Storie di vita

«Quanta bella gente ho incontrato mentre pedalavo in Iran»

Malù Cortesi, classe 1958, è un personaggio molto noto nel Sopraceneri, non solo per i suoi viaggi effettuati in mezza Europa in sella alla sua bicicletta
©Ti-Press
Prisca Dindo
26.02.2024 06:00

Pittore, insegnante, operatore sociale, sportivo, grafico, viaggiatore. Malù Cortesi è tutto ciò e forse anche di più. Definire il 65enne di Locarno in un solo modo è un’impresa. Malù è un personaggio dalle mille sfaccettature: ci sono le sue avventure in bicicletta lungo le strade del mondo, il talento sportivo, il suo esser creativo. E poi c’è la sensibilità sociale, che l’ha portato a lavorare con detenuti, tossicodipendenti e  persone portatrici di handicap. «Non vorrei però sembrare un tuttologo» precisa subito l’uomo, mentre sposta alcune poltrone del suo meraviglioso «open space» a Verscio per permettere al nostro fotografo di scattargli un ritratto. «Quando raggiungi la pensione fai un bilancio della vita e io mi sono reso conto che ho sempre cercato di sperimentare. Mi piace cambiare, fare nuove esperienze mettermi alla prova; a me piace non essere una persona sola, altrimenti mi annoio» aggiunge sedendosi nel bel mezzo del suo coloratissimo appartamento.  

In quegli anni persi tante persone, vittime o di overdose o dell’AIDS, fu terribile ma mi insegnò ad affrontare la morte

La casualità che detta il ritmo della vita

Sono le coincidenze a governare la vita di Malù; un insieme di incontri casuali che gli hanno fatto imboccare strade diverse. «Un esempio? Mi comunicano che sarei rimasto senza lavoro tre giorni prima della nascita di mio figlio – racconta – Una gran bella doccia gelata. Quella sera faccio una passeggiata pieno di angoscia. Lungo il percorso incontro un amico e gli confido l’accaduto. «Ma perché non vieni a lavorare da noi? Proprio ieri si è liberato un posto!» mi risponde. Detto fatto. Il giorno dopo ero all’antenna Icaro a Locarno». Per Malù Cortesi inizia così una collaborazione nell’ambito della lotta contro la tossicodipendenza durata quindici anni. Un ambiente che conosceva bene visto che molti suoi amici del Locarnese erano caduti nella trappola della droga. «In quegli anni persi tante persone, vittime o di overdose o dell’AIDS, fu un periodo terribile, ma che mi insegnò ad affrontare la morte».

A Santiago per ricordare

Anche i viaggi in bicicletta nascono quasi per caso «al classico giro di boa dei cinquant’anni mi sono ripromesso di lanciarmi in qualcosa di nuovo. Optai così  per la pedalata!» Il mezzo c’era: mancavano soltanto le destinazioni. Negli anni ’70 molti bambini scoprivano il mondo sfogliando i libri dei punti Silva. «Su quelle pagine patinate vidi per la prima volta Samarcanda, Santiago, Timbuktu; rimasi folgorato dalla loro bellezza». Malù scelse Santiago De Compostela come prima meta non solo perché la sognava fin da piccolo. «Anche mia figlia, allora già ammalata, rimase incantata dalla bellezza di quel posto quando vide un documentario dedicato alla Spagna. «Quando guarirai ci andremo» ci promettemmo; purtroppo lei chiuse per sempre gli occhi dopo due anni di malattia». Una tragedia che travolse l’intera famiglia.  Poco dopo, Malù partì da casa con un foulard dell’amata figlia legato sul portapacchi da depositare in Spagna. «Ero sereno perché sapevo che avevamo fatto tutto il possibile, anche se alla fine la malattia ce l’ha portata via. L’esperienza  che avevo avuto con la morte nel mondo della tossicodipendenza mi aiutò parecchio».

Lo sport è una scuola di vita, aiuta a darsi una disciplina, passando anche dalla sofferenza ma è un bel soffrire

«Quanta gente meravigliosa ho incontrato!»

Dopo quel primo viaggio durato un mese, ce ne furono molti altri. San Pietroburgo, Gibilterra, Calabria. Dapprima pedalando con un amico, poi da solo. «E pensare che prima di allora non avevo mai fatto un viaggio in solitaria!» spiega. Parte per l’Iran, la Georgia, la Turchia. «Quanta gente meravigliosa ho conosciuto!» esclama sgranando i suoi occhi blu mare. Ormai sono più di quindici anni che il sessantacinquenne macina chilometri. «E non immagini con quanta fatica» ammette sorridendo. 

Lo sport come scuola di vita

Tuttavia, grazie agli anni di sport che gli hanno forgiato il fisico e la psiche, lui ce la fa sempre. Ginnastica, atletica, sci, wind surf, nuoto pinnato, canottaggio, pallacanestro. Malù Cortesi ha primeggiato in molti campi. «Lo sport è una scuola di vita, aiuta a darsi una disciplina, passando anche dalla sofferenza. Ma è un bel soffrire: anche nei miei viaggi ogni tanto mi dico che sono matto a fare così tanta  fatica, soprattutto alla mia età. Tuttavia, quando raggiungo l’obiettivo, sono orgoglioso di me stesso: sono felice di aver tenuto duro».

Iran, Georgia, Turchia. E pensare che prima di allora non avevo mai fatto un viaggio in solitaria

La mamma e il carnevale

Un senso della disciplina che applica anche a carnevale, quando da libero sfogo alla sua creatività. Malù Cortesi non esce mai dal personaggio che ha scelto di interpretare insieme a Carlo Reguzzi, il suo amico di sempre. Capita così di scorgerli mentre passeggiano nella bolgia carnevalesca indossando tacchi a spillo e parrucche pazzesche, oppure ondeggianti su trampoli o in monopattino. I loro travestimenti sono entrati nella storia dei carnevali del Sopraceneri. «È una passione che mi ha tramandato mia mamma, come tante altre belle cose – ricorda Malù terminando l’intervista -  lei era una persona splendida; era maestra negli scherzi di carnevale. Quando era ancora gerente di un bar di Locarno, spariva dal bancone e poi riappariva travestita da pirata, o da odalisca… Ricordo che faceva schiantare dal ridere i clienti. Era una donna piena di vita… Pensa che a 87 anni, due anni prima di morire, è ancora andata alla Stranociada travestita da Pocahontas! "Mi hai riconosciuto?" mi chiese il giorno dopo… Che forza! Credo che pure io seguirò la sua strada».