«Quei resti vicino al cantiere sono di un secondo rivellino»

Nicola, uno degli operai al lavoro nel cantiere per il rinnovo dello Schloss hotel, dopo aver sollevato una botola di acciaio cala una grande scala a pioli che il buio sotterraneo sembra pian piano inghiottire. Ruotando verso il basso un faro acceso, però, ecco la rivelazione: i resti di antiche mura realizzate con ciottoli, grandi pezzi lavorati, malta e qualche mattone, convergono a formare una punta con angolo di circa novanta gradi, come fosse un quadrato tagliato a metà sulla diagonale. «È un secondo rivellino, con ogni probabilità», evidenzia l’architetto Chiara Lumia, specializzata nel restauro di monumenti, mentre scende i gradini.
«Questo scavo risale agli anni Venti del Novecento e, data l’importanza del ritrovamento, è stata creata una sorta di gabbia in cemento per contenere il rudere, oggi sotto il livello del terreno di circa 2,5 metri», aggiunge Lumia che, oltre ad aver insegnato al Politecnico di Milano e attualmente nel corso di laurea in Conservazione e restauro della Supsi, è una grande conoscitrice del castello. Nel 2019 ha realizzato una ricerca commissionata dalla Città di Locarno, impiegata come base per il progetto di restauro conservativo il cui allestimento definitivo è in corso.


La discesa verso i ruderi
L’entusiasmo della nostra interlocutrice non le fa badare alla polvere che si attacca alla giacca. Muovendo la luce del suo cellulare, esplora più nel dettaglio il sito: «Qui c’è dell’intonaco probabilmente del 1500», fa notare puntando il dito verso il materiale, che spunta sulle pietre.
«Di recente, sono tornata su questo interessantissimo oggetto. La sua forma, per quanto è possibile vedere oggi, assomiglia molto a quella del secondo rivellino del Castello di Milano, e quando ho capito di cosa si trattava, sono rimasta davvero sorpresa», afferma. Un’opera, quindi, che si aggiungerebbe a quella – ben più conosciuta – attribuita da Marino Viganò a Leonardo Da Vinci e di proprietà del gallerista Arminio Sciolli. «È stata proprio una vendita a privati, già nel XVI secolo, che ha permesso di salvarlo dalla demolizione da parte dei confederati, al contrario di quanto successo a buona parte del complesso fortificato di Locarno».
Un altro «tocco» di Leonardo?
Sulla datazione e la committenza del ‘secondo’ rivellino Lumia afferma che servirebbero ulteriori approfondimenti e studi specifici, tanto per cominciare per confermare che si tratti effettivamente di un rivellino. Riguardo la sua possibile funzione, «se il ‘primo’ rivellino serviva a difendere il lato verso il Piano di Magadino - nel momento in cui Bellinzona passa agli svizzeri non c’è più nessun ostacolo per un eventuale attacco - questo ‘secondo’ si trova affacciato verso nord ovest, in direzione di Brissago e Cannobio. Lo scopo era probabilmente fermare gli attacchi via terra da quella parte, che era pure un lato scoperto. Quindi è possibile che sia stato costruito per questo».
Quindi un’ulteriore fortificazione, anche se non è chiaro se sia stata edificata prima o dopo quella divenuta popolare grazie alla monumentale ricerca di Marino Viganò.
Le finestre per gli archibugi
L’esperta muove il braccio lungo la parete, indicando un’apertura. «Dobbiamo immaginare una serie di bocche dalle quali si sparava. Qui non sono grandi quanto quelle dell’altro baluardo, quindi molto probabilmente non sono adatte per dei cannoni, ma la dimensione potrebbe essere compatibile con quella delle finestre per archibugieri».
Il tempo è scaduto
«Questo manufatto è di grande interesse e rappresenta una conferma ulteriore dell’importanza della fortezza sul Verbano per il Ducato di Milano, seconda solo al Castello di Milano. Oltre ai rapporti strettissimi tra ingegneri militari e committenza. Ed è straordinario anche il fatto che si siano conservate. A Milano rimane molto meno dei rivellini del castello sforzesco».
Il tempo per il sopralluogo è ormai scaduto e le maestranze si preparano a chiudere le recinzioni per la pausa pranzo. È ora di risalire in superficie: «Spero che, un giorno, sia possibile studiare meglio e valorizzare questa notevole costruzione», conclude Lumia.