Il caso

Se a Musk serve il permesso degli avvocati per scrivere di Tesla

Il miliardario ha ancora le mani legate riguardo ai tweet sulla società che ha fondato – Alla base c'è una diatriba legale che va avanti dal 2018 e che vede coinvolta anche l'autorità federale di vigilanza sulla borsa
© AP/Jae C. Hong
Irene Solari
25.02.2023 18:45

Elon Musk non può twittare nulla su Tesla senza il permesso dei suoi avvocati. Già. La vicenda, che sembra abbastanza paradossale in quanto Musk è sia fondatore di Tesla che CEO di Twitter, è curiosa e nasconde una complessa questione giuridica. In pratica, l’imprenditore deve ricevere – ancora una volta – l’approvazione dal suo team legale prima di poter pubblicare sul social qualsiasi informazione che riguardi la società da lui fondata. Ancora una volta, scriviamo, perché una decisione in questo senso era già stata presa qualche anno fa dalla Securities and Exchange Commission (SEC), l’ente federale statunitense che vigila sulla borsa e sulla sua sicurezza. Questa decisione è poi stata portata anche di fronte a una Corte d’Appello dello Stato di New York, in una battaglia legale senza esclusione di colpi tra lo staff legale di Musk e la Commissione federale di vigilanza. Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Il sospetto di frodi sui titoli

A muovere tutto era stato il sospetto, venuto alla SEC, di una qualche forma di frode sui titoli in borsa. Protagonisti Musk e Tesla tramite Twitter. Il nastro va riavvolto di circa cinque anni quando, nel 2018, l’autorità federale aveva aperto un’inchiesta a carico del visionario imprenditore. Musk, infatti, nell’agosto di quell’anno aveva pensato bene di twittare di «avere finanziamenti assicurati» per Tesla, e di considerare di renderla privata con 420 dollari ad azione. Confermando, di fatto, che gli investitori lo stavano supportando. Una notizia, questa, che una volta resa pubblica sul social aveva fatto impazzire le azioni della società, causando forti scossoni in borsa. A quel punto la SEC aveva deciso di vederci chiaro, sospettando che Musk avesse commesso delle frodi sui titoli, e aveva così ordinato l’apertura di un’indagine.

Multe salate

L’accusa nei confronti del miliardario era quella di non avere fondi sufficienti per sostenere una tale operazione. Dal canto loro, Musk e Tesla, avevano risposto senza ammettere l’esistenza di atti illeciti e avevano raggiunto un accordo, pagando due multe da 20 milioni di dollari. Una a testa. L’imprenditore, inoltre, aveva deciso di dimettersi dal posto di CEO della compagnia e in quel momento aveva accettato che la maggior parte dei tweet «sull’argomento Tesla» fossero messi nelle mani di un avvocato. Questo per evitare di ripetere l’errore comunicando qualcosa che avesse un forte impatto sulle fluttuazioni in borsa e sul prezzo delle azioni.

Via la «museruola»?

Arriviamo così a qualche mese fa: siamo nel settembre del 2022, quando il team legale di Musk – come riporta Wired – decide di sottoporre alla Corte d’Appello del secondo distretto di New York una memoria «per liberare l'esecutivo da una museruola imposta dal governo che inibisce e raffredda il discorso legittimo del signor Musk». Un mese dopo questa richiesta si è mosso un giudice federale, per mettere un freno a quanto disposto dalla SEC. Mentre gli avvocati da parte di Musk non sono restati con le mani in mano. Anzi. Qualche giorno fa il suo studio legale, più agguerrito che mai, ha riportato all’attenzione dei giudici un verdetto parallelo, emesso nei confronti dell’imprenditore, che lo assolveva da eventuali responsabilità in merito alle sue affermazioni del 2018. In questo verdetto di inizio febbraio si legge che Musk è stato ritenuto «non responsabile di frode sui titoli in un'azione legale collettiva mossa dagli azionisti». Proprio quegli stessi azionisti che avevano perso i loro soldi a causa del famigerato tweet sui «finanziamenti assicurati».

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Botta e risposta

In particolare, Alex Spiro, avvocato del patron di Tesla, ha sottolineato che «alla luce della conclusione della giuria i tweet del signor Musk non hanno violato le regole del caso» e che quindi «la SEC manca di supporto sia per il decreto di consenso stesso che per le sue argomentazioni in appello. Il verdetto fornisce un'ulteriore ragione per cui l'interesse pubblico nell'evitare accordi incostituzionali include facilmente la presunta partecipazione della SEC al decreto di consenso». Un punto a favore di Musk, quindi, e un punto in meno per l’azione della SEC. Bene. Non proprio. Perché, nonostante la menzione di questo verdetto di assoluzione, l’autorità federale non ha mollato l’osso e ha risposto per le rime, respingendo l’argomentazione impugnata dagli avvocati. E, nel farlo, ha ribadito che un verdetto stabilito da una giuria «in un'azione privata per frode sui titoli non si qualifica come un'autorità pertinente e significativa» nel caso. La SEC ha continuato sostenendo che l’imprenditore «ha rinunciato alla sua opportunità di testare le accuse della Commissione al processo quando ha accettato volontariamente (due volte) una sentenza di consenso».

La soluzione (forse) in primavera

La questione, parecchio complessa e strenuamente combattuta suon di argomentazioni in giuridichese, rimane ancora aperta. Anche se si ipotizza che una soluzione dovrebbe essere messa sul tavolo entro primavera. E che dire di Musk in tutto questo? Per ora l’imprenditore si vede ancora con le mani legate, costretto a chiedere l’approvazione dei suoi avvocati per i suoi tweet su Tesla. Chissà che tra un mesetto la situazione non si sblocchi definitamente, permettendo di scrivere la parola fine a questo capitolo.