Focus economia

Rallentamento ma non recessione per l’insieme dell’UE

La Commissione di Bruxelles ora prevede che tutte le maggiori economie dell’area evitino il segno meno a livello annuo - Anche la Germania in positivo, seppur di poco - Tra i 27 membri solo Estonia e Svezia potrebbero essere in negativo quest’anno
© CdT/Gabriele Putzu (archivio)
Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
22.05.2023 06:00

Nessuna delle maggiori economie europee dovrebbe registrare una recessione annua, né quest’anno né il prossimo. È il punto principale emerso dai dati della Commissione europea, che ha pubblicato nei giorni scorsi le nuove stime e previsioni. Per la crescita economica Bruxelles indica un miglioramento non solo rispetto alle previsioni dell’ottobre scorso ma anche in rapporto alle previsioni di inizio febbraio di quest’anno. Il rallentamento rispetto al 2022 è indicato – e non potrebbe essere che così, considerando le tensioni economiche e geopolitiche a livello mondiale – ma è un fatto non secondario, e non scontato, che la Commissione confermi ora che tutti i Paesi maggiori dell’area UE con ogni probabilità non avranno il segno negativo annuo.

Le cifre

Per l’insieme dei 27 Paesi dell’Unione europea, Bruxelles indica queste variazioni annue del Prodotto interno lordo: 3,5% nel 2022, 1% nel 2023, 1,7% nel 2024. Nell’ottobre scorso la Commissione aveva indicato 0,3% per il 2023 e 1,6% per il 2024 e in febbraio aveva poi elaborato previsioni rispettivamente dello 0,8% e dell’1,6%. Il miglioramento, seppur moderato, è visibile. La questione per alcuni aspetti centrale è che la Commissione conferma di non vedere più la Germania, principale economia dell’area, in recessione annua nel 2023. In ottobre Bruxelles prevedeva per la Germania un –0,6% quest’anno e un 1,4% il prossimo; in febbraio poi le previsioni erano diventate 0,2% e 1,3%; ora l’indicazione è 0,2% e 1,4%. La locomotiva tedesca non è in uno dei suoi momenti migliori, ma è significativo che possa evitare una recessione annua.

Vediamo le altre tre maggiori economie dell’UE, nell’ordine. Per la Francia le previsioni sono 0,7% per il 2023 e 1,4% per il 2024; per l’Italia le cifre sono rispettivamente 1,2% e 1,1%; per la Spagna le previsioni sono 1,9% e 2%. Anche per queste economie c’è un rallentamento in rapporto al 2022, ma come si può osservare non vengono previsti segni negativi annui. Attualmente la Commissione prevede recessioni annue solamente per 2 tra i 27 Paesi dell’UE, in entrambi i casi nel 2023: l’Estonia con –0,4% e la Svezia con –0,5%; nel 2024 poi, secondo Bruxelles, la prima dovrebbe registrare un 3,1% e la seconda un 1,1%.

Interessante è anche vedere l’aggiornamento delle previsioni sul versante dell’inflazione. Queste sono ora le indicazioni della Commissione per l’insieme dell’Unione europea: 9,2% nel 2022, 6,7% nel 2023, 3,1% nel 2024. Nell’ottobre scorso Bruxelles prevedeva 7% per quest’anno e 3% per il prossimo; in febbraio era poi passata rispettivamente a 6,4% e a 2,8%. Dunque viene adesso indicato un calo dell’inflazione meno pronunciato di quello stimato all’inizio di quest’anno, ma che è comunque più marcato in rapporto a quello previsto l’autunno scorso. In sintesi, la battaglia contro l’inflazione alta non è facile e richiede non poco tempo, ma il percorso della discesa graduale del rincaro è in sostanza confermato.

Regno Unito

La Commissione europea come sempre presenta anche stime e previsioni su Paesi che non fanno parte dell’area UE. Tra questi, anche il Regno Unito e la Svizzera, che hanno entrambi come principale partner per gli scambi economici appunto l’Unione europea. Per quel che riguarda la crescita economica, Bruxelles indica ora questa serie per il Regno Unito: 4,1% nel 2022, –0,2% nel 2023, 1% nel 2024. Secondo queste previsioni, l’economia britannica avrà dunque quest’anno una recessione, anche se di entità minore rispetto a quanto indicato in precedenza. Per l’inflazione britannica, Bruxelles descrive questa serie (indice armonizzato): 7,9% nel 2022, 6,7% nel 2023, 2,4% nel 2024; secondo la Commissione su questo fronte il Regno Unito va quindi un po’ meglio rispetto a quanto era stato prima previsto.

Svizzera

Per la crescita economica della Svizzera, Bruxelles indica ora queste cifre: 2,1% nel 2022, 0,8% nel 2023, 1,5% nel 2024. Sono numeri inferiori a quelli delle previsioni dell’ottobre scorso ma, fattore decisamente di non poco conto, la Commissione europea prevede che la Svizzera non avrà una recessione annua, né quest’anno né il prossimo. Nonostante l’aumento del rincaro che anche alle latitudini elvetiche c’è stato, la Confederazione ha un’inflazione nettamente inferiore a quella delle maggiori aree economiche. Dopo il 2,8% del 2022, la Segreteria di Stato dell’economia (SECO) ha indicato nelle sue previsioni del marzo scorso la possibilità di un 2,4% quest’anno e di un 1,5% il prossimo. Il mese prossimo la SECO presenterà le nuove stime sull’economia elvetica; per le previsioni sull’inflazione le attese prevalenti per ora sono su cifre non molto diverse da queste. La verifica nelle prossime settimane.

Il punto

Non è l’Unione europea la capitale dell’indebitamento pubblico. Rimanendo nell’ambito del Paesi più sviluppati, peggio dell’area UE su questo fronte sono messi ad esempio Paesi rilevanti come Giappone, Stati Uniti, Regno Unito, Canada. Ciò non significa che nell’Unione europea non occorra diminuire il peso dei debiti pubblici, intendiamoci, vuol dire piuttosto che l’UE deve procedere lungo questa via ma che ancor più dovrebbero farlo altre aree economiche di primo piano.

I dati

Prendendo i dati di questo mese della Commissione europea per il versante UE e quelli di aprile del Fondo monetario internazionale per le altre aree, si può vedere a che punto siamo. La premessa è che i piani varati dai Governi contro le cadute economiche dovute alla pandemia hanno fatto salire i debiti pubblici in modo marcato tra il 2020 e il 2021. Ciò detto, si deve aggiungere che nel 2022 la gran parte dei Paesi (non tutti) ha iniziato una graduale riduzione dell’indebitamento. Guardando al rapporto debito pubblico/PIL, si può vedere come il Giappone resti di gran lunga il Paese più indebitato a livello mondiale, con il 258% stimato per quest’anno. Gli Stati Uniti dal canto loro sono al 122%. Il Regno Unito è al 106% e il Canada al 105%.

Queste sono tutte percentuali superiori a quella dell’Unione europea a 27, che per quest’anno ha una previsione dell’83%. Per l’Eurozona, che è composta dai 20 Paesi dell’UE che hanno adottato l’euro, la percentuale prevista è 90%. Pur essendo in entrambi i casi ben sopra il tetto del 60% a suo tempo indicato (e peraltro sospeso durante la pandemia), si tratta come si vede di percentuali comunque ben inferiori a quelle del Giappone e delle maggiori economie del mondo anglosassone.

Naturalmente, come sempre avviene, le situazioni dei singoli Paesi all’interno dell’UE sono diverse tra loro. L’83% indicato per il 2023 è in sostanza una media, fatta di debiti pubblici più contenuti e di altri al contrario ancora eccessivi. Tra i 27 membri dell’Unione europea, 6 hanno un indebitamento pubblico superiore al 100%: Grecia 160%, Italia 140%, Spagna 110%, Francia 109%, Portogallo e Belgio entrambi 106%. Tra i Paesi che contribuiscono invece ad abbassare la media dell’indebitamento UE ci sono, tra gli altri, la Germania al 65%, l’Olanda con il 49%, l’Austria al 75%, la Polonia con il 50%, la Svezia al 31%.

Per quel che riguarda il 2024, le previsioni del Fondo monetario internazionale sono differenziate. Una lieve diminuzione è prevista per il Giappone, che dovrebbe scendere al 256%; per il Canada pure è prevista una discesa, seppur leggera, al 102%. Musica diversa invece per gli Stati Uniti, che dovrebbero salire al 125%, e per il Regno Unito, che dovrebbe registrare un aumento al 109%. La Commissione europea per parte sua prevede per l’UE una discesa di circa un punto percentuale, all’82%, e un calo analogo per l’Eurozona, che dovrebbe attestarsi all’89%. Dovrebbe quindi accentuarsi la divaricazione tra un’Unione europea ancora in lieve discesa e Stati Uniti e Regno Unito invece ancora in aumento.

La Confederazione

Dal canto suo la Confederazione elvetica sui conti pubblici ha una situazione migliore di quella di molti altri Paesi sviluppati. Secondo i dati del Fondo monetario internazionale, quest’anno l’indebitamento pubblico svizzero scenderà al 37%. Dopo il picco di fase del 43%, toccato nel 2020, il rapporto debito pubblico/PIL in Svizzera era già calato al 41% nel 2021 e al 39% nel 2022. Le previsioni dell’FMI indicano ora che l’anno prossimo la percentuale scenderà al 36%. Il calo dell’indebitamento pubblico elvetico dovrebbe poi proseguire passo dopo passo negli anni successivi, sino ad arrivare al 31% nel 2028. Il Fondo monetario esprime insomma fiducia nella propensione svizzera al contenimento del debito pubblico. Il freno all’indebitamento resta uno dei punti chiave per il sistema Paese. D’altronde, negli anni che hanno preceduto la pandemia la Svizzera era scesa dal 42% del 2014-2015 al 39% del 2018-2019. L.TE.