Locarno75

Quando Sirk girò un film in Svizzera

Accadde nel 1938 con la commedia "Accord final" ambientata sulle rive del lago Lemano
Antonio Mariotti
05.08.2022 06:00

Seguire la traiettoria artistica di un regista significa anche - e in certi casi soprattutto - tenere in considerazione le sue vicende personali che inevitabilmente condizionano il suo lavoro. Nel caso della retrospettiva di Locarno 75 dedicata a Douglas Sirk, questo aspetto diventa fondamentale, soprattutto per quel breve periodo (tra il 1937 e il 1939) che Bernard Eisenschitz, nel libro che accompagna la rassegna, definisce «l’esilio in Europa». Dopo aver lasciato la Germania nazista, il regista si ritrova in effetti in una sorta di limbo, in attesa di poter imbarcarsi per gli Stati Uniti. Di passaggio in Francia, accetta di collaborare alla realizzazione di una commedia che si svolge nell’ambiente della musica classica (che è al centro già di un suo film tedesco e che tornerà a utilizzare anche a Hollywood), a condizione di poter lavorare in incognito, poiché nel frattempo la UFA ha sporto denuncia contro di lui ed è presumibile che i servizi segreti nazisti stiano cercando di intercettarlo. In collaborazione con il produttore polacco stabilito in Svizzera Chiel Weissmann nasce così Accord final che è stato proiettato ieri di fronte a un folto pubblico al Gran Rex.

Interpretato da uno stuolo di attori francesi di grido e dalla star ungherese Kathe De Nagy, la storia è un puro divertissement scanzonato e ricco di battute a effetto, i cui esterni furono girati in diversi luoghi sulle rive del lago Lemano, compresa l’immancabile inquadratura con sullo sfondo il castello di Chillon. Il film sarà firmato dal co-sceneggiatore Ignacy Rosencranz con lo pseudonimo di I. R. Bay, ma la mano di Sirk si nota in ogni inquadratura. Pur trattandosi soprattutto di una curiosità nell’ambito della filmografia del regista, Accord final dimostra la sua maestria nel girare le scene d’insieme e la sua costante ironia nel sottolineare la rozzezza e la stupidità di ogni forma di potere, in questo caso quelle del direttore del conservatorio dove è ambientata l’azione. Elementi che Sirk saprà affinare ulteriormente negli anni successivi a Hollywood. Il regista dimostra inoltre come il fatto di avere a che fare con un soggetto impostogli da altri non lo metta minimamente in imbarazzo, anzi. Si ha l’impressione che Sirk, nonostante il momento travagliato che sta vivendo a livello personale, trovi conforto nel raccontare con grazia una vicenda leggera e spensierata. Un segno tangibile di quella «doppia anima» che coltiva nel suo intimo e che gli permetterà in seguito di imporsi come specialista assoluto del melodramma.

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