Se il pallone è femmina

Rita Pavone cantava di domeniche e solitudine. Del calcio come pretesto per un possibile tradimento. Claudia Garcia invece allo stadio è di casa. Giornalista sportiva, esperta di vicende pallonare portoghesi, brasiliane e italiane, scrive per «Tuttosport» e «O Jogo», mentre in televisione appare spesso sulle reti RAI. «A giugno molto probabilmente sarò con la RSI per la Nations League» ci dice da Porto, dove ha appena assistito alla partita di Champions fra i «Dragões» e la Roma. Le chiediamo subito se il calcio è uno sport maschilista. «Sì» risponde. «D’altra parte è dominato dagli uomini, soprattutto a livello di conversazioni».
L’Italia, in particolare, sta vivendo delle settimane concitate. Il caso Wanda Nara ha prodotto storture evidenti, fra cui il terribile «Una donna che parla di tattiche mi fa rivoltare lo stomaco» pronunciato da Fulvio Collovati. «C’è da dire che non tutte le donne sono preparate sul tema» prosegue Claudia. «Ci sono quelle più che preparate, ma ce ne sono altre che si limitano al compitino o non vogliono approfondire un aspetto tecnico. Io ho un background importante. Da USA ‘94 a oggi credo di non essermi persa una partita. Ma gli uomini, ad oggi, ne sanno di più rispetto alle donne».

Come si è avvicinata al calcio?
«Grazie a mio papà, che era calciatore. Io ero un po’ il maschietto che non ha mai avuto. Guardavamo assieme un sacco di sport alla televisione. Anche il tennis con Guga Kuerten o la Formula Uno. Lui era un fan sfegatato di Senna. È grazie a mio padre se ho imparato a capire il 4-3-3 o il 4-4-2 e via discorrendo. Il giornalismo è arrivato più tardi, ma non è un caso che abbia scelto quello sportivo».
Di una donna, in televisione, spesso si guarda innanzitutto l’aspetto estetico. È limitante?
«È vero, gli uomini possono essere belli o brutti ma trovare comunque spazio in televisione. Al contrario, se una donna non rispecchia i canoni standard della bellezza difficilmente va in onda. Se la mettiamo così, certo che è limitante. Io non disdegno il lato estetico, mentirei se dicessi il contrario. Mi piace mostrare la mia eleganza e la mia sensualità quando sono in televisione. Mi piace, diciamo, essere donna. Ma a contare sono le mie idee, la mia passione, il lavoro».
Quanti commenti sessisti ha ricevuto in carriera?
«È capitato. Ma non ho mai dato troppo peso a queste cose, anche perché con il tempo i maschi hanno capito chi sono e come mi muovo nel calcio. Mi piace il confronto con i colleghi, imparo tanto. Ad esempio sugli arbitri, argomento che mastico poco. Io sono più per il mercato, i trasferimenti e le politiche calcistiche. I preconcetti degli uomini, in fin dei conti, mi fanno ridere».
Con le colleghe invece come va?
«Non posso dire di avere molte amiche nel giornalismo, nel senso che le amiche del cuore sono le mie ex compagne di università. Ma ho ottimi rapporti con le donne che fanno sport. C’è da dire che in Italia il confine fra una giornalista e una showgirl è molto sottile. Io, lo ribadisco, amo sentirmi bella. Però a definirmi non è certo un vestito».
Torniamo a Wanda Nara: si sarebbe sollevato lo stesso polverone se Icardi avesse scelto un uomo quale agente e non sua moglie?
«Non credo sia stata criticata in quanto donna, ma per le ripetute dichiarazioni a mezzo stampa riguardo al rapporto fra Icardi e l’Inter. Anche in questa vicenda c’è sicuramente una componente di luoghi comuni e preconcetti, ma gli attacchi sono stati rivolti all’agente di calciatori e non alla moglie. I maxi procuratori ti concedono una, massimo due interviste all’anno. E lì magari sparano a zero su un determinato club. Ecco, non dico che lei abbia sbagliato a parlare così tanto. Ogni domenica praticamente. È una donna intelligente e dalla personalità forte. Ma proprio per questo, invece di concedermi ai microfoni al suo posto avrei cercato di rendere Icardi un marchio globale. È un giocatore troppo provinciale».
Carriera e maternità: funziona?
«Ci sono altre procuratrici donna, non solo Wanda Nara. Penso a Stephanie Figer. E ci sono tante giornaliste che sono diventate mamme. Io ho una bimba ma non per questo ho rinunciato a lavorare. Ovvio, ho messo da parte una serie di collaborazioni e viaggio meno. Cerco di crearmi un’agenda di eventi e di organizzarmi assieme a mio marito. È chiaro che non posso assentarmi troppo a lungo, sono dell’idea che una mamma debba esserci. Prima mi facevo la Champions per intero, a volte partivo la domenica e rientravo il giovedì. Ora mi concentro sull’Italia e sulle italiane in Europa».
Parliamo di calcio giocato: secondo lei la Juventus riuscirà a ribaltare il 2-0 dell’andata e ad eliminare l’Atletico? E che ne sarà di Allegri?
«In Champions può succedere di tutto, si è visto in questi giorni. Ma credo di sì, la Juventus può farcela. Ha un allenatore preparato, è una squadra abituata ad andare in fondo e penso che Cristiano farà una grande partita. Detto ciò, ho anche l’impressione che Allegri sia arrivato a fine ciclo. Reputo sia normale dopo tutti questi anni. Mi stupisco del fatto che i rapporti non si siano logorati prima».
E Icardi? Lo strappo si era creato per via del mancato rinnovo contrattuale, poi sono intervenute le dichiarazioni di Wanda Nara, il club ha tolto la fascia di capitano all’argentino e quest’ultimo non ha più giocato. Come finirà questa storia?
«Le carte cambiano ogni giorno. È un po’ una partita a scacchi fra lui e l’Inter. Io penso che Mauro, alla fine, potrebbe perfino restare. Se dovesse andare via, non partirebbe a cifre elevatissime».


In Ticino
Donne e calcio. Come vanno le cose in Ticino? Chi sono i profili top nel nostro cantone? Un nome su tutti: Simona Gennari. Ai tempi calciatrice (vinse il titolo svizzero con il Rapid Lugano), in seguito allenatrice di successo, oggi è il direttore sportivo del Raggruppamento San Bernardo, una delle realtà più apprezzate del Luganese a livello giovanile.
Dalla panchina all’arbitraggio, con Simona Ghisletta. «Anche noi abbiamo le palle» affermò una volta il fischietto ticinese in un’intervista. Arbitro FIFA, è la numero tre in Svizzera in ambito femminile. Ma ha diretto e dirige anche i maschietti: come quarto uomo è spesso sui campi della Challenge League, mentre come arbitro principale è presente in Promotion League. Restiamo nel mondo delle giacchette nere: una delle prime donne ad arbitrare partite maschili in Ticino è stata Michela Ginier. Debuttò negli anni Settanta e grazie alle sue qualità arrivò alla Seconda Lega. Quindi fu segretaria della Federazione ticinese di calcio.
Ecco, la Federazione. Da dodici anni, Rosanna Vanetta si occupa della Sezione femminile in seno alla FTC. È coadiuvata da Marco Maggi. Assieme, hanno fatto e stanno facendo tantissimo.
Infine, spazio ad una giocatrice. È di Rancate, di ruolo è portiere e veste nientepopodimeno che la maglia del Milan. Ha sposato la causa rossonera dopo la parentesi al Brescia, una delle squadre più forti del panorama italiano. Chi è? Segnatevi il suo nome: Francesca Zanzi.
In Svizzera
E in Svizzera? Iniziamo con le donne nelle stanze dei bottoni. Katharina Liebherr ai più non dirà nulla, ma nel 2010 ereditò dal padre il Southampton. Sì, il club di Premier League. Oggi la sua quota nei «Saints» è ridotta al 20%. Il restante 80 è stato ceduto nel 2017 all’uomo d’affari cinese Gao Jisheng. La cifra? Pesante: 210 milioni di sterline.
Ha venduto anche Gisela Oeri, per tutti «Gigi». È stata alla testa del Basilea dal 2006 al 2012 (la prima donna alla guida di un club professionistico). È ancora al suo posto Ruth Ospelt, la presidente del Vaduz in Challenge League. Altro giro, altra corsa: Heliane Canepa non molla mai il marito Ancillo, il patron dello Zurigo. Ufficialmente è «solo» un membro del Consiglio di amministrazione, in realtà è molto di più. Da gennaio, Tatjana Haenni è la responsabile del calcio femminile in seno all’Associazione svizzera di football (ASF). Il suo curriculum è impressionante: è stata prima calciatrice, quindi ha allenato e infine, dal 1997 al 2017, è stata responsabile del calcio femminile per la FIFA.
Spazio, pure qui, all’arbitraggio. Nicole Petignat è passata alla storia come la prima donna ad aver fischiato una partita UEFA riservata ai maschi. Alle spalle ha quasi 100 presenze nel massimo campionato elvetico e una finale di Coppa. E le giocatrici? Citiamo Lara Dickenmann, Ramona Bachmann e Ana-Maria Crnogorcevic. Una menzione la merita pure Kathrin Lehmann, che fu sia calciatrice sia hockeista.
Nel mondo
Ticino, Svizzera, mondo. Ma chi sono le donne più famose (e influenti) a livello globale? Partiamo dalla recente vincitrice del Pallone d’oro, la norvegese del Lione Ada Hegerberg. Durante la cerimonia, è stata vittima di una battuta sessista di Martin Solveig (era legata al «twerking»). Occupa un posto privilegiato la senegalese Fatma Samoura, prima donna nominata segretario generale della FIFA. Nel 2018, «Forbes» l’ha messa al primo posto fra le donne più potenti dello sport internazionale. Alla FIFA c’è anche Lydia Nsekera. Partita dalla Federazione del Burundi , è arrivata all’Esecutivo del governo mondiale del calcio.
Capitolo allenatrici: l’italiana Carolina Morace, ora tecnico del Milan femminile, fu la prima donna ad allenare una squadra professionistica maschile (la Viterbese di Luciano Gaucci). Una parabola imitata anni dopo da Corinne Diacre in Francia, con il Clermont. Sul fronte arbitrale, Bibiana Steinhaus ha abbattuto ogni barriera. È stata la prima donna a fischiare in Bundesliga, il massimo livello maschile. Fra le influenti non possiamo certo scordare Wanda Nara, moglie e agente di Mauro Icardi.
Dicevamo del Pallone d’oro, Ada Hegerberg. La miglior giocatrice di tutti i tempi è però un’altra. A detta di tutti è la brasiliana Marta. Infine, due manager. Marina Granovskaia, braccio destro di Abramovich al Chelsea, e Alona Barkat proprietaria dell’Hapoel Beer Sheva, avversario del Lugano in Europa League nel 2017.