Ambiente

Quanto siamo vicini all’aereo a idrogeno?

Airbus vuole introdurre un aereo commerciale a idrogeno entro il 2035, ma spinge altresì sull’elettrificazione e sui carburanti sostenibili – Quali sono le prossime, decisive sfide dell’aviazione per un futuro con zero emissioni? Ne parliamo con Serafino D’Angelantonio, Chief Representative per l’Italia del produttore europeo
© Airbus
Marcello Pelizzari
04.02.2022 06:00

Lette così, le cifre non fanno paura. In un certo senso, scagionano l’aviazione. Responsabile, a livello globale, del 2-3% delle emissioni «umane» di CO2. C’è chi fa peggio, insomma. Molto peggio. Eppure, a giusta ragione il settore spinge (con forza) per disegnare e costruire un futuro diverso. Migliore, anche. Lo fa puntando su concetti chiave quali sostenibilità e neutralità climatica. Airbus, il primo produttore di aerei civili al mondo per numero di consegne, è al centro di questo cambiamento. Grazie a un programma ambizioso, e di riflesso costoso, denominato ZEROe, incentrato sul cosiddetto idrogeno verde. Quello, citiamo dai manuali, che si ottiene attraverso l’elettrolisi dell’acqua in speciali celle elettrochimiche alimentate da elettricità prodotta da fonti rinnovabili. L’unico pulito, per farla breve. Per capirne di più ci siamo rivolti a Serafino D’Angelantonio, Airbus Chief Representative per l’Italia.

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Idrogeno sì, purché sia verde
«L’idrogeno verde – spiega il nostro interlocutore – è una parte essenziale della strategia di Airbus per guidare la decarbonizzazione dell’industria aeronautica». L’obiettivo, entro il 2035, è lanciare sul mercato velivoli a zero emissioni. Velivoli spinti da motori a idrogeno. Affinché ciò accada, sottolinea D’Angelantonio, «la progettazione del futuro ecosistema legato all’idrogeno verde deve per forza di cose cominciare ora. Riteniamo che l’obiettivo sia realistico».

Fra il dire e il fare, insomma, non dovrebbero esserci troppi problemi. Airbus intende avviare il primo programma dedicato fra il 2026 e il 2028. «Significa – prosegue il dirigente – che abbiamo circa cinque anni per far maturare le tecnologie necessarie». L’idrogeno è già musica del presente in altri settori industriali. «E noi, di conseguenza, non partiremo da zero. La sfida principale, pensando all’aviazione, sarà quella di certificare gli standard di aeronavigabilità».

Airbus, dunque, è sul pezzo. Sull’idrogeno e «su altre, diverse strade». Entro la fine del decennio, promette il costruttore, arriverà un primo prototipo di aereo a idrogeno su cui ragionare. «Se il progresso dell’economia legata all’idrogeno verde continuerà come previsto, beh, questa risorsa non solo sarà facilmente disponibile entro il 2030 ma sarà pure conveniente. Questa linea temporale si allinea con le ambizioni di Airbus. Sì, l’ecosistema dell’idrogeno verde per l’aviazione sta già prendendo forma. Tant’è che sempre più attori chiave stanno lavorando per renderlo una realtà».

Airbus, dicevamo, sta percorrendo varie strade per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni. Perché, dunque, l’idrogeno dovrebbe essere la soluzione migliore? Chiariamo il concetto: quanti e quali passi servono affinché si affermi come la tecnologia di riferimento? D’Angelantonio individua tre campi d’azione, che riguardano la disponibilità, lo stoccaggio e l’infrastruttura.

Disponibilità, sul lungo periodo, significa garantire che ci sia abbastanza idrogeno verde per alimentare le esigenze dell’industria aeronautica

Disponibilità, stoccaggio e infrastrutture
Disponibilità, agli occhi del nostro interlocutore, vuol dire garantire che sul lungo periodo «ci sia abbastanza idrogeno verde per alimentare le esigenze dell’industria aeronautica». L’economia globale dell’idrogeno è ancora agli inizi, «ma abbiamo osservato attentamente l’ecosistema attuale e siamo entusiasti dei progressi fatti. Ci aspettiamo, inoltre, che questo rapido sviluppo aiuti a ridurre i costi per l’aviazione».

Lo stoccaggio, per contro, potrebbe creare qualche problema. «Affinché la combustione funzioni, l’idrogeno liquido deve essere conservato in modo sicuro a bordo degli aerei. Viste le proprietà, uniche, dell’elemento, la cosa potrebbe rivelarsi complicata». Airbus, tuttavia, mantiene un certo ottimismo. «Stiamo adattando e migliorando l’attuale tecnologia di stoccaggio. Diversi centri di sviluppo hanno iniziato a lavorare su serbatoi per il nostro prototipo di aereo ZEROe. L’idea, nel breve, è puntare su serbatoi metallici. Quantomeno, è la linea seguita dai centri di Nantes e Brema. Sul lungo periodo, però, punteremo su serbatoi fatti di materiali compositi, più leggeri ed efficienti se pensiamo ai costi di produzione. Airbus vi lavorerà nel suo centro spagnolo e in Germania. Tutto per arrivare ai primi test a terra nel corso del 2023 e ai test in volo per il 2025».

E poi c’è l’infrastruttura. Da rimodellare, già. Gli aeroporti puntano, come i produttori di aerei e le compagnie, a ridurre l’impronta ambientale complessiva. Anche qui, l’idrogeno nelle intenzioni dovrebbe essere al centro di ogni discorso. Airbus, nel 2020, ha lanciato il programma Hydrogen Hub at Airports «per aiutare gli aeroporti a riflettere». E, diciamo, a riposizionarsi. Perché gli aerei a idrogeno avranno altre necessità e le operazioni aeroportuali, di conseguenza, subiranno delle modifiche. Sarà coinvolta, per dirla con il dirigente di Airbus, «l’intera catena del valore».

L’idrogeno, va da sé, rimanda poi all’industria aerospaziale. Un campo in cui Airbus ha detto e continua a dire la sua. Quanto aiuta il know-how accumulato in questo settore specifico? «Indubbiamente aiuta, se pensiamo che l’industria aerospaziale da decenni è capace di stoccare l’idrogeno liquido. C’è una conoscenza che può essere condivisa all’interno dell’azienda. La collaborazione intersettoriale e interdivisionale ci porterà ad avere un aereo alimentato a idrogeno già il prossimo decennio».

Lo sviluppo della propulsione elettrica e ibrida è una delle tecnologie più promettenti per il futuro dell’aviazione

Elettrificazione: a che punto siamo?
Facciamo un piccolo passo indietro. Airbus, dicevamo, scommette con forza sull’idrogeno ma segue anche altre strade. Fra cui l’elettrificazione. Una strada più tortuosa, a detta degli esperti, in particolare per i voli a lungo raggio. «Lo sviluppo della propulsione elettrica e ibrida è una delle tecnologie più promettenti per il futuro dell’aviazione» taglia corto D’Angelantonio. L’idea, alla base, è sempre la stessa: arrivare a costruire aerei più silenziosi e più puliti. «E noi stiamo investendo nella ricerca, che si concentra su velivoli e propulsori innovativi, non convenzionali». L’elettrificazione, chiarisce il dirigente, ha subito un’accelerazione importante negli ultimi anni, «dai velivoli elettrici a decollo e atterraggio verticale per i viaggi aerei urbani ad aerei ad ala fissa che possono trasportare fino a nove passeggeri. Tuttavia, il salto tecnologico per arrivare a produrre velivoli commerciali è stato frenato da un progresso più lento del previsto». Ciononostante, «l’industria è capace di affrontare sfide diverse e per questo crediamo che l’innovazione ibrido-elettrica possa lasciare il segno».

E ancora: «Fino a quando non risolveremo la sfida della densità di energia per la propulsione – prosegue D’Angelantonio – le batterie giocheranno un ruolo di supporto per ridurre l’impronta di CO2 di un aereo. Noi la chiamiamo micro-ibridazione». Detto in altri termini, «invece di fare affidamento sui motori termici per alimentare completamente l’aereo, potremmo usare delle piccole batterie per fornire energia elettrica ad alcuni sistemi di bordo di modo da aiutare ad alleggerire i motori in determinate operazioni».

Ad esempio, a breve termine «la micro-ibridazione alimenterà funzioni non propulsive come l’aria condizionata e la pressurizzazione della cabina, le comunicazioni, i controlli di volo e il carrello di atterraggio. Ma potremmo usare la micro-ibridazione per alcune funzioni dei motori, a terra come in volo. Attualmente, gli aerei commerciali si affidano a un’unità di potenza ausiliaria – una piccola turbina a gas – per fornire energia a terra e aiutare ad avviare i motori principali. Inoltre, se è vero che l’attuale tecnologia non permette di utilizzare le batterie per operazioni intensive come il decollo o la crociera, potremmo usare l’energia elettrica per assistere i motori durante il rullaggio e la discesa. Stimiamo che la micro-ibridazione potrebbe ridurre l’impronta ambientale di un aereo tra l’1 e il 6%. Con gli elicotteri potremmo arrivare addirittura al 10%. In definitiva, intendiamo promuovere e applicare la micro-ibridazione in maniera modulare su tutti i nostri prodotti rilevanti».

© Airbus
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La soluzione più immediata? I biocarburanti
L’industria dell’aviazione, spesso, è stata accusata di fare troppo poco per ridurre le emissioni di CO2. In realtà, Airbus e gli altri attori dei cieli sono molto attenti ai cambiamenti climatici e al surriscaldamento globale. Perché, allora, il messaggio non è passato al grande pubblico, che ancora punta il dito contro gli aerei ad immagine della cosiddetta flygskam, la vergogna di volare? Ancora il responsabile di Airbus per l’Italia: «In Airbus siamo impegnati a sviluppare, costruire e testare sistemi di propulsione alternativa, alimentati da tecnologia elettrica o idrogeno, per consentire all’industria aeronautica di ridurre le emissioni di CO2 di aerei commerciali, elicotteri, satelliti e futuri veicoli per la mobilità aerea urbana». Allo stesso tempo, precisa il nostro interlocutore, «continuiamo a promuovere l’innovazione in tutti i nostri aerei con l’obiettivo di ridurre la loro impronta di carbonio durante l’intero ciclo di vita. Ovvero, anche dopo che hanno lasciato la catena di montaggio finale. Esempi recenti di tali innovazioni includono winglet, aerodinamica più efficiente, sedili più leggeri, motori più efficienti, materiali avanzati e più leggeri come i compositi, il titanio e l’alluminio moderno. Il tutto per creare un aereo più leggero ed economico».

Oggi, chiarisce D’Angelantonio, «gli aerei emettono l’80% in meno di CO2 per posto-chilometro rispetto a cinquant’anni fa. Sono anche più silenziosi del 75%. Investiamo in ricerca e sviluppo per portare le prestazioni degli aerei in termini di efficienza del carburante e riduzione del rumore a un livello superiore. Otteniamo anche dati preziosi dai nostri processi di gestione del fine vita e integriamo questi risultati nella progettazione».

Airbus, infine, investe nei carburanti sostenibili. A tal proposito, i cosiddetti biocarburanti o, meglio, quelli sintetici appaiono come la soluzione più semplice per l’immediato, dato che permetterebbero alle compagnie di utilizzare i velivoli e i motori attualmente in produzione. «Airbus continua a promuovere l’uso del combustibile sostenibile per l’aviazione (SAF) perché crede, a breve termine, che ridurrà le emissioni, soprattutto per i voli a lungo raggio. Il cosiddetto SAF viene prodotto utilizzando i processi più avanzati e può garantire una riduzione delle emissioni di CO2 fino all’80%. Allo stato attuale, gli aerei Airbus sono certificati per volare con il 50% di carburante sostenibile. Entro la fine del decennio, l’obiettivo è raggiungere la certificazione per il 100%. Nel corso del 2021, abbiamo testato i motori e il sistema di alimentazione di un A320 Family e di un A350 con il 100% di carburante sostenibile. I risultati iniziali, beh, sono molto promettenti. Quelli completi, per entrambi gli studi, dovrebbero essere pubblicati verso la fine del 2022».

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