Provoca il parto e annega la neonata nel water

BUSTO ARSIZIO (VARESE) - Una tragedia, forse provocata dalla immaturità di una giovane madre, 21 anni e già un figlioletto di un anno di cui occuparsi, piuttosto che dalla condizione economica modesta, ma accettabile, nella crisi che non accenna a finire. Sembra questo lo scenario più probabile, secondo i carabinieri, all'origine di un gesto terribile: una mamma al settimo mese di gravidanza che provoca con un farmaco la nascita prematura della sua bimba e poi la annega nel water di casa.
Con questa accusa è stata fermata una casalinga albanese di Busto Arsizio (centro del Varesotto) che, in base agli accertamenti, stava per fuggire nella sua patria. L'omicidio che le viene addebitato risale al 25 aprile scorso. Da venerdì è nel carcere di Monza dove nei prossimi giorni sarà interrogata dal giudice per le indagini preliminari.
L'infanticidio sarebbe avvenuto nella notte: dall'appartamento dove la donna convive con il compagno, un connazionale di 24 anni che fa l'operaio, viene chiamata l'ambulanza. I sanitari intervengono per quello che sembrava un aborto spontaneo: si pensava che la piccina fosse stata stata partorita naturalmente nel water. Qui il corpicino è stato trovato coperto dall'acqua. Il racconto della donna, alla sua seconda gravidanza, non ha però convinto e sono stati avvisati i carabinieri guidati dal tenente Marco Tubiolo.
Tra l'altro la giovane ha asserito di pensare di essere alle prime settimane di gestazione, di aver capito da pochi giorni di essere incinta e di avere accusato un forte dolore addominale dopo il quale sarebbe avvenuta la nascita prematura della bambina.
Dall'autopsia, però, si è avuta la certezza che il neonato è stato partorito alla trentesima settimana di gestazione e che è morto per annegamento. Sono state rilevate anche alcune lesioni craniche che però potrebbero essere state determinate dal fatto che il corpicino avrebbe casualmente sbattuto contro il water.
Dalle indagini, sono state sentiti molti testimoni e intercettate decine di conversazioni telefoniche, è emersa l'ipotesi che la donna abbia assunto un farmaco in grado di provocare delle forti contrazioni uterine con conseguente espulsione del feto anche in un avanzato stato di gravidanza.
La stessa mamma è stata più volte ascoltata: questo fatto deve averla indotta a voler tornare in Albania. E proprio per questo motivo è stata bloccata, prima che potesse fuggire. Nessun provvedimento, al momento, è stato preso nei confronti del padre anche se le indagini continuano per verificare eventuali responsabilità.