Gran consiglio

Procuratori tutti rieletti, «sfiduciati» compresi

Dopo lo scrutinio delle schede, al primo turno sono stati riconfermati tutti i pp uscenti (compresi i cinque preavvisati negativamente) - Unico volto nuovo è Francesca Nicora - Il procuratore generale Andrea Pagani è stato rieletto con 57 voti
© CdT/Gabriele Putzu

È il giorno della verità. Dopo mesi di polemiche, oggi il Gran Consiglio, riunito al Mercato coperto di Mendrisio, è chiamato ad eleggere il procuratore generale e i 20 procuratori pubblici ticinesi per i prossimi dieci anni. Con 27 candidati in corsa - compresi i 5 magistrati preavvisati negativamente - per 20 posti non è escluso che gli equilibri politici in seno alla Magistratura possano cambiare.

ORE 18.50 - Dopo lo scrutinio delle schede, al primo turno sono stati riconfermati tutti i 19 procuratori pubblici uscenti (compresi i cinque preavvisati negativamente dal Consiglio della magistratura). In sostituzione di Andrea Minesso, che non ha sollecitato un nuovo mandato, è stata eletta Francesca Nicora, anche lei di area PS. Non cambiano dunque gli equilibri politici in seno alla Magistratura.

Ecco i risultati (serviva una maggioranza assoluta di 40 voti)

- Zaccaria AKBAS 48 voti

- Marisa ALFIER 45 voti

- Andrea Maria BALERNA 59 voti

- Chiara BORELLI 61 voti

- Petra CANONICA ALEXAKIS 70 voti

- Moreno CAPELLA 72 voti

- Pablo FÄH 67 voti

- Anna FUMAGALLI 47 voti

- Daniele GALLIANO 68 voti

- Arturo GARZONI 64 voti

- Andrea GIANINI 68 voti

- Margherita LANZILLO 46 voti

- Claudio LURASCHI 71 voti

- Pamela PEDRETTI 51 voti

- Francesca PIFFARETTI-LANZ 47 voti

- Nicola RESPINI 64 voti

- Raffaella RIGAMONTI 61 voti

- Roberto Davide RUGGERI 57 voti

- Valentina TUONI 60 voti

- Francesca NICORA 70 voti

ORE 17.30 - Le schede per l’elezione dei 20 procuratori sono state raccolte. Lo spoglio dovrebbe durare circa un’ora e mezza. I parlamentari potevano apporre 20 preferenze. Solo i candidati che otterranno la maggioranza assoluta saranno subito eletti, mentre gli altri andranno al secondo turno. A questo punto, sarà sufficiente la maggioranza relativa: chi prenderà più voti verrà eletto.

ORE 17 - Il primo verdetto scaturito dai lavori parlamentari è la rielezione del pg Andrea Pagani. Il procuratore generale uscente è stato riconfermato con 57 voti a fronte di 21 schede bianche e 1 nulla. La maggioranza assoluta necessaria era di 40 voti.

ORE 16 - Piccolo intoppo nella votazione per il rinnovo decennale delle cariche in seno alla Magistratura. Poco dopo la distribuzione delle schede gialle per il voto, il presidente del Legislativo Daniele Caverzasio ha invitato i parlamentari a stracciarle, in quanto alcuni colleghi in sala avevano sbagliato a compilarle (ad esempio ponendo troppe «crocette» rispetto alle 20 consentite). Il risultato? Tutto da rifare. Ai parlamentari sono state distribuite delle nuove schede, questa volta di colore bianco. Dalla sala si sono alzate le voci di protesta di alcuni parlamentari. «Se non sappiamo neppure mettere delle crocette...», ha commentato qualcuno.

ORE 15.30 - Prima dell’elezione dei procuratori è stata votata - con 49 sì, 7 no e 19 astensioni (il PLR) - anche la proposta di risoluzione formulata dalla commissione Giustizia e diritti che vuole, in sintesi, dare incarico ai commissari di approfondire con l’aiuto di esperti indipendenti le problematiche emerse negli scorsi mesi e quindi proporre eventuali soluzioni. Su questo punto in particolare, il Consiglio di Stato ha scritto al Gran Consiglio spiegando di voler promuovere con il potere Legislativo e il potere Giudiziario «una più ampia riflessione». Come da tradizione, non è mancata una richiesta di rinvio dell’elezione dei magistrati. Questa volta la proposta era contenuta in un emendamento dell’MPS - illustrato da Matteo Pronzini - in cui veniva inoltre chiesta una riforma della Magistratura, slegandola dalle nomine partitiche («È ora di tagliare il cordone ombelicale con i partiti», ha tuonato il deputato) e, in estrema sintesi, le dimissioni del Consiglio della magistratura. L’emendamento è stato bocciato con 69 no, 3 si e 3 astenuti.

Non è andata meglio a un emendamento del PLR, i cui commissari, lo ricordiamo, non avevano sottoscritto il rapporto della commissione. I liberali radicali chiedevano in sostanza una maggiore collaborazione con il Dipartimento delle istituzioni per riformare la Magistratura e il termine di un anno per presentare un rapporto. L’emendamento è stato bocciato con 51 voti contrari, 25 favorevoli e 1 astenuto. Il plenum ha infine respinto anche due emendamenti presentati da Tamara Merlo (Più Donne) che chiedevano in sostanza maggiore integrazione e il coinvolgimento delle forze politiche che non fanno gruppo e che dunque non siedono nella Giustizia e diritti.

Archiviata la proposta di risoluzione, sono state distribuite le schede di voto per l’elezione del procuratore generale e dei 20 procuratori pubblici.

Il dibattito sulla risoluzione

«Una riforma della Magistratura è necessaria, e andava fatta da tempo, ma deve anche essere chiaro che l’elezione dei procuratori e l’introduzione di modifiche procedurali sono cose differenti, che devono essere affrontate distintamente», ha spiegato Marco Bertoli (PLR). «Così com’è formulata, la risoluzione viola i principi di separazione dei poteri: dare alla Commissione questo potere vorrebbe dire relegare il potere esecutivo e quello giudiziario a un ruolo secondario. L’esercizio deve essere fatto con tutti gli attori», ha concluso.

Nicola Corti (PS) ha invece ricordato come la decisione della Commissione di portare in aula il tema vada proprio nella direzione di «promuovere una discussione aperta e pubblica». Secondo Corti «non basta potenziare le risorse del Ministero, occorre ritrovare un punto di convergenza, riunendo i tre poteri per ragionare insieme a soluzioni vere, sane e praticabili. Senza personalismi, ma con lucidi scambi di vedute e senza veleni». L’invito a non scadere in «sterili polemiche» è arrivato anche da Roberta Soldati (UDC), che ha chiarito: «Nessuno ha mai voluto intromettersi nel potere giudiziario, né violare il principio di separazione dei poteri. Ben venga che le criticità durante la procedura siano venute alla luce se ciò servirà per porvi un rimedio».

Da parte sua Marco Noi (Verdi) ha ribadito che «la discussione è diventata emotiva»: «Preavvisi che normalmente sono inseriti in un iter procedurale hanno trovato una strada impropria». La risoluzione e l’intervento della commissione «vogliono evitare che ciò si ripeta: perché la confusione procedurale non fa del bene alle nostre istituzioni giudiziarie e dobbiamo far sì che non avvenga più». Di una «matassa molto ingarbugliata» ha parlato Tamara Merlo (Più Donne), secondo cui la risoluzione «non fa abbastanza: è una mossa interlocutoria per prendere tempo». «Le riflessioni su come ripensare la Magistratura devono essere fatte con la base più ampia possibile, con tutte le forze politiche», ha chiarito, mentre secondo Massimiliano Ay (PC) il «problema di fondo è che i partiti devono porsi qualche domanda su chi si propone per certe cariche».

In conclusione, nel suo intervento il direttore del DI Norman Gobbi ha messo l’accento sull’«importanza di un lavoro tripartito per garantire l’equilibrio tra il potere giudiziario, Parlamento e Consiglio di Stato». «Un lavoro - ha aggiunto - che dovrà essere fatto in tempi celeri».

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