per hobby, ha già mollato. Ma, per me, questa attività rappresenta la principale fonte di sostentamento, quindi non posso rinunciarvi». Continuerà a lottare, dunque, Canepa. Anche se l’umore delle ultime settimane non è dei migliori. «Io ho iniziato ad allevare le pecore a 14 anni e sono partito con appena 4 esemplari. Nel corso degli anni, poi, ho preso un’altra strada, ma l’amore per questa professione alla fine mi ha spinto, nel 2004, ad aprire una mia attività». Oggi quelle quattro pecore sono diventate 160 «e in primavera, con la nascita degli agnelli, arriviamo a contare oltre 300 esemplari». Nell’attacco di fine maggio Canepa ha perso quasi una ventina di animali. Da quest’anno, per venire incontro agli allevatori, il Cantone - a seguito di una mozione parlamentare di Sem Genini e cofirmatari - ha deciso di fornire un risarcimento non solo per i capi uccisi, ma anche per quelli andati perduti dopo un attacco e mai più ritrovati. «Il problema - spiega Canepa - è che non basta contare il numero di animali smarriti, ma occorre verificare ogni capo e tenere traccia del suo numero identificativo. Senza quello, il Cantone non indennizza». Questa procedura, però, è tutt’altro che evidente poiché il gregge estivo raggruppa diversi proprietari e supera le mille unità. «Per prima cosa, bisogna riunire tutti gli animali su un terreno pianeggiante, recintarli e poi controllarli uno per uno e spuntare il numero. Durante uno di questi conteggi ci siamo accorti che mancavano più di venti animali, ma l’ufficio competente è riluttante nel riconoscere questa ‘‘predazione silenziosa’’ come conseguenza di un attacco da lupi. Non essendo facile, molti ci rinunciano». Quello delle «predazioni silenziose», che avvengono spesso in condizioni meteorologiche avverse, è un problema che Canepa e altri gestori di greggi di grandi dimensioni hanno già sperimentato nelle scorse stagioni e che sembra non avere una soluzione. Per il caso di Töira, il Cantone ha come detto emanato un ordine di abbattimento. «Ma finora i guardiacaccia non sono riusciti a prendere il lupo. Negli altri cantoni di solito bastano pochi giorni, quindi non capisco bene se sia mancanza di volontà o se ci siano altri problemi», commenta Canepa, senza nascondere il dispiacere. «Pare che a nessuno interessi del nostro futuro e del nostro lavoro. Ma se abbandoniamo gli alpeggi, il bosco continuerà ad avanzare e le conseguenze anche per il paesaggio, il territorio, il turismo e la biodiversità saranno estremamente negative». Secondo Genini, addirittura, «la fine del nostro allevamento ovicaprino e dei suoi prodotti, a causa puramente del lupo, è più vicina che mai. E non sto esagerando. Ma nessuno vuole prendersene le responsabilità». Per gli allevatori, conclude, il ritorno del lupo «ha comportato solamente enormi perdite affettive e finanziarie. La frustrazione, ma anche l’impotenza, stanno distruggendo la loro vita».