Quel blocco di marmo franato che blocca l’attività della cava

«La ripresa dell’attività estrattiva, in questo momento, è una vera ciliegina sulla torta». A dirci queste parole, sette anni fa, era stato il presidente del Patriziato di Arzo Aldo Allio, orgoglioso e felice che, quasi contemporaneamente al completamento della riqualificazione del comparto delle cave, potesse riprendere anche quell’attività estrattiva del marmo Macchiavecchia che era ferma da ben 8 anni (vedi CdT del 18 maggio 2017).
Oggi, le sensazioni di quel giorno sembrano purtroppo solo un ricordo. L’attività estrattiva è ferma, da oltre un anno – confida Allio -, la ditta che aveva vinto il concorso per la locazione della cava di pietra naturale e per l’estrazione del noto e prezioso marmo «si è praticamente dileguata, lasciando il Patriziato in una situazione non bella».
Un blocco di 100 metri cubi
A far precipitare gli eventi è stato il cedimento sul fronte (la parete verticale) nord-ovest della cava, un evento che ha portato allo stacco di un blocco di marmo di quasi 100 metri cubi che si è poi arrestato sul piano della cava. «Uno strato di argilla spesso circa 80 centimetri alla base del blocco medesimo ne ha facilitato il movimento. L’esistenza di una zona di debolezza, dovuta a roccia alterata, è all’origine del crollo del fronte su una lunghezza di circa 20 metri», si spiega nella relazione tecnica allegata alla domanda di costruzione in pubblicazione in questi giorni all’Ufficio tecnico di Mendrisio.
Se la cava è al centro di una richiesta edilizia è perché il cedimento rende necessaria una messa in sicurezza del fronte. Senza questo intervento, l’attività estrattiva non può riprendere. A firmare la domanda di costruzione è il Patriziato di Arzo: «In un primo momento il progetto era stato presentato dalla ditta stessa locataria della cava – prosegue Allio -, per poter riprendere a lavorare era infatti indispensabile prima stabilizzare il fronte della cava. Ma i responsabili sono sostanzialmente spariti, lasciandoci con un bel problema da risolvere e nella situazione di doverci mettere noi dei soldi e senza garanzie per il futuro». Nel luglio del 2023, precisa il nostro interlocutore, il Patriziato ha ricevuto, tramite un avvocato, la disdetta del contratto di locazione da parte della ditta stessa. Da quel giorno la cava è sostanzialmente abbandonata al suo destino.
Un passo dopo l’altro
Un destino che però il Patriziato vuole riprendersi in mano. Dapprima con questa domanda di costruzione (l’investimento stimato è di 50.000 franchi), poi con la ripresa dell’attività estrattiva. Ma il cammino è ancora lungo: «La convenzione con il Cantone per l’attività estrattiva scade a giugno 2026, sapendo che deve ancora essere fatta la messa in sicurezza, non ha senso cercare ora nuovi interessati a riprendere l’attività con la scadenza così vicina. Quindi faremo un passo alla volta, prima metteremo in sicurezza in comparto, poi lavoreremo per avere una proroga di almeno 10 anni per l’attività della cava e infine cercheremo qualcuno che voglia riprendere l’attività estrattiva».