Opinioni elettorali

Quale protezione per adulti e minori?

Nicola Corti, candidato del PS al Gran Consiglio
Red. Online
20.03.2019 11:47

Il settore della protezione degli adulti e dei minori è sempre più in difficoltà e sempre più sotto pressione. I benefici del passaggio dalle vecchie Delegazioni tutorie, una per Comune, alle Commissioni tutorie regionali, perlopiù intercomunali, si son ben presto esauriti e, ad oggi, l’introduzione delle Autorità regionali di protezione (ARP) si rivela per quello che era, pura cosmesi, poco più di un nome. Riducendo un grado di giudizio (soppressione dell’Autorità di vigilanza sulle tutele) e introducendo la Camera di protezione presso il solo Tribunale d’appello, potenziando quantomeno le risorse dell’Ufficio famiglie e minorenni e dell’Ufficio del tutore ufficiale (confluiti nell’attuale Ufficio dell’aiuto e della protezione), il Gran Consiglio, dandosi tempo per valutare l’opzione governativa di un vero e proprio Tribunale, si è limitato ad introdurre un grado minimo di occupazione dei soli presidenti, all’80%, senza considerare membri e relativi supplenti e dimenticando così che con l’introduzione del nuovo diritto in materia di protezione degli adulti, delle persone e della filiazione, il legislatore federale ha imposto per tutto il territorio nazionale un’autorità specializzata, composta in collegio di almeno tre membri, competente non solo in materia di protezione degli adulti, ma investita anche dei compiti dell’autorità di protezione dei minori (art. 400 cpv. 3 CC). Considerato che a livello politico l’unico vero nodo da sciogliere pare essere quello dei costi (chi paga fra Comuni e Cantone, e quanto), l’unico passo avanti ulteriore è stato quello di sospendere la scadenza al 31 maggio 2018 del modello ARP e concedere un credito per dotare anche le ARP del medesimo programma informatico di gestione delle pratiche già in uso negli altri settori della Giustizia ticinese (AGITI/Juris). Questa legislatura si esaurirà a breve senza proposte concrete, in un clima di scontento sempre più manifesto da parte dell’utenza, del mondo associativo, ma anche degli stessi attori coinvolti nei vari livelli, sempre più costretti a svuotare con cucchiaini l’acqua che l’istituzione imbarca. Vero è che il legislatore federale, istituzionalizzando la doppia competenza, in materia sia di adulti che di minori, ha lasciato in piena nebulosa un problema non da poco, ovvero la (potenziale) disparità di trattamento fra minori figli di genitori coniugati (per i quali la competenza per trovare soluzioni può essere del pretore, quale giudice civile unico) e minori figli di genitori non coniugati (per i quali la competenza è del triumvirato di protezione, attualmente gestito da professionisti a tempo parziale, con procedura amministrativa); non rari sono poi i casi di rimpallo fra Pretori e ARP nella determinazione su chi sia competente per lo stesso minore a dipendenza del momento e della natura delle liti dei genitori. La quadratura del cerchio potrebbe essere l’istituzione di un Tribunale delle misure, composto da tre specialisti, sempre competenti in materia di protezione degli adulti, coadiuvato, in materia di minori, da un pretore distaccato, responsabile in sede delle pratiche di diritto di famiglia quale giudice unico e, con giudizio collegiale, delle questioni relative alla (sola) protezione dei minori. Ovviamente, rispetto alle diciotto autorità attuali si potrebbe suddividere il territorio secondo la giurisdizione di ogni singola Pretura o, quantomeno, prevedere una sede per Mendrisio, una per Lugano, una per Locarno e Valli, una per Bellinzona e Valli e almeno una sede distaccata per la Regione Tre Valli. Pur perdendo ulteriore contatto con il territorio (in termini di persone, servizi, supporto dato anche dalla società civile), una simile soluzione garantirebbe maggior celerità nel disbrigo delle pratiche, numerose e oggettivamente sempre più complesse e litigiose, e, soprattutto, la tanto auspicata uniformità di prassi. Non ci si illuda: quanto si propone migliorerà la tempestività nella presa decisionale, ma il problema vero, posto dalla difficoltà di reperire curatori, di mettere a disposizione strutture idonee, di coordinare in modo efficiente le risorse da mettere in rete (scuole, istituti, servizi, operatori e privati), di avvalersi in tempi ragionevolmente brevi di solide perizie, resterà intatto, lasciando ancora con l’amaro in bocca tutte quelle associazioni che oggi tanto stanno premendo per venir coinvolte nel reperimento di soluzioni alternative alle attuali ARP. Un passo in avanti comunque si impone: con questa o altre soluzioni, ma al più presto.