Sacerdote-teologo fa "coming out"

Monsignor Krzysztof Charamsa: "Sono un sacerdote omosessuale, felice e orgoglioso. La Chiesa apra gli occhi"
Monsignore e il suo compagno
Red. Online
03.10.2015 14:13

CITTA' DEL VATICANO - Il sorriso è ampio, gli occhi chiari sono a tratti velati da una commozione che non trattiene. Indossa il clergyman, che però aveva messo da parte nella foto del suo blog, dove è vestito con una più sbarazzina t-shirt gialla. Monsignor Krzysztof Charamsa ha chiamato oggi la stampa internazionale per gridare alla Chiesa la sua condizione di omosessuale, sua e di "tantissimi" sacerdoti, anche dentro il Vaticano. Fa appello, alla vigilia del Sinodo, alla "Chiesa che amo" ma che è malata di "omofobia paranoica ed esasperata".

Monsignor Charamsa, sacerdote polacco, da dieci anni in Vaticano, non può passare inosservato. Teologo, mente raffinata; esperto canonista molto quotato tra le Mura Leonine insegna in due università pontificie (la Gregoriana e la Regina Apostolorum); nonostante i suoi soli 43 anni è già Segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale. Ma soprattutto è officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, il dicastero "custode" degli insegnamenti della Chiesa. Quello che una volta con timore era chiamato Sant'Uffizio. E il prelato polacco lo chiama ancora così quando dice che "è il cuore dell'omofobia della Chiesa cattolica".

Di questa conferenza stampa non ha detto nulla al suo "capo", il cardinale Gerhard Mueller, tra i più strenui difensori della dottrina sul matrimonio e la famiglia nello scorso Sinodo straordinario. E anche il Papa lo ha saputo dal "Corriere della Sera" (al quale ha rilasciato un'intervista in anteprima), perché "ancora devo fargli avere la mia lettera", dice. Papa che però è "fantastico" e al quale chiede che in questo Sinodo non "escluda" le famiglie omosessuali.

Sceglie per il suo coming out un ristorante della "dolce vita" romana, un po' felliniano, come lui lo definisce per stemperare l'emozione, a due passi dalla centralissima piazza del Popolo. Con lui c'è il compagno, Eduardo, catalano, "l'uomo che amo". E sotto i flash dei fotografi si abbracciano, scappa anche qualche lacrima.

E le curiosità si affollano nella conferenza stampa. Da quanto tempo state insieme? Perché non è uscito prima allo scoperto? Che cosa dicono i suoi colleghi? Che cosa pensa del celibato? Ora che è stato rimosso che cosa farà? "Cercherò lavoro", dice con un sorriso. E con uno "scivolone" fa anche pubblicità al suo libro in uscita, in italiano e in polacco, nel quale "metterò a nudo - dice testualmente - la mia esperienza". E vuole diventare "avvocato, se mi vorranno, delle famiglie omosessuali, con i loro cuori, i loro figli e soprattutto le loro sofferenze". Snocciola un "manifesto" in dieci punti in cui chiede alla Chiesa di cambiare strada. "Se l'Isis butta gli omosessuali dai tetti, noi dobbiamo dimostrare invece la nostra civiltà cristiana", sottolinea.

Di Benedetto XVI, che da Prefetto lo volle nella Congregazione per la Dottrina della Fede, non piacciono quelle "istruzioni" che vietano ai gay l'ingresso nel clero. "È un giudizio su una parte dell'umanità". Poi un cenno sul celibato: "una disciplina disumana" perché "una sana vita sessuale è la cosa più bella e fantastica che l'umanità possiede". E per sottolineare la "regolarità" della sua condizione di gay distingue gli "atti omogenitali", contro natura, dai "sani e naturali atti omosessuali". Non ha paura di pronunciare parole come "gay" o "lesbica", termini spesso banditi dalle sagrestie. Ma invoca una Chiesa che possa "aprire gli occhi" e confrontarsi con le scienze. Molto attivo sui social, don "Cris", come lo chiamano gli amici, ha messo in conto che da domani dovrà cambiare vita. "Lo so, me ne assumo le responsabilità, ma ora sono di nuovo felice e orgoglioso della mia identità. Sono pronto a pagarne le conseguenze, ma è il momento che la Chiesa apra gli occhi di fronte ai gay credenti e capisca che la soluzione che propone loro, l'astinenza totale dalla vita d'amore, è disumana".

Nell'intervista Charamsa, polacco di 43 anni, dice che il coming out è stato necessario per scuotere la coscienza della Chiesa, "perché siamo già in ritardo e non è possibile aspettare altri cinquant'anni".

"L'amore omosessuale - sottolinea - è un amore familiare, che ha bisogno della famiglia. Una coppia di lesbiche o di omosessuali deve poter dire alla propria Chiesa: noi ci amiamo secondo la nostra natura e questo bene del nostro amore lo offriamo agli altri. Non sono posizioni dell'attuale dottrina, ma sono presenti nella ricerca teologica". Raccontando di sé monsignor Charamsa ha rivelato che la sua omosessualità inizialmente l'ha sottomessa "con pignoleria zelante all'insegnamento della Chiesa e al vissuto che mi imponeva: il principio che 'l'omosessualità non esiste'. E se c'è va distrutta".

La consapevolezza o la "felicità" di essere gay è arrivata attraverso lo studio, la preghiera e la riflessione su se stesso. "Sono stati fondamentali il dialogo con Dio e il confronto con la teologia, la filosofia, la scienza - ammette il sacerdote-teologo intenzionato a scrivere una lettera al Papa per rivelare personalmente la sua identità -. Adesso poi ho un compagno che mi ha aiutato a trasformare le ultime paure nella forza d'amore".

Il portavoce del Vaticano Lombardi:  "Mons. Charamsa non potrà più svolgere suoi compiti"

"Indebita pressione sul Sinodo". È giunta immediata la risposta del Vaticano a monsignor Charamsa. "Si deve osservare - ha spiegato il portavoce Federico Lombardi - che, nonostante il rispetto che meritano le vicende e le situazioni personali e le riflessioni su di esse, la scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia della apertura del sinodo appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l'assemblea sinodale a una indebita pressione mediatica".

Il Vaticano non poteva che toglierli gli incarichi presso la Congregazione che sovrintende sulla dottrina, di segretario aggiunto della Commissione teologica internazionale, e di docente presso due università pontificie. Tocca ora al suo vescovo decidere del futuro del sacerdote, che è incardinato nella diocesi polacca di Pelplin.

Rimane il dubbio sul perché Charamsa, che al Corriere ha detto di voler spiegare la sua situazione al Papa scrivendogli una lettera, abbia scelto di raccontare tutto al più diffuso quotidiano italiano, e poi in una conferenza stampa, ben prima di far arrivare il suo grido di dolore a papa Francesco. Dubbio che pone interrogativi non trascurabili alla vigilia del sinodo: domani si apre in Vaticano la seconda assise dedicata al tema della famiglia, nel cui ordine del giorno famiglia, c'è anche il tema delle unioni gay. La questione omosessuale, insieme alla comunione per i divorziati risposati, è una delle più calde, almeno per le chiese "occidentali" e per le loro opinioni pubbliche.

Domattina il sinodo verrà comunque inaugurato con una messa solenne: il Papa celebrerà con altri 314 tra cardinali, vescovi, sacerdoti. E lunedì mattina partirà la prima Congregazione generale. Il tema di queste assise è "La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo". I padri lavoreranno su un capitolo del documento preparatorio ognuna delle tre settimane del sinodo, spaziando tra la vocazione, le sfide e la missione della famiglia. Il Papa ha scelto di dare più spazio al lavoro dei piccoli gruppi, i "circuli minores", che sono aumentati di numero e che vedranno pubblicati i risultati delle loro discussioni. Come l'anno scorso, papa Francesco vuole una discussione aperta, a porte chiuse per favorire l'azione dello Spirito, ma con libertà per i padri di raccontare poi pubblicamente ciò che credono. Cioè massima trasparenza, quel parlar chiaro che il Vangelo definisce "parresia".

Di suo il Pontefice ha già tracciato, nelle udienze generali dal novembre 2014 a due settimane fa, l'ossatura - tratta dalla bibbia - delle problematiche sulla famiglia, spaziando dalla alleanza tra uomo e donna, al ruolo di genitori, figli, nonni, al ruolo sociale delle famiglie, alle famiglie di fronte al dolore e alla malattia, alla capacità della famiglia di far festa, al ruolo delle famiglie per una ecologia integrale. Circa le soluzioni cui potrebbe convergere il dibattito sinodale, bisognerà tenere d'occhio il sacramento della confessione, e non solo dell'eucaristia, nella situazione dei divorziati risposati: "l'eucaristia premio per i sani o medicina per i malati?", si chiedono i padri di Civiltà cattolica; la necessità di rinnovare la pastorale della preparazione al matrimonio; i modi per una reale accoglienza nei confronti delle situazioni più difficili, che non sono solo quelle delle coppie di fatto, etero e omosessuali che siano. "Dobbiamo continuare a lavorare con il popolo - ha detto il Papa sul volo di ritorno dagli dagli Stati Uniti - accompagnando il popolo nella crescita, nelle cose belle e nelle sue difficoltà".

Ma al discernimento pastorale auspicato da papa Francesco per le grandi questioni che riguardano le famiglie di tutto il mondo, non giova il clamore, o i polveroni, o la "indebita pressione mediatica" che oggi il Vaticano ha chiaramente sentito sulle assise dei vescovi. Al centro del sinodo sono le situazioni di fragilità, le posizioni sono tante e talora difformi, il cammino da percorre faticoso. Un percorso che ha bisogno di serenità, fiducia e silenzio. E che della intervista di mons. Charamsa avrebbe volentieri fatto a meno.

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