Pechino

Quella domanda che resta nell'aria: «Pace o guerra?»

Messaggi e immagini, e poi armi, tante armi: la sfilata messa in scena dalla Cina ha messo in allarme gli USA - Trump ha parlato di «cospirazione»
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Paolo Galli
03.09.2025 20:15

«Pace o guerra?». E poi: «Dialogo o scontro?». E ancora: «Cooperazione che premia tutte le parti o rivalità a somma zero?». Il monologo di Xi Jinping, in occasione dell’ambiziosa parata messa in scena per gli ottant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, è partito da queste domande. Domande rivolte ai suoi ospiti, al suo popolo, ma dirette molto più in là, quindi all’Occidente, agli Stati Uniti in particolare, a Donald Trump. «L’umanità è di fronte a scelte cruciali». Al suo fianco, il presidente russo Vladimir Putin e il dittatore nordcoreano Kim Jong-un; poco più dietro, nelle fotografie ufficiali, l’ex consigliere federale Ueli Maurer. A proposito di scelte, loro hanno scelto il proprio schieramento. La stabilità che promette Xi si scontra con l’immaginario creato e presentato nella parata. E per nulla nascosto nelle parole utilizzate. «L’ascesa della nazione cinese è inarrestabile», ha sottolineato il leader di Pechino. E giù applausi.

«Nessun complotto»

Dall’altra parte del mondo, Donald Trump ha osservato il tutto con partecipazione, riservando anche una stoccata ai presenti e parlando di «cospirazione» ai danni degli Stati Uniti. Il presidente americano si è espresso attraverso il suo social Truth poco prima dell’inizio della parata: «La grande domanda è se il presidente cinese Xi menzionerà o meno l’enorme quantità di sostegno e sangue che gli Stati Uniti d’America hanno dato alla Cina per aiutarla a garantire la sua libertà da un invasore straniero ostile. Molti americani sono morti nella ricerca della vittoria e della gloria da parte della Cina. Spero che siano giustamente onorati e ricordati per il loro coraggio e sacrificio». E poi anche un augurio: «Che il Presidente Xi e il meraviglioso popolo cinese possano trascorrere una grande giornata di festa. Vi prego di porgere i miei più sentiti saluti a Vladimir Putin e Kim Jong-un mentre cospirate contro gli Stati Uniti d’America». Firmato: «Presidente Donald J. Trump». La risposta dal Cremlino non si è fatta attendere: «Nessuno ha complottato, nessuno ha tramato nulla, non c’è stata alcuna cospirazione». Il portavoce Yury Ushakov ha, anzi, sottolineato una volta ancora l’importanza di Trump - che in un’intervista si è detto «molto deluso da Putin» - «nelle attuali narrazioni globali».

I missili e le colombe

Trump e gli Stati Uniti erano assenti, non invitati, ma in qualche modo sembravano quasi presenti, oggi a Pechino. Destinatari scelti. «La Cina è per una forza di pace e di sviluppo. Nessun bullo potrà intimidirci», ha ribadito Xi. Impossibile non pensare al presidente americano. Rispondendo alle domande retoriche da cui è partito nel monologo, il leader di Pechino ha proseguito: «Il popolo cinese è fermamente dalla parte giusta della storia». Presentando tutto il nuovo armamentario cinese, ha poi chiesto al proprio esercito di trasformarsi «in una forza di livello mondiale». Missili ipersonici, nuovi sottomarini invisibili, missili balistici intercontinentali con capacità nucleare: tutto il mondo risulta nel raggio d’azione di Pechino. Se Xi Jinping premesse un bottone, il mondo sarebbe sotto scacco. Presentando il proprio sistema di difesa spaziale, al contempo la Cina si dice al sicuro da ogni possibile minaccia, in grado di andare a distruggere satelliti nemici con un colpo solo. Immagini che stridono con le parole utilizzate dal presidente, che ha aggiunto: «Le nazioni di tutto il mondo eliminino la causa principale della guerra e impediscano che tragedie storiche si ripetano. La sicurezza comune è salvaguardata quando le nazioni di tutto il mondo si trattano da pari a pari, vivono in armonia e si sostengono». E ha liberato migliaia di colombe, simbolo internazionale di pace. Ottantamila colombe per celebrare gli ottant’anni dalla fine di una guerra mondiale.

Il vertice con Kim Jong-un

E Putin? Sornione, si è goduto - nel ruolo di ospite d’onore - la parata, la sicurezza derivante dalla vicinanza di Xi Jinping. E poi si è concesso un bilaterale con Kim Jong-un, elogiato per la posizione presa dalla Nord Corea nel conflitto con l’Ucraina, nella «lotta contro il nazismo moderno». E via con i ringraziamenti. Anche Kim Jong-un, così come aveva fatto lunedì Modi, ha sfruttato un passaggio di Putin per raggiungere un successivo appuntamento tra le delegazioni presenti a Pechino. Putin stesso poi si è concentrato, soprattutto, sulla sua relazione con il padrone di casa, con Xi Jinping. Ha confermato di avere buoni rapporti con lui, una relazione «che è alla base della politica globale». Un esperto citato dall’agenzia TASS, il professor Alexey Maslov, ha detto che la visita di Putin in Cina ha segnato un livello senza precedenti di impegno diplomatico. Ma non solo, ha sottolineato che durante la visita si sono tenute ampie discussioni sulla definizione di quadri di sicurezza comuni, tra cui la sicurezza informatica e quella militare. Insomma, armi, immagini, messaggi, e quella domanda che resta nell’aria: «Pace o guerra?».