Psicologia

Quanto dilaga la distorsione cognitiva in pandemia?

Il concetto di «trappola mentale» sollevato da Giorgio Merlani ci dà lo spunto per analizzare i principali fattori che condizionano ragionamenti e decisioni di chi nega il virus, chi il vaccino e chi si sente al sicuro perché vaccinato – Con il professore di psicologia dell’Università Bicocca di Milano Diego Sarracino abbiamo parlato di errori comunicativi, spaccature sociali e visioni distorte
© AP/Claudio Furlan
Valentina Coda
23.11.2021 19:04

Chissà per quale strana trappola mentale ci ricaschiamo ogni volta. Il cono d’attenzione al cinguettio del medico cantonale Giorgio Merlani, che commentava il numero di ospedalizzazioni in Svizzera e il tasso d’occupazione delle terapie intensive, si è polarizzato sul concetto di «trappola mentale», tant’è che sono subito seguite le precisazioni del caso per meglio inquadrare il contesto. Si chiamano bias cognitivi (o distorsione cognitiva), chiarisce. In buona sostanza, è la tendenza a creare una propria realtà sulla base dell’interpretazione di informazioni in nostro possesso – anche se non necessariamente corrispondono all’evidenza – che influenzano il nostro processo decisionale e la nostra percezione del mondo e delle cose. Con Diego Sarracino, professore associato presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università Bicocca di Milano, abbiamo cercato di individuare i principali fattori che condizionano ragionamenti e decisioni e che inevitabilmente hanno portato a una spaccatura sociale quasi irreparabile tra chi nega il virus, chi nega il vaccino e chi si sente al sicuro perché vaccinato.

Visione stirata da un estremo all’altro
Partiamo subito fotografando la situazione attuale e il gap sociale a cui stiamo assistendo. Sarracino sottolinea che la posizione più razionale, ovvero quella di evidenziare i vantaggi del vaccino accettando anche la possibilità che possano avere degli effetti collaterali, in realtà viene del tutto stirata da un estremo all’altro formando questi gruppi coalizzati. Più in generale, «ogni fenomeno sociale o aspetto che riguarda il comportamento decisionale umano è soggetto a queste forme di polarizzazione». Ma come si è arrivati a questo fenomeno di sfiducia di massa nella scienza? Il professore addita come primo colpevole la comunicazione, sia quella da parte dei mass media che quella della comunità scientifica e della politica. Per citare qualche esempio, «i vari dibattiti tra gli epidemiologi hanno acuito questo senso di diffidenza perché, effettivamente, giungevano anche informazioni contrastanti sull’efficacia dei vaccini e sul virus in generale. Naturalmente, questo ha alimentato la diffidenza, anche se c’è sempre stata nei confronti dei vaccini, indipendentemente dalla COVID».

I vari dibattiti tra epidemiologi hanno acuito questo senso di diffidenza sul virus e sul vaccino

È noto, pertanto, che siamo portati ad attribuire maggiore credibilità alle informazioni che confermano le proprie convinzioni ed evitare quelle che le contraddicono. E il gap sociale di cui parlavamo prima potrebbe essere proprio uno dei risultati di questa tendenza, formata, va da sé, da un miscuglio di «processi distorsivi ed errori di comunicazione».

Di omissione, disponibilità e conferma
Chi nega il virus, chi il vaccino e chi si sente al sicuro perché vaccinato, dicevamo. Queste categorie ben distinte di persone, a detta di Sarracino, sono influenzate da diversi aspetti, come l’ansia e la percezione della pericolosità della COVID. Alcune ricerche parlano di oltre 200 fenomeni che condizionano i nostri ragionamenti e i nostri processi decisionali. Il professore riassume i più importanti in tre errori di ragionamento: quello della disponibilità, dell’omissione e della conferma.

Il primo: con il bias della disponibilità «ho la tendenza a formulare dei giudizi in base alle informazioni maggiormente disponibili. In altre parole l’informazione che vedo per prima ha la meglio sulle altre». Per fare un esempio pratico, pare evidente che se faccio parte di un gruppo social, come quelli che spopolano su Telegram oppure Facebook e coalizzano su un determinato tema, sono bombardato da questo tipo di informazioni e di conseguenza tendo a farle mie. Il secondo: il bias dell’omissione, che «potrebbe giustificare in parte il comportamento e l’atteggiamento dei no vax e dei negazionisti», precisa il nostro interlocutore. Stiamo parlando della distorsione secondo cui «si agisce come si è sempre fatto, ovvero quando ho un dubbio su un certo tema non adotto nuove soluzioni ma ometto di attuare nuovi comportamenti».

Quando ci convinciamo di qualcosa tendiamo a selezionare solo le informazioni che sposano la nostra convinzione tralasciando tutto il resto

Tra gli errori di ragionamento possiamo infine annoverare il bias della conferma, ovvero «quando ci convinciamo di qualcosa tendiamo a selezionare solo le informazioni che sposano la nostra convinzione tralasciando tutto il resto. Ad esempio, chi è fermamente convinto dell’efficacia del vaccino tenderà a minimizzare la notizia di un decesso causato dai suoi effetti collaterali. Di contro, chi sostiene l’inutilità del vaccino sarà più propenso a negare tutti i dati statistici sulla sua efficacia». Ricapitolando, per il professore l’insieme di tutti questi errori di valutazione porta gruppi di persone a coalizzarsi e a raggiungere posizioni estremiste.

«Con i social tutti epidemiologi»
Il fattore cardine che rende questa crisi diversa dalle precedenti è senza dubbio l’influenza dei social sull’opinione pubblica. Un aspetto, questo, non indifferente se consideriamo che è diventato negli anni il principale canale di informazione. E, non da ultimo, rende ancora più complicata la gestione della crisi dato che «in mezz’ora si può fare un mini corso di epidemiologia e questo porta tutti a ritenersi esperti in materia», chiosa Sarracino.

© Twitter Olivier Sibony
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