Russia

Quanti sono, davvero, i russi che sperano nella fine della guerra per il 2024?

Stanchezza e tensioni sociali stanno guadagnando sempre più spazio nella quotidianità del Paese, mentre dagli ultimi sondaggi sembrerebbe emergere un forte sentimento di pace: come stanno, quindi, le cose?
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Marcello Pelizzari
31.12.2023 09:26

Il dato, innanzitutto: secondo un sondaggio della società specializzata Russian Field, pubblicato venerdì, il 50% dei russi vuole che la guerra in Ucraina finisca nel 2024. In totale, sono state intervistate 1.600 persone. Fra queste, solo il 6% ha dichiarato di desiderare una vittoria della Russia. Il sondaggio, leggiamo, è il secondo – in epoca recente – che fa trapelare una certa stanchezza, fra la popolazione, rispetto al conflitto. Una stanchezza ascrivibile, altresì, al costo economico che Vladimir Putin riversa sulla quotidianità dei russi per sostenere gli sforzi bellici al fronte. Esempio banale: senza la guerra e le conseguenti sanzioni occidentali, beh, il prezzo delle uova (elemento base della cucina russa) non sarebbe salito così tanto. A dicembre, Chronicle aveva rilevato che il numero di cittadini russi ancora convinti dell'invasione si è quasi dimezzato da febbraio 2023 a oggi.

D'accordo, ma come si può leggere questa stanchezza? Secondo il think tank Institute for the Study of War, la guerra sta esacerbando le tensioni sociali nel Paese. Un problema, pensando altresì alle presidenziali in programma nel marzo del 2024. Dall'inizio dell'invasione su larga scala dell'Ucraina, a Vladimir Putin sarebbero state inviate oltre 180 mila lamentele con oggetto il Ministero della Difesa. Anche durante lo spazio riservato alle domande dei cittadini, a margine della conferenza-fiume di fine anno, sono emersi alcuni segnali di dissenso. Con il sospetto, va da sé, che il Cremlino abbia volutamente fatto passare alcune domande scomode per far sembrare, all'esterno, che la Russia sia un Paese democratico.

Il sito indipendente russo iStories, al riguardo, ha riferito che gli stipendi non pagati, la mancanza di ferie per i soldati e una certa inadeguatezza a livello di cure mediche hanno scatenato una vera e propria protesta. Nemmeno troppo silenziosa, considerando che le mogli e le madri dei soldati al fronte hanno iniziato a organizzare manifestazioni pubbliche chiedendo, espressamente, che questi uomini possano fare rientro a casa. In via definitiva e, se possibile, non in un sacco nero. Proteste simili, nel 1994, avevano contribuito a cambiare l'opinione pubblica nei confronti della prima guerra cecena. 

Altri sondaggi, per contro, sembrerebbero sbugiardare quanto emerso di recente. A novembre, per dire, la principale società di sondaggi indipendente russa, Levada, ha insistito nel dire che il 68% dei russi era favorevole al proseguimento della guerra, sebbene una larga maggioranza a precisa domanda aveva risposto che sì, preferirebbe dei colloqui di pace. In realtà, gli stessi sondaggisti hanno riferito che i russi sono più che altro apatici nei confronti del conflitto. Credono inoltre che non vi sia un'alternativa reale a Vladimir Putin, come d'altronde confermano le recenti vicissitudini di alcuni candidati alle presidenziali. 

La verità, probabilmente, sta nel mezzo, nella misura in cui la dura repressione delle autorità e la censura complicano e non poco il mestiere dei sondaggisti. Tradotto: l'attuale clima politico, in Russia, non permette di valutare appieno e con esattezza il vero pensiero delle persone. Secondo un'analisi del New York Times, oltre 6.500 persone sono state arrestate o multate per dissenso bellico. Nella Federazione, oggi, indossare abiti gialli e blu – i colori della bandiera ucraina – o chiedere a un DJ di suonare un brano tipicamente ucraino sono reati perseguibili e punibili. Anche dichiararsi contro l'invasione può comportare conseguenze gravi. Di cui la reticenza, da parte di alcuni intervistati, nel dire ciò che pensano davvero.

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