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Se dalle Dolomiti precipitano «rocce grandi come automobili»

I recenti crolli nell'area sollevano preoccupazioni, soprattutto in vista delle imminenti Olimpiadi invernali del 2026 – La documentazione incompleta rende difficile capire che cosa stia davvero accadendo nell'area, ma per gli esperti «il terreno è molto più fragile»
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Red. Online
24.08.2025 15:40

Solo a inizio agosto, faceva discutere la multa inflitta a un escursionista inglese sulle Dolomiti. L'uomo era rimasto intrappolato sulla via ferrata nella zona di Croda Marcora, dopo aver ignorato i segnali di divieto nell'area. Area in cui, negli ultimi tempi, si sono registrate importanti cadute massi. Un fenomeno che non sta passando inosservato. 

Qualcosa, infatti, si sta muovendo. Proprio sulle Dolomiti e, in particolare, attorno all'iconico piccolo complesso montuoso delle Cinque Torri. La faccenda non è nuova, ma i pericoli, ora, potrebbero aumentare. 

Come ricorda la BBC, era il 7 giugno del 2004 quando una delle Cinque Torri – la Torre Trephor – crollò. Essendo inizio estate, il vicino Rifugio Scoiattoli non accoglieva escursionisti, e nessuno, sul momento, si accorse di nulla. Il giorno dopo, però, un monolite di oltre 10.000 metri cubi (vale a dire delle dimensioni della Torre di Pisa) giaceva, adagiato orizzontalmente, sulla montagna. 

Quell'episodio, per gli esperti, è stato una sorta di «monito». E oggi, che di anni, da quell'evento, ne sono passati più di venti, i ricercatori temono di sapere quale sarà «la prossima torre». «È come un panettone diviso in quattro fette», ha spiegato alla BBC Antonio Galgaro, professore associato di geoscienze all'Università di Padova. «La prossima torre inizierà a staccarsi dal blocco principale e a ruota, fino a crollare». La Torre Inglese, infatti, mostra già un'evidente fessura diagonale nel punto dove la roccia rischia di rompersi e scivolare giù. 

Una previsione che non fa che sollevare preoccupazioni, soprattutto alla luce di quanto accaduto nelle scorse settimane. Come ha riferito un residente della zona, a giugno dal canalone del Monte Antelao sono cadute «rocce grandi come automobili», che sono precipitate nel burrone, rimbalzando. 

Il crollo del Trephor, dopotutto, è stato «solo l'inizio». Dal 2004 sono stati numerosi quelli che si sono verificati nell'area, come il crollo del Grand Vernel nel 2015, quello della Piccola Croda Rossa tra 2015 e 2026 e, sempre nello stesso anno, quello della Cima Lastei. Nel 2018 è stato il turno del Carè Alto, poi nel 2021 della Croda Marcora (dove si sono verificate frane anche quest'estate). Nel 2023, invece, le cadute avevano interessato il Sassolungo e la Cima Tosa. 

Ma come rivelano gli esperti, questi crolli fanno parte della natura delle Dolomiti. Un tempo, queste montagne erano atolli tropicali che giacevano nelle profondità dell'oceano. Si sono sollevati, in seguito, quando le placche tettoniche – europea ed africana – si sono scontrate, centinaia di milioni di anni fa. Ma sotto la dolomia, si trova un morbido strato di argilla. E ciò che succede, come ha spiegato il professor Galgaro, è che i monoliti di roccia si inclinano e ruotano sotto la forza di gravità, depositandosi sulla morbida argilla sottostante. Inoltre, quando un lato di una torre sprofonda un po' più dell'altro, si crea una fessura diagonale lungo la quale la roccia alla fine si rompe, scivola verso il basso e cade.

L'idea che una montagna sia saldamente ancorata al suo posto, si legge ancora sulla BBC, è un'idea sbagliata. «Il DNA di ogni montagna è quello di scendere», spiega Giovanni Crosta, professore di geologia all'Università di Milano-Bicocca. «È il destino di ogni cosa verticale». Le stesse Dolomiti si formarono in questo modo, da grandi pezzi di roccia che si staccarono. 

Nella sola provincia di Belluno, la più grande delle cinque province dolomitiche, dal Medioevo sono state registrate 6.133 frane significative che hanno interrotto il traffico e colpito i villaggi adiacenti. Molti di questi eventi sono stati dimenticati. Altri non sono stati registrati e, altri ancora, sono passati inosservati. Ed è proprio a causa di questa documentazione incompleta che gli esperti non possono affermare, con certezza, se il numero di frane cadute negli ultimi tempi sia effettivamente più alto di quello del passato. 

Ciononostante, sebbene l'erosione sia un processo naturale – e inevitabile –, residenti ed esperti hanno la sensazione che qualcosa, sulle Dolomiti, stia cambiando. Da un lato, l'attenzione sull'area è in costante aumento, soprattutto a livello mediatico, a causa delle imminenti Olimpiadi invernali che, il prossimo anno, si svolgeranno proprio nell'area. Ma come ricorda il professor Crosta, qualcosa, soprattutto per gli esperti della montagna, sta cambiando. «Ogni guida alpina vi dirà che, in effetti, si ha la sensazione di camminare su qualcosa di molto più fragile di prima». 

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