Quando il virus è tropicale ma bussa alla porta di casa

Piccola e fastidiosa. Non tanto per il suo ronzio che innervosisce, soprattutto in prossimità delle orecchie. E nemmeno per il pur sempre seccante prurito causato dalle sue punture. No, la zanzara comincia a creare un po’ di apprensione per quello che può veicolare, per i virus che può trasmettere. Nessun allarmismo, va detto, ma un nuovo possibile grattacapo è alle porte. La coincidenza vuole che esattamente un anno fa – era il 21 agosto 2024 – avevamo dato la notizia che un caso di febbre dengue era stato registrato a Rancate. Una malattia virale diffusa dalle zanzare infette del genere Aedes. L’uomo aveva contratto la malattia durante una vacanza con la famiglia alle Maldive e i sintomi si sono manifestati al rientro in Ticino. Sempre un anno fa, a seguito di quanto riscontrato, le autorità hanno effettuato un trattamento nell’area circostante l’abitazione dell’uomo. Un’azione che ha previsto l’uso sia di larvicidi sia di adulticidi (utilizzati anche in agricoltura biologica) per eliminare le zanzare potenzialmente infette.
Perché abbiamo ricordato questo episodio? Perché proprio l’altro ieri a Como, a pochi passi da noi, un turista ha manifestato sintomi riconducibili al chikungunya, un virus che – anche in questo caso – viene trasmesso dalle zanzare. Trattamenti, simili a quelli avvenuti a Rancate, sono in corso anche nella città che si affaccia sul Lario. «La malattia – spiega l’Ufficio della sanità pubblica (le informazioni sono consultabili sul sito della Confederazione) –, si manifesta generalmente da 7 a 9 giorni dopo la puntura di una zanzara infetta, sotto forma di febbre alta, forti dolori articolari e muscolari e mal di testa, a cui talvolta si accompagna un’eruzione cutanea. Di norma la malattia non è pericolosa, ma in una minoranza di casi possono persistere stanchezza e dolori articolari debilitanti per settimane o mesi. La febbre può avere un decorso parzialmente più grave tra i neonati, le persone anziane e i malati cronici».
«Probabilità bassa, ma c’è»
Nessun allarmismo, è bene sottolineare nuovamente, ma bisogna essere comunque pronti. Il direttore sanitario del Clinica Luganese Moncucco, Christian Garzoni, ci spiega infatti che «è solo una questione di probabilità (e tempo) prima che arrivi anche da noi. È bassa – ravvisa il dottore –, ma c’è». Due, in particolare, i temi evidenziati dal nostro interlocutore: «Il cambiamento climatico modifica i vettori presenti sul nostro territorio». Un esempio? «La zanzara tigre la quale, oltre a dare fastidio perché pizzica, può trasmettere potenziali malattie non ancora note alle nostre latitudini». Un virus che non è presente da noi ma che – e qui subentra il secondo tema – «viene importato dai viaggiatori». Con le accresciute possibilità di spostamento odierne, infatti, «ci si reca in Paesi dov’è presente l’epidemia e si corre il rischio di tornare a casa con il virus».
Christian Garzoni, infine, fornisce alcune raccomandazioni, che possono anche sembrare banali, ma di sicura importanza: «Se una persona, al rientro da un Paese tropicale, dovesse sviluppare una malattia febbrile, con marcati dolori articolari e rossore della pelle, è bene che si faccia vedere e che menzioni al proprio medico il Paese nel quale si è recato».
«Ci lavoriamo da 20 anni»
Per quel che concerne Como, e in generale per ogni episodio che si verifica, «bisogna innanzitutto comprendere se si tratti di un caso importato o meno». È quanto premette, da noi interpellato, il medico cantonale Giorgio Merlani. Al netto di questa prima considerazione, bisogna comunque fare i conti con il vettore che trasmette il virus, ovvero la zanzara. Anche il medico cantonale sottolinea che «il cambiamento climatico ha un impatto: non si tratta unicamente di canicola e dei periodi particolarmente caldi. Anche gli inverni sono meno freddi e più corti». Tutto ciò – ravvisa Merlani – «allunga il periodo di vita della zanzare». A questo, inoltre, si aggiungono le precipitazioni, «‘benefiche’ per la proliferazione dell’insetto».
Per quel che riguarda la zanzara tigre, il Cantone, se vogliamo, è stato precursore. «Che il clima impatti sulla vita e sulla diffusione delle zanzare, il Ticino l’ha capito più di 20 anni fa. Da allora si monitora e si combatte la zanzara tigre. E ciò, va detto, anche grazie ai cittadini». Nel frattempo, però, bisogna anche andare oltre. Ulteriori passi avanti – anche grazie alla collaborazione con la SUPSI – ne sono stati fatti parecchi. «Oltre a comprendere quali tipi di zanzare sono presenti e dove – evidenzia Giorgio Merlani –, stiamo monitorando anche la presenza di virus». Insomma, grazie al lavoro di analisi «si cerca di capire quale virus è contenuto negli esemplari».
Infine il passaggio all’atto oltre a quello, va da sé, medico: «Una volta effettuata la diagnosi si interviene bloccando le larve come pure gli esemplari adulti». Si stermina, in sostanza. Come fatto un anno fa a Rancate.