Romancio e italiano, solo folklore

Qual è il problema con il direttore di Grigioni turismo Andreas Wieland? Ma sì, colui che alla fine di settembre – come sintetizza ATS – si è prodotto nell'affermazione secondo la quale «nelle scuole dell'obbligo della parte germanofona del Cantone, l'insegnamento dell'italiano e del romancio va abbandonato a favore dell'inglese». Una sentenza capitale, che il loquace funzionario e imprenditore ha debitamente motivato: «Le lingue minoritarie del Cantone non sono altro che "folclore": nel mondo economico e professionale sono irrilevanti, se non addirittura un ostacolo. La promozione dei due idiomi minoritari scoraggia persone qualificate provenienti da altre regioni svizzere a stabilirsi nei Grigioni: i loro figli, invece dell'inglese, devono infatti apprendere l'italiano o – nel peggiore dei casi – frequentare scuole dove la lingua d'insegnamento è il romancio».
Qual è, dunque, il problema? Il problema è che Andreas Wieland, in questo nostro mondo, ha ragione.
Ha ragione come i dirigenti della Posta, quando chiudono uffici e linee di trasporto poco redditizi, nelle nostre valli. Ha ragione come tutti i gli strateghi della finanza che, dopo avere provocato il disastro, ci faranno marameo ad infinitum, da dietro la ramina dei golf club di ogni dove. Ha ragione come quelli che subappaltano a ditte straniere per spendere meno, poi si lamentano della disoccupazione in Ticino e votano Lega. Ha ragione come i nostri esercenti, che – senza mai suscitare una protesta – ci servono nove vini stranieri al bicchiere, buoni soprattutto per le loro tasche, su una carta che ne conta dieci. Oh sì, ha ragione Andreas Wieland: proprio come noi, brava gente, tutte le volte che abbiamo comperato al distributore di benzina l'infame billige baguette scongelata, decretando così – in meno di dieci anni! – la chiusura di un terzo delle panetterie artigianali ticinesi.
È inutile, amici grigionesi di lingua romancia o italiana, indignarsi e chiedere la testa del direttore Wieland; dopo di lui arriverà un altro pensatore altrettanto strapagato, per tenere in moto quella che è solo una carrozza del treno sul quale stiamo tutti allegramente seduti. Perché non serve proprio a nulla prendersela con i funzionari della megamacchina, più o meno zelanti ma sempre sostituibili.
Di quali altri segnali abbiamo bisogno, precisamente, per scuotere la nostra cattiva coscienza e ammettere che episodi come la dichiarazione di Wieland NON SONO incidenti di percorso, ma piuttosto l'unico, logico e inevitabile traguardo del mondo nel quale abitiamo? Quanti altri negozi di paese dovranno chiudere, e quanti centri commerciali aprire? Quanti prodotti Made in China dovremo accumulare? Quante vacanze in villaggi turistici, a un milione di chilometri da casa, dovremo trascorrere? Quanti altri vigneti vedere scomparire sotto il cemento?
La verità è che – se davvero dichiarazioni come quelle del direttore di Grigioni turismo vi fanno accapponare la pelle – bisogna anche avere il coraggio di pensare a come modificare alla radice questo nostro stile di vita. Servono mille piccoli sabot – gli zoccoli dai quali deriva la parola «sabotaggio» – gettati dentro gli ingranaggi del meccanismo che ci sta stritolando; servono gesti decisi che rivendichino il primato dell'uomo sulla logica tecnoeconomica. Altrimenti, rassegnatevi a parlare inglese e non rompete più i coglioni.