Il convegno

Se il giornalismo culturale cerca la strada del futuro

In occasione dell’uscita del 20. Quaderno della Divisione della cultura e degli studi universitari a Locarno politici, operatori dei media e docenti hanno discusso sul delicato rapporto tra informazione e Società
© CdT/ Chiara Zocchetti
Mattia Sacchi
10.08.2024 06:00

«Il Locarno Film Festival ha la capacità di essere luogo di quella collaborazione virtuosa tra cultura e media che ci aiuta a mantenere la rotta e a orientarci nell’attualità e nei cambiamenti di questi tempi». È stata la consigliera di Stato Marina Carobbio a definire ieri la cornice del Pardo come «ideale» per presentare «Cultura nei media. Tra linearità verticali e reti orizzontali», la 20. pubblicazione della collana Quaderni della Divisione della cultura e degli studi universitari.

Un’occasione per indire una tavola rotonda, organizzata dall’Osservatorio culturale del Cantone Ticino in collaborazione con la Biblioteca cantonale di Locarno, sul rapporto tra cultura e media alla quale, dopo il saluto della stessa Carobbio e l’intervento introduttivo della direttrice della Divisione della cultura e degli studi universitari Raffaella Castagnola, hanno partecipato alcuni tra i principali operatori del settore.

Il direttore del Corriere del Ticino Paride Pelli, il responsabile del dipartimento cultura e società della RSI Lorenzo Erroi, il direttore di Azione Carlo Silini, il giornalista Aldo Bertagni e il professore ordinario di Media studies all’Istituto di media dell’USI, Gabriele Balbi, hanno quindi dato vita a un vivace dibattito sul modo in cui il giornalismo culturale sta affrontando i cambiamenti della nostra società.

Cambiamenti che inevitabilmente stanno condizionando il mondo dell’editoria. «Se nei secoli scorsi, come disse il filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel, la lettura del quotidiano era la preghiera mattutina dell’uomo moderno - ha detto Balbi - con l’avvento del Web adesso cominciamo la giornata controllando i nostri profili social. Non è un caso che la raccolta pubblicitaria dei giornali è sempre più difficoltosa, mentre quella delle Big Tech è esplosa, con 10 aziende che raccolgono l’80% della pubblicità mondiale. Questo ha ovviamente un impatto sulle strategie degli editori, che devono trovare nuovi modi per proporre i propri contenuti».

Una nuova offerta per i lettori, sfruttando anche le nuove frontiere del mondo digitale, che però non può andare a scapito della qualità, come ha puntualizzato Paride Pelli:  «Nella frenesia quotidiana dettata dalla cronaca, è giusto che una redazione culturale esca da queste dinamiche, prendendosi il tempo per approfondire i temi e offrire spunti e riflessioni. Dobbiamo ricordarci che un giornale non è fatto di articoli ma di firme, con i giornalisti che devono approcciare la notizia con la loro cifra stilistica e la loro visione. In questo senso il Corriere del Ticino è un esempio virtuoso che, nella sua lunga storia, ha visto sulle proprie pagine culturali i contributi di firme storiche del calibro di Enzo Biagi, Giovanni Spadolini e Leonardo Sciascia».

Un giornalismo culturale che quindi può permettersi  ritmi più compassati nei suoi approfondimenti, sia nella sua redazione sia nella fruizione finale per i lettori: «Questa apparente lentezza non può essere però un pretesto per essere noiosi - ha ammonito Erroi -.I giovani hanno dimostrato di interessarsi alla cultura se stimolati nel modo giusto, i giornalisti hanno il dovere di trovare la chiave di lettura per intercettarli. Per farlo però servono le giuste condizioni: è indubbio che i concreti rischi di tagli alla cultura mettano in seria discussione questo lavoro».

Lavoro che ha il pieno sostegno del DECS e dei suoi investimenti. «Ci sono importanti messaggi sul tavolodella politica cantonale la quale deve fare la sua parte in un momento storico in cui è più che mai fondamentale avere i giusti strumenti culturale e un’informazione di qualità - ha ribadito Carobbio - Ne va della nostra identità ed evoluzione, sia come singoli sia come comunità».

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