Quarant'anni di «Vamos a la playa», il tormentone estivo che di spensierato non ha (quasi) nulla

«Vamos a la playa, oh, oh, oh, oh, oh, vamos a la playa, oh, oh, oh, oh, oh». Sfidiamo chiunque a dire di non essersi ritrovato a canticchiarla in un giorno d'estate, ciabattine, occhiali da sole e asciugamano verso la spiaggia. Un'intuizione vincente, con un ritornello irresistibile. Che nel 1983 risuonava dappertutto, dando vita a quello che è diventato il concetto di tormentone estivo. Vamos a la playa dei Righeira compie 40 anni. Se chiedete a un ragazzino chi sono i Righeira probabilmente non lo sa, ma se cominciate a canticchiargli «Vamos a la playa» lui risponderà «Oh oh oh oh oh». Poche e semplici parole per rendere l'idea di cosa sia un tormentone, un pezzo che rimane in testa e dal quale non è possibile liberarsi. Ma c'è un ma. Di quella canzone, in realtà, non abbiamo capito nulla. Anzi, a dirla tutta il testo non è proprio così leggero.
Partiamo dai protagonisti. Le voci che intonano la bizzarra melodia sono di due ragazzi (allora) giovanissimi. Il videoclip della canzone li mostra in camicia, cravatta e mocassini, su una scenografia cartonata dai colori fluo. Uno di loro indossa vistosi occhiali da sole a specchio, entrambi fingono di cantare dentro futuristici orologi da polso dotati di antenne. Si fanno chiamare Johnson e Michael Righeira, ma in realtà sono nati a Torino e all’anagrafe sono registrati come Stefano Righi (1960) e Stefano Rota (1961). Cantano in spagnolo (sì, allora era una novità). Ma pop, la canzone, lo è diventata. Il demo di Vamos a la playa (1981) suonava molto più elettronico, molto più cupo. Dall’incontro tra i Righeira e i Fratelli La Bionda (produttori di successo del genere italo-disco) è nato qualcosa di diverso, ha raccontato negli scorsi giorni in alcune interviste Stefano Righi. È stato alleggerito il suono e la canzone è diventata più allegra. Lo spagnolo «era una citazione legata a certi successi del passato, come Cuando calienta el sol, ed era il frutto della ricerca di un suono, la volontà di fare qualcosa di strano». Una canzone nata quando scoppiò il post punk, la sperimentazione seducente che sbocciava con i sintetizzatori.
Ma passiamo al testo. Raggi radioattivi al posto di quelli solari che fanno perdere i capelli e la vita. «La bomba è scoppiata, le radiazioni abbrustoliscono e sfumano d'azzurro. Alla fine il mare è pulito, non più pesci puzzolenti, ma acqua fluorescente». Però noi «andiamo in spiaggia, tutti con il cappello, il vento radioattivo spettina i capelli». Ah. Quindi i due con i capelli colorati che cantano, in realtà parlano delle vacanze in una spiaggia in cui è esplosa la bomba nucleare, grande paura degli anni Ottanta figlia della guerra fredda fra Stati Uniti e URSS. «Fare una canzone apocalittica, postatomica, da day after, in spagnolo la rendeva più strana – ha ammesso Righi –. Parole come "radioattivo" e "fluorescente, in spagnolo evocavano un certo esotismo, scenari sudamericani. E questo venendo fuori da una Torino che in quegli anni era grigia e plumbea e usciva dagli anni del terrorismo».
Insomma, stiamo parlando di una canzone che a suo modo riflette gli anni della guerra fredda, in cui tutti temevano l'atomica e un conflitto nucleare. «Un’epoca segnata da profonde contraddizioni», come spiega Fabio De Luca, scrittore, giornalista e dj radiofonico, che ha scritto il libro Oh, oh, oh, oh, oh. I Righeria, la playa e l’estate del 1983 (Nottetempo, 2023). La Nazionale di calcio italiana, nel 1982, conquista la coppa del mondo in Spagna, ma al periodo di entusiasmo seguono l'inflazione in salita, la crisi del Governo Fanfani e, a livello internazionale, il gelo atomico tra USA e URSS. «Ma a prevalere è un’atmosfera da “belle époque” trainata dalla moda, dalla televisione e dalla pubblicità». E in questo scenario di surreale ottimismo, i Righeira portano al successo Vamos a la playa. «Il messaggio era ottimistico – ha spiegato Johnson Righeira a La Stampa –. Volevamo vedere il lato positivo. Esplode la bomba, ma che ce ne frega, troveremo il modo di andare comunque a la playa. Andiamo in spiaggia, andiamo avanti lo stesso, vuol dire che diventeremo blu invece che marroni». Uno scenario da spiaggia post-atomica ripreso dallo stesso Gruppo Italiano con Tropicana – negli stessi mesi di Vamos a la playa scalava le classifiche –, che evocava scenari esotico-catastrofici con una certa leggerezza: «L’esplosione e poi dolce un’abbronzatura atomica. La lava incandescente gremava gli hulahop, l’uragano travolgeva i bungalow».