Società

Quel momento delicato in cui occorre smettere di guidare

L’età media delle popolazione aumenta e molti anziani devono fare i conti con la prospettiva di lasciare la patente - Che cosa fa la società per prepararli a questo passaggio?
I controlli sulla capacità di guidare sono stati spostati ai 75 anni. Può essere il momento della verità. (FOTO CHIARA ZOCCHETTI)
Carlo Silini
08.02.2020 13:08

«Per me la patente era eterna, la usavo tutti i giorni a fare la spesa, invece adesso vado magari due volte alla settimana e non di più. È cambiato tutto, adesso devo aspettare la grazia che qualcuno mi porti, avevo fatto l’abbonamento annuale al bus, ma i gradini sono troppo alti». Parola di ex-conducente di 85 anni.

Una testimonianza che racconta senza fronzoli il «dramma» della perdita della patente da parte degli anziani e che è riecheggiata ieri pomeriggio in un incontro di formazione organizzato a Manno dal Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale della SUPSI. E che attesta la necessità di preparare meglio i diretti interessati e la società intera al momento delicatissimo in cui le persone sopra i 70 anni non potranno più guidare. Ma davvero si preparano? O meglio: vengono preparati adeguatamente ad affrontare il problema? Chi pensasse che si tratti di una questione marginale, si ricreda.

Dati significativi

«I dati statistici sono significativi», ci spiega Antonietta Colubriale Carone, curatrice dello studio Anziani e guida. Panoramica sulle condotte di infrazione alla guida della popolazione anziana, con Emiliano Soldini, docente e ricercatore senior. «Si stima infatti che in Svizzera nel 2045 gli over 65 saranno 2.7 milioni, mentre il gruppo composto da bambini e giovani adulti di meno di vent’anni sarà sottorappresentato (1.9 milioni). Anche il numero degli ultraottantenni in Svizzera aumenterà: si passerà dall’1.2% del 1950 (54’800), al 5.1% del 2017 (434’300) per raggiungere poi 1.1 milioni nel 2045. Gli scenari prevedono che tra 30 anni nel nostro Paese vivranno oltre un milione di persone di 80 anni e più. Dati che per noi sono stati un campanello d’allarme. Bisogna insomma prepararsi».

Il cambiamento demografico comporta, come ovvio, anche l’aumento di automobilisti, pedoni o ciclisti anziani. La società ha tutto l’interesse a mantenere più attiva possibile questa fascia di popolazione

Non solo gli anziani aumentano, ma diventano diversi rispetto a quelli a cui eravamo abituati. «Per esempio restano attivi più a lungo di chi li ha preceduti», osserva la nostra interlocutrice. «La Svizzera è tra i Paesi in cui la speranza di vita è più elevata: nel 2016 era pari a 81,5 anni per gli uomini e 85,3 per le donne. Dobbiamo immaginare anziani che partecipano regolarmente alle votazioni, seguono corsi di formazione continua, sono integrati e incontrano abitualmente gli amici. L’invecchiamento attivo consente loro di realizzare il potenziale fisico, sociale e mentale fino a un’età avanzata».

E sul fronte della mobilità? L’Ufficio prevenzioni e infortunio (UPI, 2016) indica che il cambiamento demografico comporta, come ovvio, anche l’aumento di automobilisti, pedoni o ciclisti anziani. La società ha tutto l’interesse a mantenere più attiva possibile questa fascia di popolazione.

I pericoli

Ci sono sì vantaggi, ma anche nuovi rischi. «All’avanzare dell’età la partecipazione alla circolazione stradale diventa sempre più impegnativa e rischiosa. Guidare è un compito complesso che coinvolge abilità visive, motorie e cognitive che mutano con l’età anche nelle persone che invecchiano bene. Soprattutto le interazioni imprevedibili con le situazioni di traffico e con altri guidatori possono mettere in difficoltà i guidatori più anziani. Non dimentichiamo che è entrato in vigore l’innalzamento da 70 a 75 anni dell’età per il primo controllo medico per verificare l’abilità di guida dei conducenti senior, che avviene a cadenza biennale».

Cosa vuol dire procrastinare questa data? È vero che le persone sono sempre più attive, ma sono pronte per questo difficile momento di scelta? Sono disposte a sentirsi dire (magari) che da domani non guideranno più? Che dovranno prendere i mezzi pubblici? «Sono le domande che ci siamo posti anche noi. Per qualcuno che fino a 75 anni di età non ha usato mezzi pubblici non è una prospettiva piacevole! Abbiamo cercato di capire come viene vissuta questa transizione da parte di chi ha già rinunciato alla patente e da parte di chi si sta preparando a farlo. Dopo l’invio di 280 lettere mirate abbiamo ricevuto, con molta difficoltà, solo 40 risposte. E già questo dice quanto sia difficile per molte persone affrontare l’argomento con serenità».

Smettere di guidare è un evento associato a conseguenze sfavorevoli che non possono essere spiegate solo con fattori di salute, età o aspetti socio-demografici

Occhio all’impatto psicologico

Per gli studiosi è importante capire come tutto questo viene vissuto e quali implicazioni pratiche e identitarie può comportare. Così come riflettere sulle alternative sulle quali si può contare e a quali condizioni. «L’idea – commenta l’esperta - è anche di immaginare nuove modalità di supporto a queste persone. Perché non c’è dubbio che questo sia un momento delicato e difficile. La cessazione della guida è un aspetto dell’invecchiamento estremamente gravoso che coinvolge anche famiglie e curanti. Smettere di guidare è un evento associato a conseguenze sfavorevoli che non possono essere spiegate solo con fattori di salute, età o aspetti socio-demografici. Si parla infatti di maggiori livelli di depressione e minori livelli di partecipazione alla vita della comunità».

Un dato confermato dalle considerazioni espresse dagli anziani consultati. «Si dà un po’ per scontata la patente, diventa un po’ una parte di noi. Per me è come avere via una gamba. Cara mia non si può fare più niente!» ha spiegato a una ricercatrice un ex-conducente di 86 anni.

«Siamo tutti diversi»

La psicologa Cinzia Campello, ricercatrice della SUPSI, conferma che la patente è una questione di drammatica importanza per gli anziani. «Abbiamo cercato di integrare questa riflessione sul nostro tipo di esperienza nella valutazione dell’idoneità alla guida che facciamo all’Unità di psicologia applicata. Qui ci confrontiamo con conducenti anziani e dobbiamo valutare se sono ancora in grado di guidare oppure no».

È importante ricordare, spiega Campello, che non tutti gli anziani invecchiano allo stesso modo. «Occorre premetterlo per evitare di stigmatizzare una fascia di popolazione rendendola omogenea. Cosa che non è affatto vera. Oltre ad una differenza interpersonale nell’invecchiamento ne esiste una anche per quanto riguarda le singole funzioni cognitive».

In effetti ci sono funzioni cognitive che sono più sensibili di altre all’invecchiamento, come la velocità di elaborazione delle informazioni e i tempi di reazione ad esempio. In compenso altre funzioni, come le conoscenze numeriche, il lessico, la cultura generale lo sono meno.Succede quindi che alcuni mantengano una buona funzionalità in determinati ambiti, ma la perdono in altri. «Spesso uno degli ambiti in cui non hanno più le funzionalità sufficienti è proprio quello della guida. Così gli anziani si rendono conto di essere molto abili in certe attività, ma non nella guida, dove mancano le condizioni minime che garantiscono la sicurezza per loro e per gli altri utenti della strada».

Ne nasce un vissuto assai controverso per l’anziano. «La non idoneità alla guida viene letta come un’ingiustizia. È comprensibile. Molti si focalizzano su tutto quello che riescono ancora a svolgere, sulle loro esigenze, sulle abitudini che devono cambiare se perdono la patente, sul fatto di dipendere dagli altri. Il vissuto diventa molto più pesante e rende molto arduo accettare la restituzione della patente». A volte l’anziano vede la faccenda in termini generali: se mi dite che non sono più capace di guidare, mi state dicendo che non sono più capace di fare niente.

Che fare?

Vien da chiedersi cosa si possa fare per aiutare gli ultrasettantenni ad affrontare questa fase. Elisa Milani, ricercatrice SUPSI, spiega che «la consapevolezza di non poter più guidare può venire da un giorno all’altro, per esempio dopo un incidente che fa perdere la patente. L’impatto allora è estremamente forte. Ma ci sono casi in cui la persona ha un tempo maggiore per abituarsi all’idea. Alcuni si rendono conto man mano di avere sempre più limiti e mettono in atto delle strategie per continuare a guidare il più possibile con una certa sicurezza».

I trasporti pubblici non sempre vengono utilizzati e non sempre – a una certa età - è così facile farlo. Il rischio è che la persona subisca un isolamento sociale che va ad aggravare ulteriormente la sua situazione

Strategie che non sono risolutive, come non guidare di notte, o farlo solo entro un piccolo raggio, per esempio fino al negozio dove si fa la spesa. «Si sa dagli studi che sono soprattutto le donne, le persone a basso reddito e quelle con poca pratica alla guida a mettere in atto questi stratagemmi. È anche assodato che lo stato psicofisico della persona molto spesso si riduce dal momento che non può più guidare. Non solo a livello psicologico, con casi di depressione, ma anche a livello fisico. Patologie che già c’erano peggiorano di colpo. Un po’ si somatizza, un po’ si paga la conseguenza di non poter fare le cose che si facevano prima. Senza dimenticare la ripercussione sul corpo dei disturbi psichici».

E se non hai la famiglia?

Se l’anziano ha la fortuna di avere una cerchia famigliare coesa riesce a trovare il modo di mantenere qualche attività al di fuori della casa, «altrimenti è tutto più complicato. Ci sono, sì, i trasporti pubblici ma non sempre vengono utilizzati e non sempre – a una certa età - è così facile farlo. Il rischio è che la persona subisca un isolamento sociale che va ad aggravare ulteriormente la sua situazione».

Che fare, quindi? «Ci vuole da una parte una maggiore preparazione all’evento, dall’altra la possibilità di offrire all’anziano strumenti efficaci per mantenere una certa attività e grado di benessere».

«La ricerca non esaurisce le domande ma le moltiplica», glossa Lorenzo Pezzoli psicologo e responsabile dell’Unità di psicologia applicata della SUPSI. «Abbiamo cercato di mostrare come vive l’anziano nel momento in cui si deve confrontare con la prospettiva di perdere la licenza di guida. Dati che interessano la popolazione, ma anche le autorità che possono intervenire per migliorare la situazione. Poniamo dei problemi perché poi, dal politico all’amministratore al clinico al medico curante, alle associazioni attive nell’ambito dell’anzianità, cioè a tutte le persone che sono a contatto con questo tipo di popolazione e già sono sensibili in questo senso, tutti possano mobilitarsi in modo creativo e costruttivo per rispondere. Misure che vanno, concretamente, dall’altezza dei gradini di un bus, alle istruzioni per prendere il biglietto in stazione o via internet, alle istruzioni scritte con caratteri leggibili anche dagli anziani, ma anche all’affiancamento e al sostegno nel momento in cui alla licenza si deve rinunciare. La ricerca è importante perché permette di costruire delle risposte a partire dalla realtà dei fatti».

Le prospettive

Meglio fare affidamento su una futura società in cui le auto si guidano da sole, o su una società capace di integrare gli anziani che non sono più in grado di spostarsi?

«Se ci limitiamo a una delega completa alla tecnologia di tutta una serie di funzioni comprese quelle dell’inclusione, conclude Lorenzo Pezzoli, siamo una società che corre grossi rischi. Non potremo mai sostituire certe dimensioni di solidarietà e di vicinanza con la tecnologia. Dietro alla perdita della possibilità di guidare si lamenta in realtà la perdita di relazioni e contatti sociali».

SU COSA SGARRANO I CONDUCENTI SENIOR?

Uno su dieci

In Ticino nel 2018 si contavano 293.000 licenze di condurre attive, di cui 32.834 di conducenti con più di settant’anni. La verifica della loro idoneità alla guida oggi avviene però solo al 75. anno di età (prima il controllo obbligatorio scattava a settanta).

Come sgarrano gli anziani al volante? Lo abbiamo chiesto ad Antonietta Colubriale Carone, responsabile della ricerca Anziani e guida (nella foto sopra: il team che ha curato lo studio). Per saperlo «dobbiamo fare riferimento alla Ricerca sulle Infrazioni e Sanzioni nella Circolazione stradale (RISC), conclusa e presentata nel 2016, che aveva un duplice obiettivo: offrire una prima panoramica delle sanzioni e dei provvedimenti amministrativi nell’ambito della circolazione stradale a livello ticinese e valutare, in maniera preliminare, l’efficacia dei corsi di educazione stradale».

Un’immensa banca dati

Il progetto RISC, detto per inciso, è stato finanziato dal Touring Club Svizzero (TCS) e sostenuto dal Dipartimento istituzioni attraverso la collaborazione con l’Ufficio giuridico della Sezione della circolazione del Cantone Ticino. «Grazie a loro siamo riusciti a reperire questi dati. Parlo di una banca dati che offre tantissime informazioni anche sui neopatentati, sulle persone che recidivano molte volte e su molti altri aspetti destinati a diventare in futuro nuovi oggetti di studio. In questo caso, noi ricercatori abbiamo visto e sviluppato un’indagine di fondo per capire come guida la popolazione anziana».

Piuttosto disattenti

La fonte di riferimento per la ricerca è stato il Registro informatizzato delle misure amministrative (ADMAS) provenienti dall’applicazione informatica CARI, che gestisce i processi delle autorità d’esecuzione cantonali in materia di circolazione stradale. «Abbiamo pulito e codificato la banca dati per permettere di utilizzarla al meglio nell’analisi di varie ricerche sia psicologiche, che sociologiche o socio economiche. Il periodo considerato va dal gennaio 2007-all’agosto 2015. E la popolazione presa in considerazione è quella dei conducenti con licenza A, A1, B o B1 che hanno commesso almeno un’infrazione durante il periodo considerato. L’obiettivo era quello di comparare le caratteristiche delle infrazioni stradali nella popolazione generale con quelle relative alla popolazione di 70 o più anni».

Veniamo allora a qualche dato (vedi grafico a destra), anche se i risultati di dettaglio verranno resi pubblici solo fra qualche settimana. Emerge, per esempio, che i motivi principali delle infrazioni dei conducenti anziani sono la disattenzione e l’inosservanza della precedenza. Nel confronto tra la popolazione over 70 e la popolazione generale, quella anziana commette meno infrazioni legate alla velocità e all’ebrietà. Gli anziani alla guida sono inoltre meno propensi a commettere altre infrazioni, dopo averne commessa una.