Il conflitto in Medio Oriente

Sbloccati gli aiuti per la Striscia, ma tra Europa e Israele adesso è scontro politico aperto

I primi camion con alimentari, farmaci e attrezzature mediche hanno varcato il valico di Kerem Shalom nella notte tra mercoledì e giovedì - Il ministro degli Esteri di Tel Aviv attacca chi critica le azioni dell’IDF a Gaza
I camion con gli aiuti umanitari hanno oltrepassato il valico di Kerem Shalom diretti a Gaza. ©ATEF SAFADI
Dario Campione
22.05.2025 21:30

I primi camion che trasportano aiuti umanitari sono entrati nella Striscia di Gaza nella notte tra mercoledì e giovedì, ponendo fine a un assedio israeliano di 80 giorni che aveva di fatto impedito a chiunque di entrare nell’enclave. L’ONU ha definito l’arrivo degli aiuti «una goccia nell’oceano», aggiungendo che la maggior parte dei palestinesi di Gaza non avvertirà alcun miglioramento significativo nell’immediato futuro.

E tuttavia, da mercoledì notte almeno 90 camion che trasportavano aiuti sono entrati nella Striscia portando farina, alimenti per bambini e attrezzature mediche. Si tratta degli stessi camion che, negli ultimi due giorni, erano rimasti bloccati al valico di Kerem Shalom. La strada che l’esercito israeliano (IDF) aveva proposto di attraversare era stata giudicata pericolosa dai funzionari delle Nazioni Unite, i quali avevano parlato di possibili «saccheggi». Questa mattina, ONU e IDF hanno finalmente concordato un percorso alternativo e il «Programma alimentare mondiale» ha potuto iniziare a distribuire pane ai residenti.

La notizia dello sblocco degli aiuti è stata confermata dalla Croce Rossa internazionale ma smentita dalla Mezzaluna Rossa palestinese, a dimostrazione del fatto che l’asprezza del conflitto divide ormai anche le organizzazioni umanitarie. «Posso dimostrare che nessuno ha ricevuto aiuti. Nessun civile ha ancora ricevuto alcunché. La maggior parte dei camion è ancora a Kerem Shalom, al confine - ha detto questo pomeriggio ai giornalisti, a Ginevra, Younis al-Khatib, presidente della Mezzaluna Rossa palestinese - È molto difficile nascondere il caos o il saccheggio che ci saranno», ha aggiunto. Al-Khatib ha poi spiegato che le operazioni di soccorso a Gaza potrebbero fermarsi entro pochi giorni in assenza di nuovi rifornimenti e che la flotta di ambulanze funziona al momento solo a un terzo della capacità a causa della carenza di carburante. Alla domanda su quanto tempo la sua organizzazione potrà continuare a operare a Gaza, il presidente della Mezzaluna Rossa Palestinese ha infatti risposto ai giornalisti: «È una questione di tempo. Potrebbero essere giorni. Le ambulanze a benzina sono praticamente già ferme, funzionano soltanto quelle a energia solare fornite dalle Nazioni Unite».

Le accuse di Sa’ar

Ai combattimenti militari, che da quasi 600 giorni stanno devastando il quadrante mediorientale, si sta aggiungendo, nelle ultime ore, anche un durissimo scontro politico. Dopo l’uccisione, mercoledì sera a Washington, di due giovani funzionari dell’ambasciata israeliana negli Stati Uniti, il ministro degli Esteri del Paese ebraico, Gideon Sa’ar, ha accusato alcune nazioni europee di «incitamento tossico all’antisemitismo», ovvero di aver fomentato il clima ostile in cui è avvenuto il terribile attentato di Washington.

Nei giorni scorsi, Israele ha affrontato una bufera di critiche legate all’intensificazione della campagna militare a Gaza e al blocco degli aiuti; blocco che ha determinato una gravissima crisi umanitaria nella Striscia. Sa’ar non ha nominato alcuna nazione né alcun politico, ma ha detto che il clima di ostilità contro Israele è stato la causa della morte di Yaron Lischinsky e Sarah Lynn Milgrim. «C’è una linea diretta che collega l’incitamento antisemita e anti-israeliano a questi omicidi - ha puntualizzato oggi, in una conferenza stampa a Gerusalemme, il ministro israeliano degli Esteri - Questo incitamento è fatto anche da leader ed esponenti politici di molti Paesi e da funzionari di molte organizzazioni, e soprattutto dall’Europa». Sa’ar ha rifiutato di dare un nome e un cognome alle sue accuse, ma a nessuno è sfuggito il fatto che le sue osservazioni fossero giunte dopo l’annuncio di Francia, Gran Bretagna e Canada di possibili «azioni concrete» contro Tel Aviv per la conduzione della guerra a Gaza.

Sa’ar ha affermato che «l’atmosfera globale» contro Israele è «peggiorata bruscamente» dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, nel quale morirono 1.200 persone e altre 251 furono prese in ostaggio. Ma ha dimenticato di dire che la risposta militare di Israele ha provocato oltre 53.000 morti tra i palestinesi e devastato uno dei territori più densamente popolati al mondo. E quando i giornalisti glielo hanno rammentato, citando pure l’ordine emesso lo scorso anno dalla Corte Internazionale di Giustizia di agire per prevenire presunti atti di genocidio a Gaza, ha risposto parlando di «calunnie sul genocidio, sui crimini contro l’umanità e sull’omicidio di bambini che aprono la strada esattamente a tali omicidi».

La replica francese

Ovviamente, la polemica è salita subito di tono. Il portavoce del ministero francese degli Esteri, Christophe Lemoine, ha parlato di «dichiarazioni oltraggiose e perfettamente ingiustificate», ricordando che «la Francia ha condannato, condanna e continuerà a condannare sempre e senza ambiguità alcuna ogni atto antisemita». Molto critico pure il premier conservatore greco, Kyriakos Mitsotakis il quale, in un’intervista al canale TV Skai, ha definito ciò «che sta accadendo a Gaza ingiustificato e inaccettabile: Israele deve interrompere immediatamente queste operazioni. La Grecia mantiene un’alleanza strategica con Israele ma dobbiamo dire la verità ai nostri alleati - ha aggiunto - ho detto privatamente a Benjamin Netanyahu che l’orribile attacco del 7 ottobre non può giustificare operazioni dal costo umanitario sproporzionato».