Schettino condannato a sedici anni

La sentenza del tribunale di Grosseto per il naufragio della Costa Concordia, ma nessun carcere - L'accusa ne chiedeva 26
Ats
11.02.2015 20:16

GROSSETO - Sedici anni di reclusione e un mese di arresto: è questa la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Grosseto nei confronti dell'ex comandante della Costa Concordia Francesco Schettino, processato per il naufragio della nave il 13 gennaio 2012 all'Isola del Giglio. La sentenza è stata letta dal presidente del collegio giudicante Giovanni Puliatti alle 20 in punto, dopo circa 7 ore e mezzo di camera di consiglio. La Procura aveva chiesto una pena di 26 anni di reclusione.

Il Tribunale ha inflitto a Schettino 5 anni per il reato di disastro colposo, 10 anni per gli omicidi plurimi colposi e 1 anno per il reato di abbandono di persone minori o incapaci, per un totale di 16 anni di reclusione a cui è stato aggiunto un mese di arresto.

Il Tribunale non ha invece riconosciuto, come invece richiesto dalla pubblica accusa, l'aggravante del naufragio colposo e neppure l'aggravante della colpa cosciente per gli omicidi plurimi colposi.

Il Tribunale ha poi stabilito i danni che Schettino dovrà rifondere, in solido con Costa Crociere, alle numerosi parti civili costituite, tra cui il ministero dell'Ambiente, la Regione Toscana, l'Isola del Giglio, i familiari delle vittime e i passeggeri naufraghi della Costa Concordia.

Nel lungo elenco relativo ai danni delle parti civili il Tribunale ha quantificato alcune somme come provvisionali mentre altre sono state calcolate in via definitiva. Nel dispositivo della sentenza, i giudici hanno anche interdetto in perpetuo Schettino dalla possibilità di ricoprire pubblici uffici. Il Tribunale ha stabilito anche per un periodo di 5 anni l'interdizione dalla carica di comandante. Schettino è stato condannato pure al pagamento di tutte le spese legali sostenute per le varie fasi dell'inchiesta giudiziaria e del processo dalle parti civili, assistite dai rispettivi avvocati. Al momento della lettura della sentenza Schettino era assente.

La difesa: "Restituito un po' d'onore"

"È una sentenza dura ma essere riusciti quasi a dimezzare le richieste esagerate della Procura forse restituisce un po' di onore" a Schettino. Così l'avvocato dell'ex comandante della Concordia Domenico Pepe ha commentato la sentenza del Tribunale di Grosseto. Il legale ha già annunciato che farà appello dopo aver letto le motivazioni.

"Quello che però è già chiaro - aggiunge l'avvocato di Schettino - è che c'è stata da parte dei giudici una rideterminazione della pena rispetto alle richieste e dunque una visione ben diversa da quella della Procura".

"Schettino non è un delinquente - ha concluso Pepe - questo è sempre stato un incidente colposo".

No all'arresto cautelare

Il collegio giudicante composto da Giovanni Puliatti (presidente) e dai giudici a latere Sergio Compagnucci e Marco Mezzaluna ha respinto la richiesta di arresto cautelare per Francesco Schettino avanzata dall'accusa. Secondo i giudici, infatti, la condotta dell'ex comandante della Concordia, sempre presente alle udienze, è tale da non richiedere la misura cautelare, anche in presenza di una pena considerevole comminata in primo grado.

Cos'era successo

Luci dei saloni accese, orchestre che suonano, camerieri che sfrecciano veloci per servire i 4200 croceristi. Doveva essere una normale serata di svago a bordo della gigantesca nave da crociera Costa Concordia, in transito da Civitavecchia a Savona, quella drammatica sera del 13 gennaio 2012. Mare piatto, stelle in cielo ma, purtroppo, lo scoglio delle Scole sulla sua rotta. Il comandante Francesco Schettino aveva infatti in mente di fare un inchino all'isola del Giglio: secondo le ricostruzioni, avrebbe ordinato una virata per passare vicino all'isola. E il gigante è finito contro lo scoglio alla velocità di 8 nodi, staccandone una punta, che apre uno squarcio nella fiancata. Comincia così l'inferno per passeggeri ed equipaggio.

Alla fine, saranno 32 le vittime, i resti dell'ultimo disperso, il cameriere indiano Russel Rebello, trovati nel novembre scorso - 2 anni e 8 mesi dopo il naufragio - a bordo del relitto, a Genova, durante le operazioni di alleggerimento della nave prima della demolizione. Tra i cadaveri trovati subito dopo il disastro anche quelli della piccola Dayana Arlotti, 5 anni, e del suo papà, William.

La sala operativa della capitaneria di Livorno apprende da una telefonata dei carabinieri di Prato, alle 22.06, che è successo qualcosa in mare, vicino all'isola. Il sistema radar individua la Concordia alla 22.14 e la sala di Livorno chiama a bordo: la prima versione è quella di un blackout. Mentre la Concordia va alla deriva nella baia davanti all'isola, prima di girarsi accanto agli scogli davanti al porticciolo, da Livorno il capo della sala operativa Gregorio De Falco (quello di "Schettino torni a bordo, cazzo) ordina al natante più vicino, una motovedetta della guardia di finanza a circa quattro miglia, di portarsi in zona.

È il primo soccorso operativo sul posto. Il comandante Schettino scende dalla nave a bordo di una scialuppa. Il resto dell'equipaggio, allo sbando, fa quello che può. Dalle 22.39 il natante della Gdf prende la guida delle operazioni tattiche presso la nave, mentre da Livorno si coordina il controllo operativo generale dell'emergenza. In zona convergono natanti di vigili del fuoco, carabinieri, guardia costiera, polizia e anche pescherecci del Giglio e di Santo Stefano. Ma ci sono pure gli elicotteri. Dall'alto si alternano nel soccorso Guardia di Finanza, Guardia Costiera, Marina Militare, Aeronautica Militare, Vigili del Fuoco. La mattina dopo entra in scena anche la Forestale per la valutazione del danno ambientale.

Gli elicotteri, in ausilio ai mezzi di mare, sono gli 'occhi' di chi coordina i soccorsi. Fanno riprese video, anche quelle in piena notte, agli infrarossi. Ma nelle ore notturne sono decisivi per il soccorso diretto alle persone che non ce la fanno a scendere dalla biscaggina. Si calano verricelli e si issano a bordo passeggeri. Alcuni velivoli fanno scalo nella piazzola di emergenza del Giglio, quella allestita per l'elisoccorso del 118. È fondamentale il ruolo degli abitanti del Giglio che si prodigano senza tregua per aiutare i naufraghi, rifocillarli, accoglierli.

Solo alle 4.46 viene decretato il 'fine operazioni', e anche i velivoli rientrano alle basi. Un giorno dopo vengono salvate tre persone ancora a bordo: una coppia di giovani sposi coreani ed il commissario di bordo, Manrico Giampedroni. Il comandante della nave Francesco Schettino viene fermato poche ore dopo il naufragio e portato in carcere.