Il progetto

«Riportiamo il nostro Cortón al suo splendore originario»

La missione del giovane contadino Giacomo Poli, che con un gruppo di amici vuole rilanciare un monte: «Sopra Moghegno creeremo aree di biodiversità investendo 900.000 franchi, raccolti anche tramite campagna»
Una panoramica dell’insediamento sui monti sopra Moghegno; in primo piano, Giacomo Poli
Jona Mantovan
01.03.2024 22:28

Già da piccolo voleva fare il contadino. E oggi, a 35 anni, Giacomo Poli ha realizzato il suo sogno: la sua vita è in mezzo al verde, a Moghegno, in Vallemaggia, luogo di origine della famiglia, dove abitavano già i nonni. È proprietario di un’azienda agricola già dal 2016 e nel 2022 ne ha rilevata una seconda. Una conquista dopo numerose esperienze anche fuori cantone, come gli studi da tecnico agrario a Zurigo. Il suo «parco» conta una ventina di mucche da latte, una ventina di capre e anche alcune pecore. Ma la sua nuova missione è lassù, al monte, appunto. Nella zona che comprende A Cortón, La Mèla, A Taciáll, I Bóll, Al Piègn. Toponimi che sembrano uscire da un altro tempo. Un tempo, però, che per Poli è il presente. E il futuro: «Vogliamo che questa zona torni al suo antico splendore», afferma al Corriere del Ticino in collegamento dalla sua casa di famiglia.

Volontà che parte dal basso

L’investimento per farlo è poco meno di un milione: 900.000 franchi «dei quali tre quarti sono già stati raggiunti, anche tramite una campagna di raccolta fondi promossa tra tutti quelli che partecipano all’annuale fienagione che io e un mio amico organizziamo. Un fine settimana nel quale si lavora, ma si fa anche festa». Ma che significa, per i profani, far tornare il monte com’era un tempo? Il giovane contadino lo spiega con naturalezza: «Oggi il terreno è invaso dalle felci, che non favoriscono la biodiversità. Inoltre, il continuo passaggio dei cinghiali ha provocato danni ingenti al terreno. Ci sono anche una serie di manufatti che stanno cadendo in rovina, ed è un vero peccato».

Il nostro interlocutore condivide lo schermo del suo portatile, rivelando una foto aerea in bianco e nero degli anni Sessanta. Con un clic, mostra la situazione di oggi. «Vedi, tutta questa zona, che prima era ben tenuta, è del tutto abbandonata e inadatta per lo sviluppo di aree che favoriscono la biodiversità». In effetti, passando da un’immagine all’altra, si vede il bosco che avanza. In un altro scatto, realizzato dall’alto tramite un drone, ci sono invece segni evidenti del passaggio dei cinghiali. «Con gli interventi che vogliamo mettere a punto, oltre alla natura in sé ci guadagna anche il paesaggio dal punto di vista estetico».

Il dettaglio dei vari interventi / 1
Il dettaglio dei vari interventi / 1

«Ci vorrà del tempo»

Portare avanti l’idea del recupero del paesaggio agroforestale dei monti di Moghegno non è una passeggiata, è richiesto lavoro e tanto coinvolgimento. Ecco dunque la «squadra» al completo, con il locale patriziato in prima fila tra gli enti promotori, oltre al collega di Poli, Giorgio Speziale di Bignasco e i due progettisti Nello Garzoli (ingegnere forestale di Maggia e Federico Tettamanti (biologo di Lodano).

Il dettaglio dei vari interventi / 2
Il dettaglio dei vari interventi / 2

Fondamentale anche il coordinamento con Thomas Schiesser, ingegnere della sezione forestale di Cevio. «Per quanto riguarda il finanziamento, la parte del leone la farà il cantone tramite la sezione forestale, l’ufficio natura e paesaggio, eventualmente la sezione agricoltura. Abbiamo poi varie fondazioni e qualche privato, a cui in parte sono riconosciuti lavori di volontariato».

Le idee sono tante, ma non è detto che si possano realizzare tutte e, soprattutto, subito. Giacomo Poli annuisce. «Abbiamo elaborato quattro moduli per un percorso a tappe che non necessariamente li dovrà includere tutti. I primi anni sarà ancora un bellissimo pascolo. Bisognerà portare gli animali, seminare, tagliare ancora la vegetazione indesiderata che ricresce».

Tra sogni e idee

Resta comunque fiducioso e si sbilancia: «Se riuscissimo a recuperare qualche segmento dei muri a secco potremo anche delimitare il monte per evitare che i cinghiali entrino a causare troppi danni. La vecchia partenza del filo a sbalzo, poi, potrebbe trasformarsi in un fantastico punto panoramico. Abbiamo anche alcuni punti caratterizzati dalla presenza di acqua, come riali, o piccole paludi che potranno valorizzate ancora di più il paesaggio, facendolo “aprire” ulteriormente l’area. Sistemando il bosco, riusciremo ad avere anche più luce, più bellezza paesaggistica». Il giovane ha una visione chiara: «Inizieremo l’anno prossimo per finire entro tre-cinque anni. Poi ci sarà il costante lavoro di manutenzione».