Qatar pigliatutto

Il Qatargate - che in questi giorni sta riservando scottanti novità che coinvolgono politici europei - è solo un fronte di una grande battaglia d’influenza. A tutto campo, dal cuore dell’Europa agli Stati Uniti passando per l’Africa. I contendenti sono gli emiri sunniti, seduti su risorse possenti, pragmatici, abili nello sfruttare i momenti di crisi. A Bruxelles, secondo la clamorosa indagine della polizia belga, sono emersi legami solidi con esponenti politici, intermediari e assistenti parlamentari. Un’inchiesta racchiusa dall’immagine simbolo: le valigette ricolme di euro sequestrate agli accusati, tra loro l’italiano Antonio Panzeri, uomo uscito da anni di sindacato e la greca Eva Kaili, ex giornalista diventata una delle vice presidenti dell’Europarlamento.
Un lavoro di scavo degli inquirenti
I qatarini sarebbero stati generosi con loro e molti altri - il lavoro di scavo degli inquirenti è all’inizio - affinché parlassero bene dell’Emirato oppure perché si adoperassero per favorirlo. E gli «arruolati» lo hanno fatto senza nascondersi, infatti alcuni interventi pubblici erano stati notati sollevando qualche critica ma nulla di più. Poi è arrivata la valanga, con gli arresti, il padre di Eva sorpreso mentre cercava di andarsene con il bagaglio pieno di banconote da un hotel di lusso. C’è chi sussurra che gli investigatori abbiano imboccato la pista giusta grazie ad una gola profonda, qualcuno rimasto fuori dai giochi ha cantato la canzone che gli agenti speravano di sentire. Vicende personali si sono incastrate con la caccia degli 007 seguendo un lungo filo rosso.
Il Qatar è ricco, ha un ruolo, ha ambizioni e cerca di allargarsi. I suoi giacimenti di gas, complice la guerra in Ucraina e il blocco russo, sono diventati più importanti. Per molti, Italia inclusa. È un grande partner commerciale di Roma, volano gli investimenti, molto stretti i rapporti militari, con collaborazione, training, commesse per navi e mezzi. Relazioni ampie che si estendono ad altri stati occidentali. Doha ospita militari americani, ha interessi immensi nel nostro continente, è alleata della Turchia, ha ottime relazioni con Mosca, ha fatto da tramite con i talebani e con l’Iran. Ma soprattutto guarda oltre l’orizzonte.
La catena satellitare al Jazeera
Non si accontenta più di essere un punto di riferimento per il movimento musulmano sunnita, non gli basta il soft power attraverso la catena satellitare al Jazeera, desidera contare sempre di più sulla scena internazionale. È riduttivo considerare gli «sceicchi» solo sotto il profilo commerciale, pur importante. Basti pensare alle mosse - nessuna esclusa - per ottenere il Mondiale ma anche al denaro usato per diffondere la cultura. Il Qatar agisce con decisione in Libia, quale principale sostenitore del governo di Tripoli in contrapposizione alla Cirenaica del generale Haftar. Qui ha una sponda in Ankara, un asse riprodotto in Somalia, dove si muovono in parallelo cercando dimettere radici profonde creando network, finanziando progetti, allargando - i turchi - l’assistenza militare. Potremmo dire che la coppia si è lanciato in safari economico e diplomatico, in cerca di mercati, scambi, prospettive regionali. È come se volessero fare la conta di paesi amici, ovviamente parliamo sempre di rapporti «fluidi», ci si aggiusta a seconda delle condizioni e delle iniziative di altri attori.
Donazioni a università e lobby USA
I qatarini hanno dei concorrenti agguerriti: gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita. Neppure loro «scherzano» nell’individuare approdi. Un recente rapporto ha rivelato come gli emiratini abbiano fatto donazioni a università, centri studi, lobbisti degli Stati Uniti. Numerosi ex ufficiali americani, smessa la divisa, sono stati arruolati come consulenti nel settore della sicurezza. Sempre gli Emirati si sono inseriti nei teatri somalo e libico (sostengono Haftar con Francia e Russia), hanno manovrato in Sudan, sono in piena sintonia operativa con l’Egitto e, ovviamente, con la Grecia in contrapposizione ad Erdogan. Una flessibilità assoluta.
Lo scambio della cestista statunitense Brittney Ginger con il grande trafficante d’armi russo Viktor Bout è avvenuto grazie anche alla loro mediazione. Esempio perfetto di come le vie del Golfo possano portare lontano. Infatti è possibile che siano stati anche i servizi degli Emirati a fornire ai belgi spunti cruciali sui rivali. Ecco perché sappiamo ancora dove sia la fine di questa storia.