Prospettive cupe per la SSR
«La proposta del Consiglio federale avrebbe conseguenze molto importanti sul personale e sui programmi». La SSR va dritta al punto e, nella sua presa di posizione riguardo le contromisure dell’Esecutivo all’iniziativa «200 franchi bastano!», quantifica le conseguenze. Abbassare il canone gradualmente dagli attuali 335 a 300 franchi dal 2029 e, parallelamente, esentare le aziende con un fatturato fino a 1,2 milioni di franchi (attualmente la soglia è di 500 mila franchi) in un contesto già di per sé difficile associato all’importante riduzione degli introiti pubblicitari e alla mancata compensazione del carovita, provocherebbe una perdita quantificata in 240 milioni di franchi all’anno dal 2027, che si tradurrebbe in un taglio graduale di circa 900 impieghi in tutte le regioni.
Soli nella tempesta?
«Indebolire la SSR è un problema per tutto il panorama mediatico svizzero», avverte, da noi interpellato, il direttore generale Gilles Marchand. Il settore sta vivendo un momento di grande difficoltà e le notizie di licenziamenti all’interno dei gruppi editoriali sono quasi all’ordine del giorno. Per questo la SSR cerca di far quadrato e di non farsi trovare sola nella tempesta che sta per arrivare. «Sappiamo che il pubblico è dalla nostra parte», sottolinea ancora Marchand. «C’è attaccamento al servizio pubblico, come dimostra altresì la votazione su No Billag del 2018». Ma non solo: secondo il direttore generale, sono i media - dunque anche i privati - a essere minacciati da un indebolimento significativo della SSR. «Tutti hanno interesse a mantenere una piazza mediatica forte e indipendente. Non siamo gli unici a difendere questa posizione». Con la consultazione lanciata dal Governo – che scadrà il 1. febbraio – la SSR spera quindi di trovare alleati, o quantomeno un sostegno trasversale. «La consultazione permette ai partiti, ai Cantoni e a tutti i portatori d’interesse di esprimere la propria opinione sul tema», spiega Marchand. «E spero che vengano espressi i timori per ciò che potrebbe accadere con un nuovo abbassamento del canone radiotelevisivo». Insomma, è ora di uscire allo scoperto e di far capire quale strada si è scelto di intraprendere. «Una volta conclusa la consultazione mi auguro che Governo e Parlamento facciano tesoro delle preoccupazioni espresse: in gioco c’è molto, non solo il futuro del servizio pubblico».
Le tre cause
Nella sua presa di posizione, la SSR individua tre cause che – una volta sommate – andrebbero a danneggiare pesantemente l’offerta audiovisiva e quindi i posti di lavoro. La prima è legata ai ricavi pubblicitari. «È un problema strutturale, che non deriva dalla politica», spiega Marchand. «In prospettiva, verranno a mancare decine di milioni di franchi dal settore commerciale». Una tendenza in atto da anni e con la quale sono confrontate tutte le aziende mediatiche svizzere. «Un tempo la SSR si finanziava per il 75% con il canone e per il 25% con le entrate pubblicitarie», aggiunge il direttore generale. «Oggi questo rapporto è decisamente cambiato: il mercato pubblicitario si scioglie come neve al sole e rappresenta un finanziamento tra il 15% e il 18% al massimo». L’azienda stima di attendersi una diminuzione di 70 milioni l’anno entro il 2027 solo per quanto riguarda la pubblicità. La seconda causa riguarda la compensazione del rincaro. Finora sia la SSR che le emittenti private hanno potuto contare sulla compensazione del rincaro effettivo durante l’anno successivo; ciò significava che i proventi del canone rimanevano invariati in termini reali. Tuttavia, a inizio mese, il Consiglio federale ha annunciato l’abolizione totale o parziale della compensazione del rincaro a favore della SSR. «Una decisione che ha effetto retroattivo al 2019», rimarca Marchand. In soldoni, a partire dal 2025 mancheranno altri 70 milioni di introiti derivanti dall’indicizzazione del rincaro. La terza e ultima causa, la più pesante perché si traduce in 100 milioni di mancate entrate, è appunto l’abbassamento del canone a 312 franchi (e a 300 franchi dal 2029) e la modifica del prelievo per le aziende. «Se sommiamo questi tre fattori negativi, arriviamo a un totale di 240 milioni di franchi all’anno dal 2027», spiega il nostro interlocutore. «Se ciò si avverasse, ci sarebbe un impatto importante sulle prestazioni della SSR, sull’organico, così come sulle aziende che lavorano con noi. Ecco perché siamo preoccupati».
Incontri infruttuosi
Nonostante gli incontri avuti con la direzione della SSR nei mesi scorsi in vista delle contromisure all’iniziativa «200 franchi bastano!», il Consiglio federale ha deciso per la linea dura. «Abbiamo spiegato al Governo quali sarebbero state le conseguenze in maniera totalmente trasparente», racconta Marchand. «È una decisione dell’Esecutivo, ed è quindi una sua responsabilità». Nella sua presa di posizione – al netto delle conseguenze sull’organico –, la SSR elenca quindi una serie di conseguenze concrete. Si va dalla possibile riduzione della copertura dell’attualità regionale alle trasmissioni sportive, fino alla produzione di film e serie svizzeri e a un minor numero di trasmissioni culturali. In discussione anche la copertura dei grandi eventi internazionali, come i Mondiali o gli Europei di calcio.
«Da un lato abbiamo un mandato di prestazione, una concessione che scade nel 2028», chiarisce Marchand. «Dall’altra un calo del finanziamento che avverrà prima di quella data. Eppure, per mandato, siamo tenuti a rispettare gli standard richiesti. Non possiamo sempre dire che con meno risorse possiamo fare meglio. Non è più così, c’è un limite oltre il quale per mantenere la qualità non potremo più fare tutto. Semplicemente, non saremo più in grado di adempiere al mandato di prestazione così com’è oggi, con la qualità attuale».
«Avanti con i risparmi»
La preoccupazione è dunque grande. Anche perché il peso del calo del mercato pubblicitario implica comunque misure di risparmio. In un momento di difficoltà per tutti gli attori mediatici, pure la SSR è chiamata a tirare la cinghia. Ma lo sta facendo davvero? «Certo», risponde senza mezzi termini Marchand. «Il giorno stesso della vittoria sull’iniziativa No Billag, il 4 marzo 2018, ho comunicato misure di risparmio per 100 milioni. Questo perché sapevamo che bisognava agire in fretta per far fronte al calo delle entrate pubblicitarie». Marchand assicura che in questi anni è stato fatto molto in termini di efficienza e di ridistribuzione delle risorse. «Ma non basta ancora, dovremo continuare sulla via dei risparmi».
Come se sparisse la RSI
All’orizzonte, però, come visto c’è una nuova minaccia per il servizio pubblico. Che toccherà inevitabilmente la Svizzera italiana. «Ogni franco derivante dal canone raccolto nella Svizzera italiana crea quasi quattro franchi di valore aggiunto nell’economia della Svizzera italiana», evidenzia il direttore generale della SSR. «Per fornire un’idea dell’impatto: la soppressione di 900 posti di lavoro equivale praticamente agli effettivi della RSI, senza contare tutto l’indotto. La diminuzione del budget prevista e la soppressione di 900 posti di lavoro equivalgono a poco più del budget e degli effettivi RSI, senza contare gli indotti economici e i posti di lavoro nelle aziende esterne. È chiaro che se saremo costretti a effettuare queste misure non sarà colpita esclusivamente la Svizzera italiana, bensì ogni regione del Paese. Tutte le sedi SSR sarebbero implicate».