Cantone

Salario minimo, Ticino Manufacturing ritira il ricorso e chiude con TiSin

Le aziende associate a Ticino Manufacturing hanno annunciato di aver deciso di ritirare il ricorso contro la decisione dell'ispettorato del lavoro e di adeguarsi fin da subito alla legge sul salario minimo
©Chiara Zocchetti
Red. Online
30.09.2022 12:20

Le aziende associate a Ticino Manufacturing hanno annunciato di aver deciso di ritirare il ricorso contro la decisione dell'ispettorato del lavoro e di adeguarsi fin da subito alla legge sul salario minimo. Parallelamente, stando alla nota, Ticino Manufacturing comunica la rescissione del CCL con il Sindacato libero della Svizzera italiana (ex TiSin).

A giugno 2022, lo ricordiamo, l’Ispettorato del lavoro si è pronunciato relativamente al contratto collettivo di lavoro stipulato tra il sindacato TiSin (oggi Sindacato libero della Svizzera italiana, SLSI) e Ticino Manufacturing, sostenendo che questo non fosse applicabile e richiedendo il pronto adeguamento alla legge sul salario minimo. «Contro tale decisione le aziende nostre associate interessate hanno fatto ricorso, con effetto sospensivo, al Consiglio di stato» si legge nel comunicato.

Oggi, a circa tre mesi di distanza dalla decisione sopracitata, Ticino Manufacturing comunica che «le aziende sue associate hanno deciso, a partire settembre 2022, di adeguarsi alla legge sul salario minimo, di procedere con il pagamento degli arretrati, nonché con la risoluzione del contratto collettivo in vigore. Le tempistiche giudiziarie e l’incertezza sono state giudicati fattori non sostenibili per l’attività imprenditoriale e si è pertanto optato per l’adeguamento immediato, senza attendere l’esito del ricorso, che pertanto verrà ritirato».

Il Presidente di Ticino Manufacturing, l’Avv. C. Delogu, chiarisce che: «Il CCL stipulato con l’allora TiSin aveva l’obiettivo di trovare un compromesso che permettesse di arrivare, nell’arco di qualche anno, alle soglie indicate dalla nuova legge, dando alle aziende associate il tempo necessario per adeguarsi e non essere costrette a prendere decisioni che danneggiassero loro stesse, i collaboratori e la piazza economica ticinese».