Il caso

Salario minimo, vertice al DFE con i sindacati

Una rappresentanza di UNIA e OCST ha incontrato la direzione del Dipartimento: sul tavolo la proposta di creare un fronte unito che coinvolga le parti sociali e che dia una chiara prospettiva sull’applicazione del salario minimo - Christian Vitta: «Si dovrà monitorare che non vi siano derive»
La Cebi di Stabio, una delle tre aziende finite al centro della vicenda TiSin. © Ti-Press/Elia Bianchi
Francesco Pellegrinelli
17.09.2021 06:00

«La questione è di natura politica, intervenga il Consiglio di Stato». Davanti ai cancelli della Cebi Micromotors di Stabio i sindacati UNIA e OCST lo hanno ripetuto senza mezzi termini, chiedendo al Governo una presa di posizione che andasse oltre gli aspetti prettamente giuridici del caso.

E così ieri mattina i rappresentanti sindacali hanno incontrato il consigliere di Stato Christian Vitta. Sul vertice le parti sindacali hanno mantenuto il massimo riserbo, rimandando la questione al dibattito di settimana prossima in Gran Consiglio. «Assisteremo con grande attenzione alla discussione parlamentare per capire come i partiti e l’autorità si posizioneranno sul tema», ha chiosato al Corriere del Ticino il segretario regionale di UNIA Giangiorgio Gargantini.

Più esplicito il consigliere di Stato Christian Vitta: «L’incontro odierno ha permesso di discutere del periodo che ci accompagnerà da qui a dicembre, momento in cui sarà applicata la Legge sul salario minimo. In questo periodo si dovrà monitorare che non vi siano derive. Da dicembre, l’attività di controllo nelle aziende verrà quindi affidata all’ispettorato del lavoro, nell’ambito dei controlli sull’applicazione della legge sul salario minimo».

Prospettiva comune

Ma nell’incontro di ieri a Bellinzona, i sindacati sono tornati soprattutto a ribadire la necessità di convocare, con una certa urgenza, un vertice che coinvolga i rappresentanti delle associazioni economiche - AITI e Camera di Commercio - con l’obiettivo di discutere a quattro occhi la vicenda TiSin per trovare «una convergenza comune».

Stando a nostre informazioni, ieri pomeriggio si sono incontrati anche i comitati direttivi delle associazioni economiche e nella giornata di oggi potrebbe giungere una presa di posizione ufficiale sulla vicenda TiSin. «Il nostro auspicio», ha commentato al CdT Renato Ricciardi, segretario cantonale di OCST, «è che si possa da subito comunicare - con il supporto della parte padronale - che esiste un fronte unito contrario agli abusi cui abbiamo assistito nel Mendrisiotto».

Verificherò con la parte padronale se questo nuovo fronte comune è dato

È chiaro: una comunicazione di questo genere cambierebbe notevolmente le carte in tavola. A maggior ragione se questa direzione venisse partorita nell’ambito di un vertice promosso dal DFE con l’avallo del Consiglio di Stato. Ancora Christian Vitta: «Si intende da subito coinvolgere anche la parte padronale che ha collaborato all’elaborazione della legge per potersi sedere attorno a un tavolo con le parti sociali e condividere alcuni principi sull’applicazione della legge. Verificherò quindi anche con la parte padronale se questo nuovo fronte comune sarà dato». L’incontro potrebbe avvenire già all’inizio di settimana prossima. «Vogliamo ristabilire un rapporto corretto con le associazioni imprenditoriali perché sappiamo che una parte importante dell’economia cantonale sa comportarsi in maniera corretta nei confronti dei lavoratori dipendenti», ha osservato dal canto suo Renato Ricciardi. L’idea, insomma, è di creare un fronte unito contro quello che i sindacati da subito hanno definito un abuso. «Avendo tutti al tavolo sarà possibile condividere un orientamento», ha aggiunto il consigliere di Stato.

Uso distorto del CCL

«L’aspetto che preoccupa maggiormente il sindacato UNIA», ha chiosato dal canto suo Gargantini «è legato alla breccia che si è aperta nel mercato del lavoro con la nuova Legge sul salario minimo. Come sindacato abbiamo il timore che questa falla si allarghi ulteriormente. Spaventa, soprattutto, che per la prima volta sia stato impiegato un contratto collettivo per peggiorare le condizioni di lavoro. Questo uso distorto ci preoccupa enormemente perché al di là di tutte le considerazioni politiche, in gioco ci sono i diritti dei lavoratori».

Di qui, appunto, la necessità di intervenire con una comunicazione efficace in attesa che la politica parlamentare faccia la sua parte: «Questo dialogo permetterà anche di chiarire che laddove si dovessero constatare in futuro accordi di CCL non validamente sottoscritti, le aziende interessate si troverebbero in pochissimo tempo a dover applicare il salario minimo previsto dalla Legge, non potendo più far valere l’eccezione prevista per i CCL», ha concluso Vitta, aggiungendo che «è quindi nell’interesse del padronato e del sindacato trovare accordi solidi anche dal profilo giuridico». Come dire, attenzione a non tirare troppo la corda. Chi vuole far valere un CCL, deve dimostrare di avere un contratto valido.

Ma TiSin può essere considerato un sindacato a tutti gli effetti?

«Abbiamo avviato verifiche giuridiche interne per capire se TiSin sia effettivamente un’associazione sindacale». Renato Ricciardi di OCST non esclude in futuro un’azione giuridica davanti a un Tribunale. Ma come mai lo Stato non avvia di sua iniziativa una verifica? Negli scorsi giorni il DFE ha chiarito che al momento si tratta di una questione esclusivamente di diritto privato e che l’ente pubblico al momento non può intervenire. Le cose però potrebbero cambiare quando la legge esplicherà i suoi effetti. Dal mese di dicembre, infatti, l’ispettorato del lavoro - l’organo incaricato dal Consiglio di Stato per i controlli sui salari minimi - potrebbe intervenire. In questo caso, anche l’ente pubblico potrebbe valutare se siamo effettivamente di fronte a un CCL valido e rispettivamente se TiSin possa essere riconosciuto come un sindacato a tutti gli effetti. A quel punto, di fronte a un’eventuale irregolarità, la questione potrebbe seguire la via di un ricorso in ambito amministrativo. In ambito privato, invece, l’azione giuridica potrebbe giungere da un dipendente che pretende l’applicazione della Legge sul salario minimo in busta paga. In buona sostanza che l’azienda gli riconosca il minimo salariale di 19 franchi all’ora. In questo caso, sarebbe un giudice civile a doversi esprimere.

Alcuni interrogativi, però, anche dal profilo giuridico, si pongono già oggi. Una sentenza del Tribunale federale ha infatti stabilito che i requisiti affinché un sindacato possa essere ritenuto tale sono due: l’indipendenza dalla parte padronale e la rappresentatività. Ovvero che l’associazione esprima la volontà dei lavoratori attraverso una delega. Due punti che secondo i sindacati sono entrambi violati. «Lo scopo dichiarato da TiSin», ha ricordato Ricciardi «è di evitare la delocalizzazione. Uno scopo che sembra principalmente a protezione delle imprese». «Tra i suoi fondatori, inoltre, troviamo degli imprenditori con attività padronali», ha aggiunto Gargantini. «Quanto alla rappresentatività, Ceruso ha pubblicamente riconosciuto che il contratto collettivo è stato firmato senza delega, nella misura in cui l’adesione a TiSin dei dipendenti avverrà in un secondo tempo. Mai il nostro sindacato ha firmato un contratto senza prima averlo discusso con i lavoratori».