Russia: il dissenso e i piani dello «zar» Vladimir Putin

Alla fine nelle elezioni presidenziali russe tutto è andato secondo copione, o quasi. Il presidente uscente, stando ai dati forniti dalla Commissione elettorale controllata da una sua fedelissima, ha fatto il pieno di voti lasciando solo le briciole ai tre contendenti di facciata, mentre la partecipazione alle urne ha segnato un record, sempre secondo la voce del potere. Ma, come dicevamo, oggi, ultimo giorno di voto, c’è stato anche un fuori programma: a mezzogiorno in numerose località del Paese, e ancora di più davanti alle sedi diplomatiche russe abilitate a raccogliere il voto degli espatriati, si sono formate lunghe file di persone in segno di dissenso.
Una protesta silenziosa, vista la dura repressione in atto da anni in Russia contro il dissenso, ideata dalla moglie di Navalny per ricordare al Cremlino che una parte non indifferente della popolazione contesta il potere dispotico di Putin. Va inoltre ricordato che in diverse località dentro e fuori il Paese, molti cittadini russi hanno colto l’occasione per ricordare, con fiori, slogan o cartelloni, Alexei, il principale leader dell’opposizione russa morto un mese fa in circostanze tutt’altro che chiare, mentre stava scontando una pesante condanna di carattere politico in un carcere della regione artica.
Lo «zar» dal canto suo sembra non curarsi dei numerosi scheletri che si accumulano da anni nel suo armadio e canta vittoria per il suo netto successo elettorale costruito a tavolino dopo aver fatto sparire dal gioco in malo modo i pochi rivali che contestavano realmente il suo potere. L’eliminazione fisica di Navalny ha tolto di mezzo quello che a ragione veniva definito il nemico numero uno di Putin. Per anni il combattivo leader dell’opposizione russa ha rappresentato una spina nel fianco per il Cremlino con le sue ripetute e documentate denunce sulla corruzione e il malaffare che caratterizzano i più alti vertici del potere.
Ora, in occasione delle elezioni presidenziali l’opposizione ha rialzato timidamente la testa mettendo in atto una protesta silenziosa davanti ai seggi elettorali. Vi è però da chiedersi cosa potrà fare di concreto Yulia Navalnaya per tenere accesa la speranza di tutti quei cittadini russi che in patria come all’estero sognano un cambio di regime che porti il Paese verso un reale stato di diritto. Gli arresti di una settantina di persone che oggi manifestavano pacificamente il loro dissenso fanno temere che la battaglia per la democrazia incontrerà enormi ostacoli nel prossimo futuro. Ringalluzzito dalla vittoria elettorale creata su misura, l’uomo forte del Cremlino non intende certo prestare l’orecchio a chi nel Paese contesta l’invasione dell’Ucraina o il modo dispotico di gestire il Paese.
A tale proposito non dovrebbe passare inosservata la notizia giunta negli scorsi giorni dalla sede del colosso energetico russo Lukoil, il cui vicepresidente Vitaly Robertus è stato trovato morto impiccato nel bagno del suo ufficio. Si tratta del quarto alto dirigente dell’azienda petrolifera russa deceduto in circostanze misteriose in meno di due anni, dopo che nel marzo 2022 Lukoil aveva criticato pubblicamente l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. La lista dei suicidi sospetti si allunga ulteriormente se si considerano gli oligarchi deceduti in patria o all’estero dopo aver preso posizione contro l’intervento armato russo nell’ex Repubblica sovietica.
Le elezioni presidenziali hanno fornito dunque un’occasione al dissenso russo per esprimere timidamente la propria contrarietà al potere dittatoriale portato agli estremi dal capo del Cremlino da quando ha lanciato la barbara invasione dell’Ucraina. Ma suona tanto di missione impossibile fermare dall’interno i temibili piani dello «zar».